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Accadono “Cose Nuove” in questo inizio di primavera sulle rive del Po, al Teatro Julio Cortazar di Pontelagoscuro. Il teatro apre le proprie porte a compagnie di teatro, danza, circo contemporaneo attraverso residenze creative e mette a disposizione del pubblico l’opportunità di fruire di momenti di formazione e confronto, ma soprattutto di seguire un po’ più da vicino la ricerca degli artisti attraverso la presentazione dei loro progetti, magari ancora in fase di studio, per sondare le impressioni e le opinioni degli spettatori. Caratteristica delle residenze creative di “Cose nuove” è, infatti, proprio l’invito al confronto col pubblico, chiamato a esprimersi sui lavori cui assisterà.
Dopo “Punta sicca” di Laquiete teatro, andato in scena il 26 marzo, domani tocca al circo contemporaneo del Collettivo Laden Classe, Enrico, Leonardo e Javier, tre ragazzi che si sono incontrati alla scuola di circo Flic di Torino. Al Teatro Julio Cortazar presenteranno i loro “193 problemi”.

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Da dove nasce il nome “Laden Classe”?
Laden Classe è il nome di una lavatrice. Traduzione letterale: Laden in tedesco sta per “carico”; Classe dal francese “con classe”. La lavatrice è un allegoria della mescolanza delle arti che proponiamo: giocoleria, trapezio aereo, manipolazioni di oggetti e di corpi, musica dal vivo… nel nostro lavoro tutte queste discipline si mescolano, proprio come all’interno del cestello di una lavatrice. Ci piace pensarla così!

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Tutti e tre vi siete dedicati al circo dopo percorsi differenti nel campo delle arti dello spettacolo, quando avete iniziato a interessarvi alle arti circensi e perché alla fine avete scelto il circo?
È molto difficile risponderti come gruppo, ognuno ha una storia diversa che lo ha condotto a questo linguaggio. Tutti però lo abbiamo scelto per le sue caratteristiche di adrenalina, facile comunicazione, senso di libertà legato alla vita circense. Diciamo che tutti abbiamo cominciato con spettacoli di strada e spettacoli per eventi, poi abbiamo scelto di approfondire la nostra formazioni con corsi e scuole professionali.

Come nasce il vostro Collettivo? E cosa vi porta qui a Ferrara sulle rive del Po?
Il collettivo nasce dall’incontro presso la scuola di circo Flic di Torino. Abbiamo deciso di collaborare dopo aver condiviso in parte il nostro percorso formativo e di vita, abbiamo improvvisato e giocato insieme, conosciamo i rispettivi lavori precedenti e abbiamo per così dire deciso di scommettere su un progetto di creazione comune, vista la sinergia.
Siamo qui al Teatro Cortazar, per così dire, per motivi affettivi: i ragazzi del Teatro Nucleo sono stati i primi maestri di teatro di Enrico alle scuole superiori e, nel momento in cui abbiamo cominciato a cercare spazi per la creazione dello spettacolo, gli è venuto in mente il teatro Julio Cortazar. Abbiamo chiesto e immediatamente abbiamo incontrato una grande disponibilità e accoglienza, ma soprattutto la voglia di appoggiare il nostro percorso. Abbiamo infatti in progetto di tornare in autunno per un altro periodo di residenza creativa e speriamo di avere occasione di presentare al Cortazar lo spettacolo completo nel 2017.

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Perché avete deciso di chiamare questo vostro progetto d’esordio “193 problemi”? E’ un titolo scaramantico? Sperate di non averne più in futuro? Intendo di problemi…
In parte hai indovinato. Il titolo “193 problemi” é un titolo ‘constatativo’: abbiamo pensato di ispirarci al fatto che proprio durante il progetto abbiamo avuto e stiamo avendo mille difficoltà. E 193 non è un numero casuale: è uscito in una mattina problematica durante la quale, accendendo uno dei nostri pc, venivano rilevati 193 problemi. Furti nei camper, problemi tecnici, problemi quotidiani… tutto fa brodo. Riferirsi a una lista di problemi è un gioco per prendere con ironia le difficoltà che un collettivo giovane come il nostro ha nella vita di ogni giorno, per poter sopravvivere sorridendo nella carenza di risorse che c’è, soprattutto nella realtà italiana. Speriamo davvero che si fermino solo a 193!

Avete voglia di spiegarmi come si è svolto e si sta svolgendo il vostro lavoro?
Il lavoro è un progetto biennale. Per la creazione dello spettacolo ci siamo dati come termine il mese di giugno 2017. Il progetto è partito a ottobre con tre residenze artistiche in Spagna a La Central del Circ di Barcellona e presso lo spazio di circo Cronopis di Matarò, che ci hanno impegnati fino a dicembre, quando abbiamo presentato un estratto del lavoro proprio a Barcellona. Ripartiamo ora dal Cortazar con due settimane di creazione e continueremo fino alla metà di maggio, spostandoci al Teatro Palafolli di Ascoli Piceno e successivamente a Torino presso la Scuola di circo Flic dove presenteremo il prossimo stadio il 12 di maggio.
Il lavoro è un lavoro sperimentale che parte da una ricerca fisica e dalle abilità dei singoli componenti. L’idea è di prendersi questa prima fase per un lavoro di ricerca e poi coinvolgere occhi esterni e registi per poter lavorare il materiale. Stiamo dunque lavorando con le rispettive discipline per creare un linguaggio comune (roue cyr, trapezio, portes acrobatico, musica, giocoleria e danza). Crediamo anche moltissimo nell’importanza delle presentazioni del work in progress per ricevere feedback sia dagli esperti del settore sia dal pubblico: è un aiuto preziosissimo.

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Il risultato finale che vi prefiggete è un unicum: non una sequenza di numeri, ma una creazione omogenea, un elaborato con una propria continuità…
Ci si augura di allontanarsi dalla formula cabaret: è uno degli obiettivi diciamo di tutti gli spettacoli di circo contemporaneo.

E poi c’è anche la fusione di diversi linguaggi e discipline: circo, danza, musica e persino arti marziali…
Stiamo cercando di inserire nella creazione le nostre abilità extracircensi per poter sfruttare al meglio quello che sappiamo fare e cercare di aumentare le possibilità comunicative di quello che facciamo… divertendoci!

Che differenza c’è fra le vostre esibizioni, quelle del circo contemporaneo e del nouveau cirque, e quelle degli artisti di strada che si esibiscono durante un Festival, come per esempio i Buskers?
Il circo contemporaneo non per forza si allontana dalla strada, semplicemente si stacca dal circo tradizionale degli animali e delle paillettes, per cercare un linguaggio nuovo che si avvicini ad altri, senza limitarsi all’aspetto performante del circo vecchio stile. Il nostro concetto di circo si allontana anche dalle maxiproduzioni, come per esempio il Cirque du soleil, cercando di ragionare sulla semplicità, sull’espressività dei corpi e delle personalità di ciascuno di noi, vorremmo che il pubblico vedesse quello che siamo senza maxistrutture e fronzoli vari. Se vuoi, un circo se vuoi più crudo e più diretto, o almeno ci auguriamo che lo sia.

Nell’immaginario comune il circense è un girovago dalla vita romantica e avventurosa. È mai stato così? È ancora così?
Naturalmente non esiste un unico tipo di circense, non tutti hanno lo stesso stile. Noi viviamo in camper e ci portiamo la nostra casa appresso. Questo ci permette di conoscere varie realtà sul territorio europeo e italiano abbastanza agevolmente e di lavorare dove il lavoro ci porta. Cerchiamo sempre di imparare e di prendere quello che i vari luoghi possono offrirci. Chiaro che ci si deve adattare e non sempre è facile: potrebbe arrivarti di colpo uno di quei famigerati 193 problemi, come per esempio finire l’acqua in un posto dove non ci sono fontane o la bombola del gas il sabato notte o ancora dover ospitare qualcuno in uno spazio ristrettissimo. Tutte cose che si superano con la voglia e la determinazione di chi fa un lavoro e una vita che ha scelto di fare con entusiasmo.

Dopo Ferrara ci sono in cantiere nuove tappe geografiche e creative vero?
Sì, come ti ho anticipato saremo ad Ascoli dall’11 al 29 aprile e a Torino dal 1 al 12 maggio. Poi la creazione riprenderà a settembre. In giugno 2017 saremo al Totem Festival qui a Pontelagoscuro e l’autunno dell’anno prossimo torneremo a Barcellona e poi di nuovo qui a Ferrara al Cortazar in ottobre o novembre. Inoltre abbiamo altre residenze in via di definizione in Francia, Spagna e Italia.

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Federica Pezzoli


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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