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da: organizzatori

Il 27 e 28 maggio a Porotto e Tresigallo le fasi eliminatorie

Tutto è pronto. La seconda edizione di “Fest – Festival delle Scuole di Teatro” è ai blocchi di partenza. Mercoledì 27 al teatro “Verdi” di Porotto si apriranno le danze o meglio, il sipario, sul concorso teatrale itinerante ideato da Massimo Malucelli.
Sul palco le scuole partecipanti si alterneranno proponendo un estratto di massimo venti minuti di ciascuno spettacolo: “La fiera dei sogni (e dei sognatori)”, “La dodicesima notte” e “Il provino”, sono le opere che andranno in scena mercoledì.
“Tra un’esibizione e l’altra – spiega Malucelli – proporrò al pubblico in sala qualche piccolo gioco teatrale, per coinvolgerlo e renderlo partecipe a tutti gli effetti”. La sera successiva, giovedì 28, l’appuntamento sarà nel cortile della Casa della Cultura di Tresigallo. La seconda tranche di Fest si svolgerà nella Città del Novecento. Protagonisti della serata saranno gli spettacoli: “Pinocchio, frammenti dall’infanzia”, “Sarto per signora” e “Mefisto, i dannati dell’improvvisazione”.
Anche gli spettatori accorsi alla Casa della Cultura verranno coinvolti, tra un estratto e l’altro, in giochi teatrali. Massimo Malucelli, oltre ad aver organizzato questa “carovana” che proseguirà a Comacchio (2 giugno) e terminerà al Teatro Comunale Abbado di Ferrara (10 giugno), ha scritto e diretto due spettacoli degli spettacoli in gara. Uno con gli allievi di Cpa (Centro preformazione attoriale) e uno con FonèScuoladiTeatro.
La giuria sarà popolare, ovvero, composta dal pubblico. Saranno gli spettatori stessi a decretare i vincitori di questa seconda edizione di “Fest – Festival delle Scuole di Teatro”. Mercoledì 27 e giovedì 28 gli spettacoli cominceranno alle 21 e saranno ad ingresso libero.
“Ci aspettano serate magiche, divertenti e suggestive allo stesso tempo – ha dichiarato l’ideatore – Sono sicuro che sarà un’ottima occasione per riportare la gente nei teatri, nelle piazze, a contatto con la commedia e con la comicità perché, diciamocelo, tutti abbiamo bisogno di ridere un po’ di più”.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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