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“Non voglio vivere in un Paese che non soccorre le persone in mare!” Sono queste le parole quasi in chiusura di conferenza stampa pronunciate ieri negli spazi di Factory Grisù da Annalisa Vandelli, reporter freelance, che ha dato inizio, con la sua esposizione di gigantografie e il suo spettacolo, alla diciassettesima edizione del Festival dei Diritti di Ferrara. Tra le foto esposte nella sala macchine del Consorzio, Annalisa si è chiesta “cosa urge per noi che raccontiamo?” La domanda, rivolta soprattutto ai colleghi reporter, fa un chiaro riferimento ai tanti cambiamenti in atto nel mondo in questo momento. “Stiamo vivendo un periodo storico straordinario e terribile allo stesso tempo. Spero che queste foto facciano ragionare” e rivolta sempre ai colleghi: “Dobbiamo riappropriarci delle nostre parole e dei contenuti. Noi possiamo fare differenza culturale”. Tocca, nel corso del suo dialogo, anche la difficile questione del lavoro del reporter in Italia e del ruolo delle Ong affermando che “queste foto sono state realizzate grazie ad una organizzazione non governativa. Questa parola, Ong, è tanto offesa oggi, ma grazie a lei ho potuto raccontare, e raccontare è fondamentale. È la nostra identità. Raccontare è conoscersi. Una Ong, non un giornale, mi ha permesso di fare questo.”

L’uso dell’immagine, quindi, come una lunga storia da immagazzinare in sé stessi e interpretare attraverso il proprio sguardo critico. Ma non solo perché “attraverso le foto” – ha aggiunto – “facciamo un atto politico, ma non partitico”.
Un lungo viaggio il suo tra la “miseria ma non la miserabilità”, tra la “libertà vera” data dalla lettura mentre tutto intorno il mondo va a rotoli, un viaggio che ci dice che “non siamo uguali ma simili e bisogna tornare a guardarsi tra simili”.

Lo spettacolo dal titolo “E se quel guerriero avesse le vostre corde?”, ha visto in scena Annalisa insieme al LiberTrio, in quello che è un continuum spazio-temporale tra la scena e il suo libro “Per puro splendore” dal quale sono state tratte le gigantografie esposte negli spazi dell’ex caserma dei Vigili del Fuoco. Messo in scena ieri nel giardino di Grisù, è stato descritto da lei stessa come un “tentativo di viaggio e ragionamento insieme al pubblico, passando in rassegna diversi paesi e diversi temi. È un cambio di sguardo attraverso il mondo della foto e della musica. Viaggio tra autori classici e luoghi di migrazione”.

Il Festival dei Diritti continuerà fino a dicembre ed avrà tre grandi temi, come affermato da Francesca Battista (Cgil) che saranno la discriminazione, la diversità e l’immigrazione, con varie manifestazioni che toccheranno più punti della città, nell’ottica della “continuità e discussione” – come da lei stesso affermato – “su un diverso modello di sviluppo, con un pensare globale ma un agire locale”.

Il Festival ha avuto il patrocinio del Comune di Ferrara ed un contributo della Regione Emilia Romagna ed ad oggi il suo comitato promotore è composto da Nexus Emilia Romagna, Arci Ferrara, Arci Emilia Romagna, Camera del Lavoro Territoriale – Cgil Ferrara, Associazione Cittadini del Mondo, Cooperativa Teatro Nucleo, IBO Italia e UDI Ferrara.

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Jonatas Di Sabato

Giornalista, Anarchico, Essere Umano

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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