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Da: Camera di commercio Ferrara

Govoni: “Vogliamo progetti e nuove idee per l’economia e l’impresa giovanile, utilizzando la piattaforma permanente – fisica e virtuale – di visibilità, informazione e networking per intercettare e promuovere modelli imprenditoriali promettenti”
Camera di commercio e associazioni di categoria: al via il “tavolo giovani”
Gli under 35 ferraresi, nei primi sei mesi del 2019, hanno dato vita a 149 nuove imprese, circa il 31% del totale delle nuove iscritte, mentre 45, nello stesso periodo, hanno cessato l’attività, con un saldo pari a 104 unità.

Formazione e stimolo alla cultura d’impresa, alternanza scuola-lavoro, scambi internazionali tra giovani imprese, possibilità di partecipare alla formulazione dei bandi della Camera di commercio. Sono tra le priorità evidenziate dal presidente dell’Ente di Largo Castello, Paolo Govoni, che ha annunciato, per il prossimo mese di settembre, il via presso la stessa Camera di commercio del “Tavolo Giovani”, la piattaforma permanente – fisica e virtuale – di visibilità, informazione e networking per intercettare e promuovere, in stretta collaborazione con le associazioni di categoria, giovani idee imprenditoriali promettenti.
“Vogliamo progetti e nuove idee per l’economia e l’impresa giovanile”. Così Govoni, che ha aggiunto: “Per innestare un vero volano di crescita imprenditoriale occorre una rivoluzione culturale, da nord a sud: piuttosto che cercare un lavoro, le nuove generazioni devono entrare nella prospettiva di crearsi un lavoro. Se ormai più di 6mila l’anno abbandonano la nostra provincia è perché non vedono un futuro. La mobilità nello studio, nella ricerca, nel lavoro è utile, ma quando l’andar via è determinato da una costrizione, e quando il rientro è reso problematico, allora si registra un danno molto pesante cui è necessario porre rimedio. Dobbiamo creare dei ponti affinché le nostre imprese, l’Università, i centri di ricerca possano comunque avvalersi dei giovani che vanno a formarsi o a lavorare altrove, facendo leva sulle loro capacità.”
Allo studio della Giunta camerale, inoltre, una serie di misure per valorizzare i giovani talenti italiani residenti all’estero che decidano di costituire un’impresa nella nostra provincia. Attività di affiancamento ed incentivi, dunque, per riconnettere i “cervelli” dispersi ai quattro angoli del pianeta con il tessuto sociale e produttivo provinciale, per riportare a Ferrara la forza lavoro più globale e qualificata, ma anche per invertire la rotta registrata dall’AIRE (l’Anagrafe Italiani residenti all’estero della Farnesina), che, nel solo 2018, ha certificato più del 70% di emigrati italiani in più rispetto al passato. Un percorso a tappe quello pensato dalla Camera di commercio che, con la collaborazione delle associazioni di categoria, realizzerà seminari di orientamento per facilitare il mettersi in proprio e corsi di formazione per la definizione di un progetto imprenditoriale sostenibile.
“Vogliamo favorire – ha concluso il presidente della Camera di commercio – il rientro dei giovani talenti che abbiano maturato esperienze internazionali e che intendano fare impresa nella nostra provincia perché siamo convinti che ciò possa incidere positivamente sul dinamismo dell’economia locale e creare nuova occupazione. Sul tema della generazione di imprese giovani, infatti, crediamo si possa costruire un ‘progetto territorio’, che coinvolga più attori: naturalmente le associazioni di categoria, ma anche le istituzioni, l’Università e il sistema bancario”.
Meritocrazia, stipendi migliori, meno tasse e meno burocrazia: questa è la ricetta che convincerebbe i giovani ferraresi intervistati dalla Camera di commercio a non lasciare l’Italia. Ma il desiderio di un lavoro stabile non è in cima alla lista dei motivi di fuga dove svettano, invece, la meritocrazia (quasi l’81%) e la possibilità di fare bene il proprio lavoro (poco meno del 70%). Gli stipendi più alti, a sorpresa, sono solo al terzo posto (60%).

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CAMERA DI COMMERCIO


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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