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“Oggi, sei anni fa, la terra tremava di nuovo. Con una forza spaventosa sorprendendo chi dopo il terremoto del 20 maggio si era già rimesso all lavoro e portando distruzione e morte. Il 29 maggio del 2012 è una data che non potremo mai dimenticare, un giorno che ha cambiato le vite di tante famiglie, una ferita ancora aperta nella memoria. Eppure nemmeno davanti a quella nuova scossa gli emiliani si sono fermati. Ancora una volta, si sono rimboccati le maniche, guardando avanti. Se i nostri Comuni, anche quelli più duramente colpiti sono riusciti almeno in parte a ripartire, è grazie alla forza e alla tenacia dei cittadini e alla costanza degli amministratori e dei tecnici che hanno fatto il massimo per dare risposte concrete. Molto ancora resta da fare, i tempi lungi e la burocrazia opprimente mettono in difficoltà privati e imprese. E tanta responsabilità è della Regione Emilia Romagna che avrebbe dovuto garantire modi e tempi diversi per la ripresa”.
Alan Fabbri, capogruppo Lega Nord in Regione, ricorda così l’anniversario del terremoto del 29 maggio 2012.
“Come ogni anno durante l’anniversario del sisma la Regione, ancora una volta senza ammettere le proprie colpe, snocciola numeri che non riflettono la situazione reale. E’ ancora presto, infatti per parlare di una vera ripresa del territorio e nonostante siano trascorsi sei anni i veri risultati sono ancora lontani. Troppe le famiglie e aziende sono ancora alle prese con i sistemi Mude e Sfinge che, per garantire tempi accettabili richiederebbero più personale addetto. Troppo lunghi ancora i tempi dell’avanzamento lavori che non permettono a chi ricostruisce di procedere, troppo pesanti le difficoltà delle realtà agricole che faticano a ripartire e si trovano, dopo anni, ancora vittime di logiche assurde e di ordinanze contraddittorie”, spiega il capogruppo.
E riguardo i dati forniti dall’ente regionale Fabbri aggiunge: “Per quanto riguarda le abitazioni private la regione canta vittoria, sbandierando alte percentuali di contributi liquidati, omettendo di specificare che le domande ancora aperte e i cantieri che ancora devono prendere il via riguardano proprio i casi più gravi cioè la ricostruzione pesante (classificata E) e questo non può considerarsi un successo”. Mentre per le aziende “gli stessi numeri forniti dalla Regione parlano di liquidazioni dei contributi che arrivano con grave ritardo e che mettono in difficoltà chi vuole ripartire”.

Ufficio Stampa Lega Nord Emilia Romagna

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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