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Da: Università di Ferrara

Giovedì 20 ottobre, ore 21, al Centro Teatro Universitario (via Savonarola, 19) diretto da Daniele Seragnoli, andrà in scena lo spettacolo ‘Rumore di acque’ di Marco Martinelli, con Alessandro Renda (Teatro delle Albe di Ravenna). Secondo evento della rassegna ‘Uno sguardo al cielo’.

Da un’idea di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, e con il patrocinio di Amnesty International, nasce ‘Rumore di acque’, uno spettacolo di forte impatto per aprire gli occhi e riflettere su un dramma ormai ventennale: quello dei disperati del mare, i gommoni, gli scafisti, i naufragi, le migliaia di morti. Una realtà tristemente e talmente quotidiana da passare quasi come ‘abituale’, così come i discorsi sulla ‘politica dei respingimenti’.

La forza attorica di Alessandro Renda dà voce alla figura del Generale che con la durezza del rigore e dell’ordine accoglie le migliaia di spiriti dispersi in mare, per conto di un crudele Ministero dell’Inferno.

‘Quel generale monologante – scrive Martinelli nelle sue note di regia – è in realtà un ‘medium’, è attraversato da un popolo di voci e di volti che lo assediano, il popolo degli annegati, quello che neanche la sua indole burocratica riesce a ridurre a mera statistica. Sono gli scomparsi che si rendono presenti attraverso di lui: lui malgrado. Il generale è solo sulla sua isola sperduta nel Mediterraneo, ma è attorniato dai morti che non lo lasciano in pace, che lo tormentano, che gridano per essere ‘ricordati’ non solo come numeri’.

‘Il primo racconto di traversata che ho ascoltato a Mazara, nell’autunno del 2008 – leggiamo ancora nelle note di regia – fu quello di una minuta, coraggiosa donna tunisina: timida, col suo italiano spezzettato tra i denti, faceva fatica ad alzare gli occhi. Cambiai il suo nome in Jasmine, trasfigurando la sua storia e mantenendone gli aspetti essenziali. E’ l’unica storia, tra quelle evocate dal Generale, che riguarda non un annegato o uno scomparso, ma una vita che si salva. Si salva davvero? Nelle grinfie del vecchio italiano che, dice lui, ‘è sempre piaciuto’? Alla fine quando le chiesi se l’avrebbe rifatto quel viaggio, mi rispose decisa di no. Che se ne sarebbe rimasta a Tunisi’.

‘Che cos’è la cultura, che cos’è il teatro, da Sofocle a Brecht, se non un cerchio ideale in cui l’umanità riflette sulla violenza e sulle contraddizioni drammatiche che la lacerano? Questo a mio avviso significa prendere sul serio le parole ‘cultura’ e ‘teatro’, affrontando i nodi ‘capitali’ della propria epoca. E tra questi la tragedia dei migranti e dei profughi: in relazione a questi ‘sacrifici umani’, a questa ecatombe senza fine, cosa può fare il nostro Vecchio Continente? L’Europa è davanti a una sfida che mette in gioco la sua stessa esistenza: deve dimostrare di essere all’altezza di questo momento storico, decisivo al fine di delineare la propria identità: un’Europa delle merci e dei burocrati, un’Europa impaurita in balia dei populismi arroganti, o un’Europa dei valori veri e della solidarietà come fondamento indispensabile di civiltà?’

Ingresso gratuito fino a esaurimento dei posti disponibili, con prenotazione obbligatoria tramite invio di una mail a conversazionilutto@unife.it o telefonando al numero 349/3593164.

Il successivo programma della rassegna ‘Uno sguardo al cielo’:

03.11.2016 – ‘Uomo invisibile’ di e con Paolo Musìo

17.11.2016 – ‘Ta-pum’ concerto musicale di Paola Sabbatani

24.11.2016 – ‘Appunti Antigone’, regia di Michalis Traitsis, con gli allievi del Centro Teatro Universitario di Ferrara

Inizio ore 21 per tutti gli spettacoli

Il progetto ‘Uno sguardo al cielo’, diretto dalla Prof.ssa Paola Bastianoni, è realizzato in collaborazione fra Università di Ferrara, Master ‘Tutela, diritti e protezione dei minori’, Comune di Ferrara, Onoranze funebri AMSEF e Pazzi Onoranze funebri.

La rassegna teatrale è realizzata in collaborazione con Daniele Seragnoli, direttore del Centro Teatro Universitario, e con Michalis Traitsis di Balamòs Teatro.

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UNIVERSITA’ DI FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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