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Algoritmo: è quella formula matematica che magicamente somma e intercetta quello che clicchi e ne ricava i tuoi gusti, i tuoi legami di amicizia, i luoghi che possono interessarti e le cose che potresti desiderare di avere. È a questo che si pensa quando ci si riferisce agli ‘algoritmi’, calcoli numerici che si materializzano in pagine, immagini e post di un social network, di un sito internet o anche di un profilo di posta elettronica. Tu metti il pollice del ‘MiPiace’ in giro per il web, leggi un articolo, cerchi un’informazione su un motore di ricerca, mandi un messaggio e – come per incanto – ti ritrovi sullo schermo il banner di un prodotto, la promozione di un viaggio, il suggerimento di una persona che potresti conoscere.

Andrea Amaducci per Algorithmic – Ferrara aprile-maggio 2017

In matematica l’algoritmo è definito un “procedimento di calcolo esplicito e descrivibile con un numero finito di regole che conduce al risultato dopo un numero finito di operazioni, cioè di applicazioni delle regole”. E questa è la logica dei famosi algoritmi a cui pensiamo nelle mani e nei cervelloni di Google o Facebook. Apri il pc o lo smartphone, navighi su e giù per la rete e i calcolatori informatici arrivano alla conclusione che pensi questo e desideri quello; poi cercano di mettere in connessione i tuoi desideri con le possibilità (di acquisto, di relazione, di comunicazione).

All’artista Andrea Amaducci l’idea dell’algoritmo è piaciuta così tanto – o forse così poco – da volerla prendere e ribaltare, tirarla via dai display elettronici e metterla dentro a un luogo reale, con persone in carne e ossa e oggetti, suoni, colori da combinare. Così nasce ‘Algorithmic, la mostra in corso alla Porta degli Angeli (o Casa del boia, via Rampari di Belfiore 1, sulle mura di Ferrara) dove rimarrà per due mesi a cura del performer e street artist che si caratterizza con la presenza del personaggio stilizzato di un alieno su muri e murales, ma anche su tele e cartoni. Qui, nella torretta posta al varco della cinta muraria di Ferrara, Andrea insieme con Maria Ziosi, compagna di vita e di programmazione artistica, allestiscono una mostra che, giustamente, preferiscono definire un progetto espositivo-performativo-d’installazione. Perché non è una semplice esposizione di opere, ma mescola quadri, musica, incontri, conversazioni.

Orlando Ricciardi, Flavia Franceschini, Lucio Scardino, Marcello Darbo alla Porta degli Angeli

Adesso, per esempio, l’algoritmo si è materializzato coinvolgendo dentro al fortilizio tramutato in atelier di Amaducci anche il critico d’arte Lucio Scardino,che sua volta mette in mostra la sua ricerca su uno dei santi più rappresentati dagli artisti di tutti i tempi. Alle pareti la carrellata di Sebastiano inedito, interpretato da artisti diversi. Ecco allora Amaducci che con il suo segno da writer rappresenta il santo accanto a un vigile di cui è in effetti il patrono. Poi c’è il fotografo Giacomo Brini che dà volto e corpo al leggendario martire immortalando se stesso senza veli davanti all’obiettivo in una cornice di frecce. Il pittore Marcello Darbo ne fa una sequenza pittorica di perfetta anatomia michelangiolesca del busto maschile nudo ed esposto all’umana sofferenza; Laura Govoni si immagina una catasta di assi che sembrano estratte dalle panchine di altre sue opere; Claudio Monnini [foto in basso] ritrae dal vivo le fattezze adolescenti del figlio in posa vibrante. Arrivato a Ferrara dall’Argentina, il fotografo Alejandro Ventura [foto in basso] immagina il santo prima del martirio, petto ancora integro e, a fare da modello del suo scatto fotografico, convoca Amaducci stesso non sapendo – assicura – che si trattasse dell’ideatore di tutta l’iniziativa.  Di stampo caravaggesco il ritratto fotografico di Graziano Villani [foto in basso] con un ragazzo down nei panni del santo folgorato e – secondo Scardino – simbolo di un martirio provocato dalle frecce di molteplici pregiudizi. A fare da collante alla collettiva e da copertina al catalogo c’è il disegno di Claudio Gualandi [foto in basso], come sempre piacevolissimo, ironico e magistrale nel mettere insieme tutti i quadri della mostra su un’unica tela con spazzole e piumini di solerti omini delle pulizie che vanno a oscurare le parti intime maschili e a sottolineare l’eco scandalistica e benpensante che questa rappresentazione suscita. E intanto sulla cima del baluardo ciascuno guarda, assorbe, confronta mentre la città corre sul percorso delle mura, l’erba è brucata dalle pecore e Amaducci architetta prossime combinazioni e incontri.

Locandina della mostra “Algorithmic”
Claudio Monnini col figlio Antonello-San Sebastiano (foto Giorgia Mazzotti)
Alejandro Ventura con la sua opera-manifesto (foto Giorgia Mazzotti)
“San Sebastiano” di Graziano Villani
“Sebastiano in Salinguerra” di Claudio Gualandi – particolare

‘Sebastiano Inedito’ a cura di Lucio Scardino con opere di Andrea Amaducci, Gianni Bellini, Carlo Bertocci, Giacomo Brini, Daniele Cestari, Marcello Darbo, Alfredo Filippini, Luca Ghetti, Laura Govoni, Claudio Gualandi Claudio Monnini, Pietro Moretti, Duilio Nalin, Matteo Nannini, Impero Nigiani, Paolo Orsatti, Massimo Pierangeli, Alejandro Ventura, Graziano Villani, Luca Zarattini. Visitabile come parte di ‘Algorithmic’ a Porta degli Angeli, via Rampari di Belfiore 1, Ferrara fino a lunedì 17 aprile 2017, ore 16-20.

‘Algorithmic’ proseguirà con mostre, performance e conversazioni a cura di Andrea Amaducci a Porta degli Angeli – nella galleria Gate|Porta sostenuta dall’associazione culturale Evart che ha in concessione lo spazio dal Comune di Ferrara – in via Rampari di Belfiore 1, Ferrara, fino a mercoledì 31 maggio 2017 ore 16-20 (e oltre in caso di eventi e concerti).

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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