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Da: Ufficio Stampa Unife

 

Corsi di dottorato dalla forte internazionalizzazione, capaci di attrarre finanziamenti e che rendono soddisfatto chi ha conseguito il titolo.

Sono alcuni dei punti di forza dei Dottorati di ricerca Unife, che emergono dal Quinto Report sul Profilo e sulla Condizione occupazionale realizzato da AlmaLaurea su questi corsi.

Internazionalizzazione ed efficacia del percorso

Tra le/gli intervistate/i (97 dottorate/i di ricerca di Unife nel 2019), il 24% (ben uno su 4) ha ottenuto un titolo congiunto o un titolo doppio/multiplo (joint degree o double/multiple degree), rispetto all’8,5% della media nazionale.

La qualità dei corsi di dottorato Unife si riconosce anche dalla capacità di attrarre talenti della ricerca anche da altri Atenei: infatti solo il 40,6% dei dottori di ricerca di Unife ha conseguito la laurea Ferrara, contro il 59,5% della media nazionale, segno che i dottorati Unife sono scelti per la loro qualità e selezionano i candidati migliori. Anche dall’estero: i dottori di ricerca con cittadinanza estera sono il 22,7% (14,5% il dato nazionale).

Più elevata del dato nazionale anche la percentuale dei dottori di ricerca che ha svolto un periodo di studio/ricerca all’estero, il 64,6% contro il 53,4% e per il 33,9% di questi la durata dell’esperienza ha superato i 6 mesi. La soddisfazione complessiva per l’esperienza all’estero è pari, in media, a 8,3 su una scala 1-10.

Tra i dottori di ricerca l’83,3% dichiara di aver partecipato, abitualmente per almeno un anno, ad attività formative strutturate all’interno del proprio corso di dottorato, contro l’81,1% della media italiana.

La fruizione di finanziamenti per la frequenza del dottorato ha riguardato l’86,5% dei dottori di ricerca di Unife rispetto all’83,4% nazionale.

Tra i dati significativi anche il coinvolgimento dei dottori in gruppi di ricerca, 80,2% rispetto al 72,4% italiano e la percentuale di chi ha realizzato almeno una pubblicazione, l’87,5% contro l’82,7% e, tra questi l’89,3% l’ha realizzata in inglese.

La maggior parte di chi ha svolto il dottorato a Unife, lo “sognava” già dalla laurea: lo dichiara il 79,2% dei dottori di ricerca, rispetto al 76,8% nazionale. Tra le motivazioni risulta importante anche il miglioramento della propria formazione culturale e scientifica e delle prospettive lavorative e la possibilità di svolgimento di attività di ricerca in ambito accademico.

Si iscriverebbero nuovamente allo stesso corso di dottorato nello stesso Ateneo il 59,4% dei dottori di ricercaL’acquisizione di nuove competenze e abilità specifiche ha ottenuto in media un punteggio di 7,8 su 10; l’approfondimento di contenuti teorici 7,6 e la padronanza di tecniche di ricerca 7,6.

L’età media al conseguimento del titolo è di 32 anni contro i 32,5 della media italiana.

La condizione occupazionale dei dottori di ricerca

I dati relativi alla condizione occupazionale di chi ha conseguito il dottorato a Unife sono in linea con la media nazionale.

I dati, che analizzano le performance di 116 dottori di ricerca nel 2018, sono leggermente superiori alla media per quanto riguarda il tasso di occupazione pari all’89,6% contro all’89% nazionale. Il tasso di disoccupazione è pari al 5,5%, 5,7% il dato italiano.

Più elevata della media anche la retribuzione mensile netta dei dottori di ricerca, in media pari a 1.775 euro contro i 1.703 a livello nazionale.

L’86,2% degli occupati svolge una professione intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione: in particolare, il 35,4% è un ricercatore o tecnico laureato nell’università (37,8% il dato nazionale) mentre il 50,8% svolge un’altra professione intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione.

Il 59,4% ha dichiarato di svolgere attività di ricerca in una giornata lavorativa tipo in misura elevata, rispetto al 55,8% nazionale.

Il 68,4% ritiene che il titolo di dottore di ricerca sia molto efficace o efficace per il lavoro svolto (67% il dato italiano) e il 65,6% degli occupati dichiara di utilizzare in misura elevata le competenze acquisite durante il percorso di studio.

Dove vanno a lavorare? Il 46,4% dei dottori di ricerca è occupato nel settore privato rispetto al 41,1% nazionale, e l’industria accoglie il 17,4% degli occupati contro l’11,3% della media italiana.

I49,3% è occupato nel settore pubblico (56,1% a livello nazionale). Il settore dei servizi assorbe l’82,6% dei dottori di ricerca.

“Sono molto soddisfatto dei risultati emersi dal Report di Almalaurea – afferma il Prof. Massimo Coltorti, Direttore dello IUSS, Istituto Universitario di Studi Superiori – Questi dati rappresentano la sempre maggiore attenzione dell’Ateneo verso i corsi di dottorato, confermata quest’anno anche dall’attivazione del corso di “Terapie avanzate e farmacologia sperimentale“, dopo che lo scorso anno era stato attivato il corso di ‘Sostenibilità ambientale e benessere’”.

“Per l’anno accademico 2020/2021 abbiamo un aumento di candidate/i di circa il 38% (819 per 13 corsi con sede amministrativa a Unife, su 15 totali), una percentuale davvero significativa in considerazione della situazione attuale dovuta al Covid-19. – prosegue il Professore – Ci aspettavamo infatti una minore mobilità, ovvero un minore interesse da parte di studentesse e studenti sia italiani che stranieri verso il dottorato, cosa che invece non si è verificata e che conferma il livello di attrattività e qualità dei nostri corsi. Questo anche grazie al continuo impegno profuso dai Coordinatori e dal personale dell’Ufficio IUSS, sempre disponibile a risolvere ogni difficoltà che si presenti alle nostre dottorande e ai nostri dottorandi”.

“Formula vincente dello IUSS – conclude Coltorti – è coniugare scienza e accoglienza, organizzando ogni anno una variegata attività multidisciplinare che comprende progettazione europea, salvaguardia della proprietà intellettuale, corsi di informatica, di comunicazione verbale e non verbale, ecc.. Vogliamo preparare le nostre studentesse e i nostri studenti non solo per il percorso accademico, ma anche per il più ampio mondo lavorativo, affinchè quest’ultimo scopra il potenziale di innovazione e di crescita rappresentato dai nostri dottorandi che, al di là delle singole specificità scientifiche, sviluppano capacità di sintesi e di problem solving indispensabili per una innovazione e un avanzamento tecnologico del sistema Italia. Questo coniugato anche con una forte spinta all’internazionalizzazione come testimoniato sia dall’alto numero di studenti stranieri iscritti ai nostri corsi (22,7% contro il 14,5% della media nazionale), che dai periodi di studi svolti all’estero dai nostri dottorandi (64,6% contro il 53,45% della media nazionale) concretamente agevolati da appositi bandi di mobilità che ogni anno IUSS fornisce ai propri studenti”.

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UNIVERSITA’ DI FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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