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Mi trovo d’accordo con chi richiama l’attenzione sulla necessità, da parte del centro-destra ferrarese, di stringere il cerchio intorno ai nomi, o meglio, al nome su cui puntare per la corsa a sindaco.
Un aspetto, come sappiamo, essenziale perché è vero che una coalizione a base larga è indispensabile per vincere, ma lo è anche lo spessore di colui che dovrà trovare la sintesi del programma di rilancio della città, guidando una squadra di persone professionalmente preparate.
Lo dicevo in tempi non sospetti – quando Forza Italia primeggiava all’interno del centro destra – non ho problemi a dirlo ora: trovo giusto sia la Lega a fare i primi nomi dei soggetti papabili, al più tardi ai primi di settembre, purché rispecchino i criteri generali menzionati, indicando cioè profili interni, ma anche e ancor meglio figure estranee alla politica, con curriculum all’altezza.
Secondo, non si faccia l’errore di dare per scontato il risultato finale e, di conseguenza, di pensare di avere la vittoria in tasca, come pare percepirsi negli ultimi tempi. La sinistra ha sempre vinto a Ferrara, ed è radicata in modo fortissimo nel tessuto sociale, malgrado la crisi di consensi degli ultimi anni, grazie anche a pseudo-normali logiche clientelari. Aggiungiamoci che il periodo della “luna di miele del Governo” dura mediamente tre o quattro mesi, dopo (venuti meno gli argomenti caldi di sicurezza e immigrazione) è inevitabile un calo di conensi, con ovvie ripercussioni a livello locale, quando si arriverà a temi cruciali come la legge di stabilità, i redditi di cittadinanza o i numeri legati alla riscrittura della Legge Fornero. A quel punto si valuterà anche il duplice scenario dell’alleanza nazionale Lega-5 Stelle e quella amministrativa Lega-Centro-destra.
A proposito di Movimento 5 Stelle alleato a livello locale: chi parla di progetto pilota credo abbia fatto i conti senza l’oste, nel senso che non è dato sapere come possa essere valutata la cosa nelle stanze dei bottoni dei vertici pentastellati.
Bene allora, al di là delle sterili e isteriche critiche arrivate da sinistra, intensificare iniziative come quella della scorsa settimana in Gad perché è dove ci sono i reali problemi della città che si costruisce un’alternativa più concreta.
Allo stesso tempo è essenziale concentrarsi sui legami con le realtà civiche alternative all’attuale maggioranza – cosa che Forza Italia ha già iniziato a intraprendere -, perchè, se è indispensabile allargare la base comune, è innegabile che sia l’elettorato moderato quello maggiormente impattante nel muovere l’ago della bilancia. In questo il centro destra deve dimostrare tutta la propria credibilità, sulla base delle competenze (leggasi garanzie) che saprà fornire sin dai prossimi mesi.

Paola Peruffo
Coordinatrice provinciale
Forza Italia Ferrara

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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