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L’appello di Michela Pazzi, imprenditrice e portavoce delle imprese di onoranze funebri Cna:

“Il nostro personale entra ed esce ogni giorno dalle strutture sanitarie e dalle abitazioni delle persone defunte. Sebbene i nostri operatori adottino tutte le precauzioni e indossino i dispostivi di protezione individuale, è evidente che i rischi non mancano. Per questo crediamo che gli operatori dei servizi funerari vadano inseriti tra le categorie a rischio, da vaccinare prima possibile”.

Michela Pazzi è la portavoce degli operatori dei servizi funerari di Cna; la sua famiglia opera nel settore, a Ferrara, fin dagli anni ’30 del secolo scorso. Non ama i toni allarmistici, ma questa volta ritiene necessario un intervento tempestivo: “non vogliamo certo saltare la fila o rubare il posto a nessuno. Crediamo però che il personale dei servizi funerari vada messo in sicurezza al più presto. In fin dei conti, il nostro è un pubblico servizio giustamente considerato essenziale, che ci espone a rischi non molto diversi da quelli di operatori sanitari, forze dell’ordine, vigili del fuoco”.

Rispetto alla prima fase della pandemia le condizioni di lavoro degli operatori funerari sono molto cambiate: “durante la prima ondata era difficile trovare le mascherine e tutti i dispositivi di protezione individuale, che adesso sono disponibili in abbondanza. Questo è un innegabile miglioramento. Inoltre, sono state adottate procedure più sicure per il trattamento della salma. Ma la preoccupazione resta: per il contatto, sia pure protetto, con la salma,  e anche per il contatto spesso inevitabile con i famigliari del defunto e altre figure di cui spesso è impossibile conoscere l’effettivo stato di salute”

La lettera di richiesta è stata inviata da Cna mercoledì mattina, 23 marzo, alla direttrice dell’Ausl di Ferrara Monica Calamai e al direttore sanitario Emanuele Ciotti. E’ firmata da Michela Pazzi e dal funzionario responsabile per il settore, Lorenzo Folli. “Fino ad ora, a quanto mi risulta, solo l’Umbria ha risposto positivamente alle richieste delle imprese di servizi funerari: speriamo in una rapida inversione di tendenza”.

 

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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