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Nelle pagine di un quotidiano ferrarese di qualche giorno fa, ho letto un articolo su un gruppo di ragazzi che hanno deciso di abbellire un viale del Lido degli Estensi, piantando un vecchio olivo in una fioriera. Questa azione veniva riportata come un gesto da “Guerilla gardeners” che aveva come obiettivo, portare bellezza sulle strade, anche attraverso azioni non convenzionali o autorizzate. Il tutto sponsorizzato dal vivaio “tal dei tali” che aveva fornito mezzi e piante. Tutto giusto, ma c’è qualche inesattezza che va chiarita. “Guerrilla Garden” è un termine che circola da decenni, probabilmente fu usato per la prima volta negli anni ’70 a New York, per indicare l’azione di un gruppo di ambientalisti che avevano creato un giardino, con mezzi di fortuna e senza permessi, in una piccola area abbandonata in un quartiere degradato. Il giardino di Bowery Houston esiste ancora ed è mantenuto e conservato da giardinieri volontari del quartiere, realizzando l’idea dei suoi fondatori di creare un luogo di aggregazione attraverso un giardino. I gruppi che praticano questo tipo di azioni, sono sparsi nel mondo, alcuni sono piuttosto goliardici, ma in generale si tratta di gente seria e motivata, che cerca di riqualificare quartieri problematici, migliorandone la qualità di vita attraverso giardini, pianificati e curati in modo spontaneo. Questi possono avere vita brevissima, perché non hanno nessun tipo di autorizzazione, ma a volte succede che la volontà degli abitanti di un quartiere sia in grado di trasformare qualcosa di effimero in qualcosa di stabile, come nel caso del Jardin d’Éole a Parigi, dove una vasta area abbandonata, colonizzata spontaneamente con piante e arredi, invece di essere spianata ed edificata con un nuovo isolato, sia stata mantenuta e riprogettata come un vero parco urbano.
I veri giardinieri corsari si muovono in modo semi clandestino, usando in modo creativo materiale di recupero, riciclando quello che si trova e per quello che riguarda le piante, facendo affidamento su tutto ciò che può crescere spontaneamente in un sito, perché in questi progetti la riqualificazione ambientale e sociale ha più importanza dell’estetica e delle mode. Rispetto all’azione dei Lidi, sponsorizzata chiaramente da un vivaio, che giustamente si è fatto pubblicità in questo modo, sono molto più corsare certe appropriazioni di suolo pubblico da parte di privati, per esempio, quando vediamo risulte e spartitraffico trasformate in aiuole fiorite a prolungamento di giardini condominiali.
Posso anche sbagliarmi, ma la nota stonata della faccenda del Lido non è lo sponsor o l’uso del termine “Guerrilla Garden”, quanto l’idea che si possa diffondere la bellezza piantando un olivo su una torta di cemento. La moda degli olivi è dura a morire e ormai, come tante altre cose brutte, ci sembra normale. Gli olivi sono bellissimi nel loro contesto rurale, nei loro campi assolati, dove sono stati coltivati e cresciuti, trapiantarli è un danno per tutti: impoverisce un paesaggio mediterraneo e impoverisce il nostro. Ci lasciamo affascinare dalla esuberanza delle piante e dei fiori, soprattutto quando andiamo in vacanza, e ci illudiamo, che per una qualche proprietà transitiva, la bellezza di un luogo si possa semplicemente trapiantare nel nostro giardino attraverso la bellezza di una singola pianta. Posso capire chi pianta un piccolo ulivo in terra e cerca di abituarlo, anno dopo anno, a convivere con l’umidità e con un cielo che non gli appartiene, ma spostare un vecchio albero dal suo terreno per il semplice gusto modaiolo di averlo in giardino o ancora peggio, innalzarlo come un triste monumento dentro una fioriera, continua a sembrarmi una schifezza. Forse qualcuno dovrebbe insegnare ai ragazzi che abitano ai Lidi quanto sia bella la loro Pineta e la varietà straordinaria del suo ecosistema, oppure fargli capire che anche Hulk è verde, ma non basta il colore per migliorare un ambiente urbano.

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Giovanna Mattioli

È un architetto ferrarese che ama i giardini in tutte le loro forme e materiali: li progetta, li racconta, li insegna, e soprattutto, ne coltiva uno da vent’anni. Coltiva anche altre passioni: la sua famiglia, la cucina, i gatti, l’origami e tutto quello che si può fare con la carta. Da un anno condivide, con Chiara Sgarbi e Roberto Manuzzi, l’avventurosa fondazione dell’associazione culturale “Rose Sélavy”.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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