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AZIENDE IN ROSSO STRETTE TRA CALO PREZZI E AUMENTO COSTI PRODUZIONE

La Produzione lorda vendibile dell’agricoltura in Emilia Romagna nel 2017 è risultata sostanzialmente stabile (+1%) nonostante l’annata sia stata segnata da un andamento meteorologico anomalo, con gelate primaverili e siccità estiva. È quanto afferma Coldiretti Emilia Romagna tracciando un primo bilancio dell’annata agraria da cui risulta che il valore delle produzioni all’origine è diminuito soprattutto nel settore vegetale e risalito per il settore zootecnico.
Per l’ortofrutta, l’eccessivo caldo estivo – rileva Coldiretti regionale – ha determinato un accavallamento delle produzioni di pesche e nettarine con un surplus di offerta in alcuni periodi che, abbinato alle importazioni, ha depresso i prezzi, nonostante una sostanziale stabilità di produzione (+0,6% le pesche, –2% le nettarine). L’eccesso di produzione (+56%) ha determinato un calo del prezzo delle albicocche, mentre è andata meglio la campagna delle mele (produzione + 3,2%), vista la scarsità del prodotto trentino causata da pesanti grandinate in quella regione che ha avvantaggiato le nostre produzioni sul mercato. A traino delle mele sono andate anche le pere (+11%) favorite – afferma Coldiretti Emilia Romagna – da una buona concentrazione commerciale, grazie alla cooperativa Opera e alla società consortile Origine Group, costituite dai principali produttori di pere (l’Emilia Romagna produce il 60% delle pere italiane) che hanno realizzato una efficace campagna promozionale. In calo a causa della siccità la produzione di cocomeri e meloni, ma la minore offerta il mercato non ha contribuito a remunerare i costi degli agricoltori.
Sul fronte dei cereali, l’elevata qualità delle produzioni di frumento tenero (–0,4%) e duro (–10,5%) ha portato – secondo i dati di Coldiretti Emilia Romagna – prezzi superiori rispetto a all’anno scorso, anche se non a livelli tali da ripagare i costi di produzione. In questo settore – afferma Coldiretti regionale – solo il prezzo dei contratti di filiera viaggia su livelli in grado di remunerare i costi e in alcune nicchie, come quella dei grani antichi, i produttori hanno avuto buone soddisfazioni, come nel caso del grano duro “Senatore” Cappelli, remunerato in base a un contratto definito prima delle semine. Per i cereali – afferma l’organizzazione dei coltivatori – diventa sempre più importante l’innovazione e la qualità, come dimostra l’affermarsi sul mercato della varietà di grano tenero “Giorgione”, selezionato di recente con l’obiettivo di sostituire da solo tutta la gamma dei grani di forza destinati ai prodotti da forno. Anche il mais devastato dalla siccità (–16,7%) non può più essere gestito come un prodotto da seminare di risulta come alternativa di altri cereali, ma va programmato attentamente. Dopo i buoni risultati della lotta alle aflatossine con il prodotto biologico “AF-X1” messo a punto dall’Università di Piacenza, DuPont Pioneer, Coldiretti e Consorzi Agrari d’Italia, già dalla prossima campagna partiranno contratti di filiera per programmare le produzioni destinate ai mangimifici. Annata pessima per il riso, con un calo produttivo del 10% e prezzi abbondantemente al di sotto dei costi di produzione a causa delle forti importazioni di prodotto a dazio zero per i Paesi che operano in regime EBA (tutto tranne le armi), tra cui anche la Birmania da dove nell’ultimo anno le importazioni di riso sono aumentate del 736%, nonostante lo sfruttamento e il maltrattamento della minoranza Rohingya.
Sul fronte delle colture industriali, nonostante la siccità ne abbia limitato le potenzialità produttive, la barbabietola da zucchero ha fatto registrare un generale aumento produttivo con dei buoni margini per i produttori, anche se nel settore non mancheranno i problemi a causa dell’aumento di produzione in tutta Europa (+20%) che ha fatto crollare i prezzi dello zucchero del 30-40%. Un vero crollo di produzione (–19%) per il pomodoro con prezzi non remunerativi. Calo produttivo anche nel settore vitivinicolo con il 18% in meno di vino, compensato però da una elevata qualità.
A tenere in alto la Plv dell’Emilia Romagna, secondo Coldiretti regionale, è il settore zootecnico che da solo rappresenta quasi il 50% della produzione lorda vendibile emiliano romagnola. Nel secondo trimestre del 2017, dopo l’entrata in vigore dell’etichettatura obbligatoria dell’origine, fortemente voluta da Coldiretti, sono arrivati i primi segnali di ripresa del mercato lattiero caseario, con buoni risultati sul fronte del Parmigiano Reggiano e Grana Padano. La frenata produttiva del settore suinicolo è stata compensata da una ripresa delle quotazioni all’inizio dell’anno, calate poi nel secondo trimestre, ma rimaste comunque al di sopra delle quotazioni del 2016. Segnali di ripresa per il settore carni bovine con un aumento dei consumi e un aumento dei prezzi a livello europeo che hanno favorito le produzioni nazionali. In crescita anche le produzioni e i prezzi delle carni avicunicole.
“Per le imprese agricole – afferma il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello – il problema è ancora una volta l’inadeguata redistribuzione del valore del prodotto lungo la filiera, unitamente ai costi di produzione che crescono più dei prezzi all’origine. I passaggi multipli, che allungano la filiera con tre, quattro intermediari dalla produzione alla distribuzione – sottolinea Tonello – appesantiscono il prezzo finale del prodotto alimentare a scapito anche del consumatore. Per questo Coldiretti con Ferrero, Inalca/Cremonini e Consorzio Casalasco (Pomì e De Rica) nel 2017 ha costituito “Filiera Italia”, una compagine associativa che ha tra i soci fondatori Bonifiche Ferraresi, Ocrim, Farchioni Olii, Cirio agricola, Donnafugata, Maccarese, Ol.Ma, Giorgio Tesi Group, Terre Moretti (Bellavista) e Amenduni Spa, che punta a realizzazione di accordi economici finalizzati ad assicurare la massima valorizzazione della produzione agricola nazionale anche attraverso la realizzazione di contratti di filiera sostitutivi dell’ormai superata stagione della sterile interprofessione”.

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COLDIRETTI


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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