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Da piccolo, come tutti, credevo che i contenuti dei palinsesti televisivi fossero i film, i cartoni animati e gli altri programmi. Poi negli anni si è fatta largo l’idea che i contenuti principali dei palinsesti fossero le pubblicità, di cui i programmi erano mera cornice. Alle soglie dei quarant’anni, devo ricredermi ancora una volta. Ormai sono quasi convinto che con i mass-media in ballo ci sia, ancor prima del palinsesto televisivo, la visibilità. Intendo dire che il possesso del network televisivo dona a chi lo controlla il potere di scegliere a chi dare visibilità nel Paese. La tv sceglie chi sarà celebre al di là del bene e del male, al di là di qualsiasi merito. E’ semplice: basta farti apparire, accendere i riflettori.

Se la tv è potere autoritario e assoluto (occorre citare Popper o Pasolini per dire quanto sia cattiva maestra?), il suo potere immenso – il quarto, quinto o sesto che dir si voglia – non è quindi solo quello di selezionare le notizie o il modo di raccontarle, bensì di decidere chi ‘esiste’ e chi no agli occhi della massa dei cittadini, di propagandare stili di vita come fossero dei messaggi occulti, che lentamente – nell’arco di pochi anni – si fanno strada nella società. La tv, a dispetto della rete, è ancora il mezzo capace di plasmare la società del futuro.
Per quanto riguarda i giorni nostri e l’editto del deputato della commissione di Vigilanza della Rai Anzaldi contro il conduttore di Ballarò ed ex vice direttore di Repubblica, Massimo Giannini, è chiaro che la politica non deve entrare nelle scelte editoriali dell’azienda. Detto questo, però, aggiungo che le reti pubbliche dovrebbero dotarsi di un meccanismo di turnazione, una sorta di regolamento per cui chi è già stato ospitato non può esserlo di nuovo almeno per un determinato periodo. Lo stesso Giannini, nella fattispecie, accetta senza colpo ferire la lottizzazione delle poltrone del suo show. In Rai il potere che noi cediamo all’azienda viene di continuo utilizzato in maniera indebita. Decine di presenzialisti usano spazi televisivi pubblici (un potere immenso, un passaggio televisivo vale migliaia di euro) per promuovere sempre i soliti personaggi. Una volta divenuti famosi, porre un argine non è più possibile. Ce li ritroviamo a teatro, al cinema, in libreria, e pure sotto l’albero di Natale (ebbene sì, lo confesso, una volta una zia mi regalò un libro di Emilio Fede!)

Pochi politici e alcuni giornalisti occupano quotidianamente le tv di Stato. In Italia vivono 70 milioni di persone, ma in tv, dove conta, ne vediamo sempre e solo alcune decine. Allora forse gli italiani sono ostaggio di una classe politica che usa le tv per perpetuare il potere attraverso la reiterazione della propria immagine con la complicità degli addetti ai lavori.

Sono pronto al baratto:  offro libro di Emilio Fede in cambio dell’ultimo Bruno Vespa. Oppure rilancio: toglietemi “Porta a porta” dalla Rai e mi schiero a favore delle trivellazioni, mi schiero pure per il nucleare (“nuculare , si dice nuculare” – cit. Homer Simpson).

@sandroabruzzese

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Sandro Abruzzese

Nato in Irpinia, vive a Ferrara dove insegna materie letterarie in un istituto d’istruzione superiore. Per Manifestolibri ha pubblicato Mezzogiorno padano (2015). Con Rubettino ha pubblicato CasaperCasa (2018) e Niente da vedere (2022). Sul suo blog, raccontiviandanti, si occupa di viaggio e sradicamento

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
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Francesco Monini
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