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da: ufficio stampa Partito Democratico Ferrara

L’utilizzo sfrenato del web è in continua crescita non solo tra le persone adulte, ma sempre più tra le ultime generazioni.
Secondo un recente sondaggio, il 99 per cento dei giovani usa regolarmente Internet e l’89 per cento ha un profilo su un social network; per il 21,5 per cento dei ragazzi i social network sono uno strumento per fare nuove conoscenze ma anche l’occasione in cui si manifestano i rischi maggiori.
I dati confermano le tendenze evidenziate dai più recenti fatti di cronaca: ben il 12,5 per cento del campione riconosce di aver utilizzato i social network per diffondere messaggi offensivi o minacciosi nei confronti di coetanei; molti tra ragazzi e ragazze dichiarano di avere «umiliato» altre persone con la diffusione di materiali offensivi e insinuazioni diffamatorie.
Dati certi e allo stesso tempo molto preoccupanti sono quelli che si estrapolano dall’indagine “I ragazzi e il Cyber bullismo”, realizzata da Ipsos per Save the Children.
La ricerca, risalente al gennaio 2013, è stata realizzata da Ipsos attraverso 810 interviste con questionari compilati online ragazzi di età compresa fra 12 e 17 anni. Essa, oltre a fornire una fotografia sulle abitudini di fruizione del web da parte dei ragazzi italiani, indaga sull’inclinazione sempre più frequente tra i pre-adolescenti, ma ancor di più tra i teenager, a sperimentare attraverso l’uso delle nuove tecnologie una socialità aggressiva, denigratoria, discriminatoria e purtroppo spesso violenta.
I dati: i 2/3 dei minori italiani riconoscono nel bullismo – sia online che offline – la principale minaccia che aleggia sui banchi di scuola, nella propria cameretta, nel campo di calcio, di giorno come di notte. Per tanti di loro, il bullismo arriva a compromettere il rendimento scolastico, erode la volontà di aggregazione della vittima e nei peggiori dei casi può comportare serie conseguenze psicologiche come la depressione. È facile attirare l’attenzione del bullo e del cyber bullo, se ci si veste in modo insolito, se si ha un colore della pelle diverso o finanche se si è la più graziosa della classe.
Nei criteri di elezione della vittima infatti la “diversità”, nelle sue varie declinazioni, gioca un ruolo non secondario: l’aspetto estetico, la timidezza, il supposto orientamento sessuale, l’essere straniero, l’abbigliamento non convenzionale, la bellezza femminile che “spicca” nel gruppo e persino la disabilità possono essere valide motivazioni per prendere di mira qualcuno.
Di minore importanza, o almeno non abbastanza per attirare l’attenzione dei bulli, sono invece considerati l’orientamento politico o religioso, causa di atti di bullismo.

Il cyberbullismo è, solitamente, un fenomeno che dilaga ad alta velocità nel mondo adolescenziale e giovanile, ed interessa – come è stato detto da più d’uno – la fascia di età che va dai 10 ai 17 anni.
Sul tema è intervenuta la Senatrice PD Maria Teresa Bertuzzi, a seguito dell’approvazione del ddl d’iniziativa parlamentare sul cyberbullismo, di cui è cofirmataria, approvato ieri in prima lettura in Senato, all’unanimità. “Ciò che maggiormente preoccupa non è solo il fatto che la presenza dei cyberbulli sia in forte aumento ma il fatto che si stanno anche presentando in fasce d’età sempre più basse. Se prima erano presenti solo tra gli adolescenti, adesso li vediamo presentarsi addirittura nei gruppi di bambini dai tre ai cinque anni. Il mondo degli adulti deve sentire come propria la responsabilità di tutelare i minori che fanno uso scorretto della rete.
C’è poca consapevolezza dei rischi che corrono i nostri ragazzi navigando in internet. Diverse sono le modalità che i ragazzi raccontano di poter mettere in atto online una volta individuata la vittima, come rileva l’indagine Ipsos: si rubano e-mail, profili, o messaggi privati per poi renderli pubblici, si inviano sms o e-mail aggressivi e minacciosi, vengono appositamente creati gruppi “contro” su un social network per prendere di mira qualcuno, o ancora vengono diffuse foto e immagini denigratorie o intime senza il consenso della vittima, o notizie false sull’interessato via sms o mail.
Il ddl sul cyberbullismo – continua la Senatrice Bertuzzi – vuole, dunque, centrarsi sulla prevenzione, attraverso la formazione degli operatori scolastici, primi doverosi passi per rispondere alla nuova emergenza dell’era digitale”.

La proposta di legge va, dunque, a normare una materia certamente delicata: quella della dignità e dei diritti dei minori.
I crimini che possono essere commessi online da bulli digitali vanno dalle minacce e diffamazione, alle molestie, fino alla diffusione di materiale pedo pornografico, furto d’identità ed istigazione al suicidio.

“Oltre la formazione, necessaria a prevenire il fenomeno e che ha lo scopo di educare i nostri giovani ad alcuni valori fondamentali, quali il rispetto verso se stessi e gli altri, – aggiunge la Senatrice PD – il ddl conferisce un marchio di qualità alle aziende che adottano configurazioni child friendly per i dispositivi e le piattaforme, e collaborano con i provider in maniera costruttiva anche mediante codici di autoregolamentazione; i minori ultraquattordicenni potranno poi richiedere direttamente la cancellazione di materiale lesivo e in caso di mancato accoglimento si prevede il ricorso all’intervento dell’Autorità Garante della Privacy”.
Nel testo di legge si sottolinea, inoltre, il principio di cittadinanza digitale e viene istituito un Tavolo interministeriale, che metta in sinergia istituzioni, associazioni, genitori e studenti e aziende del settore new media, forte anche della competenza della Polizia Postale. “Dobbiamo ricordarci che l’isolamento è la conseguenza principale del cyber bullismo.
Per più della metà degli intervistati da Save the Children, infatti, chi lo subisce si rifiuta di andare a scuola o fare sport, ma soprattutto è la dimensione della socialità a risentirne: troppi ragazzi, vittime del cyberbullismo, non vogliono più uscire o vedere gli amici, si chiudono e non si confidano più. L’obiettivo di questa legge – conclude la Senatrice – deve essere un aiuto concreto ai ragazzi, che vada nella direzione di far capire loro che anche nel mondo virtuale esistono rapporti umani, emozioni e sentimenti da tutelare e bisogna fornire strumenti per non lasciare soli i giovani vittime di questo fenomeno.
I nostri giovani sono attori di un mondo complesso che scuola e famiglia non possono affrontare da soli, hanno bisogno del sostegno delle istituzioni.
Quando si chiede ai ragazzi quali contromisure adottare per arginare il fenomeno, la maggior parte suggerisce attività di informazione, sensibilizzazione e prevenzione che prevedano il coinvolgimento ad ampio raggio di scuola, istituzioni, aziende e degli stessi genitori.
Solo unendo le forze e contando sul ruolo chiave della famiglia, si può lavorare assieme con l’obiettivo di sviluppare nei ragazzi e nelle ragazze le competenze emotive necessarie per costruire relazioni significative con gli altri”.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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