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Juventus-Spal è Davide contro Golia: è il fanciullo che sfida il gigante. In vista del prossimo match, che verrà disputato dai ferraresi allo Juventus stadium di Torino, ospitiamo una memoria di Luciano Cazzanti, indimenticabile talent scout biancoazzurro fin dai tempi di Paolo Mazza, che scoprì e portò a Ferrara Michele Paramatti, l’infaticabile cursore che vestì la maglia delle due prossime contendenti e fu idolo di tre tifoserie (Spal, Bologna e Juventus).

di Luciano Cazzanti

“Gioca bene, gioca male Paramatti in nazionale”. Così urlavano i tifosi bolognesi dagli spalti dello stadio Dall’Ara alla metà degli anni Novanta. Ma la storia di Michele Paramatti calciatore incomincia dieci anni prima e inizia, come tutti i tifosi biancoazzurri ben ricordano, con la maglia della Spal
Sono trascorsi quarant’anni da quando un caro amico da tempo scomparso, Franco Manfredini, che avevo conosciuto molti anni prima come presidente di una piccola società calcistica del settore giovanile, con sede e campo di gioco presso la parrocchia della Sacra Famiglia in via Bologna, mi venne a trovare in sede alla Spal e mi disse: “Luciano, ho un centravanti fortissimo: ha solo 13 anni, vieni a vederlo con me, stasera gioca in un torneo notturno in provincia di Rovigo”. Andammo e Michele mi impressionò subito: aveva un fisico bestiale per la sua età, aveva corsa, forza, gran colpo di testa ed elevazione, vedeva la porta e faceva molti gol.
Chiesi a Franco: “Me lo dai subito?”. “No – rispose – il ragazzo è già tesserato con me all’A.C. Ferrara, alla Spal se lo vuoi lo dò il prossimo anno”. Fu di parola.
Era il 1981 e quello fu l’inizio della storia. La A.C. Ferrara giocava nel campo del motovelodromo, l’allenatore era Davide Zuccatelli (un ragazzo che conoscevo bene) e così in quella stagione ebbi l’occasione di seguire Michele in tante gare. Poi a giugno 1982 Michele Paramatti divenne spallino.

Michele Paramatti con Luciano Cazzanti

Michele abitava a Salara, in provincia di Rovigo, e tutti giorni veniva scuola Ferrara, dove in seguito si è diplomato ragioniere. Fece tutta la trafila del settore giovanile alla Spal, sino alla squadra primavera, e quindi il debutto in prima squadra, nel ruolo di terzino fluidificante, nei campionati di C1 e C2.
Poi, come succede nel calcio, le circostanze condizionano le carriere. Erano anni travagliati e Michele fu costretto ad andare a Russi in Interregionale. In seguito subì un’altra umiliazione, dovette allenarsi con i calciatori disoccupati in Romagna. Era l’estate del 1995 e quello che sembrava il punto più basso segnò invece una positiva svolta per lui! Il sole tornò a splendere e Michele ebbe l’opportunità di approdare al Bologna, neopromosso in serie B, dove in breve tempo divenne un beniamino degli sportivi rossoblù.
È stata una grossa rivincita per lui. Grandi campionati con il Bologna e poi Michele approdò addirittura alla Juventus, con la quale disputò due campionati di serie A con 26 presenze ed ebbe la gioia di vincere lo scudetto al termine della stagione 2001-2002.

Fu in quel periodo che lo rincontrai: un giorno la Spal mi mandò a Torino ad accompagnare un ragazzo che i bianconeri avevano chiesto in prova. Arrivato nel parcheggio da lontano vidi arrivare proprio Michele. Fu grande la sua meraviglia e la mia emozione. Ci abbracciamo. Vedere Michele nella Juve di mister Lippi e insieme a tanti campioni fu per me una gioia immensa. Come erano lontani giorni della A.C. Ferrara, della Spal e il raduno dei calciatori disoccupati Romagna.
Ma ciò che ha avuto, Michele se l’è guadagnato con l’impegno e la volontà, senza mai arrendersi o darsi per vinto. Così, ancora oggi mentre ricordo i momenti belli di Michele calciatore, ripenso anche alle delusioni e ai sacrifici che Michele ha fatto, sempre sorretto dalla sua meravigliosa famiglia, papà Lucio e mamma Medea; e con loro Franco Manfredini e la signora Verdiana che per il giovanissimo Michele dei primi calci all’A.C. Ferrara sono stati come una seconda famiglia. E penso pure al figlio di Michele, Lorenzo, che dopo il passaggio nelle giovanili di Bologna e Inter e alcune esperienze da professionista, gioca quest’anno in serie C nel Gubbio. E sogno per lui che possa seguire le orme di papà.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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