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È morto in questi giorni Leo Contini (1939-2020). Qui di seguito il cugino Piero Cividalli ricorda, in un testo inedito, alcuni aspetti salienti della famiglia Finzi-Contini. Come vedrete, ricorrono cognomi familiari per chi conosce Ferrara, da quello mitico dei Finzi-Contini, a Lampronti, Mayer, Hanau, nomi che si intrecciano con la storia delle persecuzioni razziali, il regime fascista, l’eccidio del Castello, l’esilio, il campo di concentramento, la morte e ovviamente con l’opera di Giorgio Bassani, il quale utilizza quel nome, Finzi-Contini, per creare una storia che si ispira  molto liberamente a quella di un’altra famiglia ebrea ferrarese e con una forte dose di invenzione.
A me preme soprattutto ricordare che Leo Contini, insieme al fratello Bruno, curò i diari del padre pubblicati da Giuntina nel 2012: Nino Contini (1906-1944). Quel ragazzo in gamba di nostro padre, con scritti di Alessandra Minerbi, Gloria Chianese e Clotilde Pontecorvo. I diari di Nino Contini meritano di essere letti e riletti oggi per la profonda umanità, perché raccontano la vita, i dolori e gli affetti di una persona alle prese con scelte difficili, in un tempo che è bene ricordare per quello che fu, per la scia di dolore, discriminazione e morte che si lasciò dietro.
Laureato in legge, avvocato giovanissimo presso lo studio Ravenna poi in proprio, alpinista, pilota provetto, padre e marito devoto, Nino negli anni venti si diletta di poesia ed è un lettore vorace. I genitori gestiscono un emporio nella Piazza della Cattedrale, mentre lo zio Ciro Contini firma il piano regolatore di Ferrara nel 1926, insomma una famiglia integrata, benestante e aperta, delle professioni, che vive appena fuori dalle mura del ghetto, ma allo stesso tempo endogamica e osservante della propria religione. Questo mondo si incrina negli anni trenta, quando Nino ed altri si impegnano ad accogliere gli ebrei tedeschi in fuga dalla Germania nazista (arrivano una dozzina di giovani). Quell’esperienza di accoglienza lo porta ad avvicinarsi al movimento sionista laico e socialista HeHalutz (Il Pioniere) e man mano a maturare una chiara scelta antifascista. La polizia del regime definisce Nino il “noto ebreo antifascista Contini avvocato Nino” (1° aprile 1939) e lo fa pedinare e sorvegliare da “un abile sottoufficiale”. Radiato dall’ordine degli avvocati, lui “individuo dotato … di una spiccata avversione per la politica dei Governi Autoritari” (Prefettura di Ferrara, 1940), rifiuta di iscriversi all’albo speciale degli avvocati ebrei. La situazione precipita nel 1940, quando viene arrestato e poi internato. Quella che sarebbe stata la vita di un borghese come tanti altri assume un valore emblematico e diventa un dramma umano.

I diari coprono un periodo di cinque anni, dal 1939 al 1944, iniziati quando Nino è ancora a Ferrara e continuati quando si ritrova internato a Urbisaglia, e poi alle Tremiti e a Pizzoferrato.
In salvo ma gravemente malato, muore a 37 anni a Napoli. I testi assolutamente privati e umani come pochi altri contengono momenti di introspezione, scoraggiamento e dialogo serrato con la famiglia insieme a riflessioni sulle vicende politiche e sociali del tempo. Le pagine scritte nella sua città natale ci restituiscono il clima di isolamento in cui si trovano gli ebrei, un ghetto sociale costruito dal fascismo almeno due anni prima dell’entrata in vigore delle leggi razziali, come ricorda Alessandra Minerbi nel suo saggio introduttivo.
Nino annota i piccoli gesti di discriminazione quotidiana, come ad esempio quello di un tal Navarra che Nino incontra e saluta e il quale, invece, finge di non conoscerlo. “Tanto meglio,” scrive Contini. Nel giugno del 1941, Nino viene trasferito a Pizzoferrato, vicino a Chieti, dove lo raggiunge la famiglia e vive alcuni momenti di serenità. Mentre lo zio e il cugino, Vittorio e Mario Hanau, vengono assassinati nell’eccidio del Castello Estense, Nino riesce a raggiungere con la famiglia Napoli e si getta nell’impegno politico, militando nelle file del Partito d’Azione nell’Italia liberata, in stretta collaborazione con Ugo La Malfa. “Era felice”, scrive il fratello che lo incontra pochi giorni prima della morte nel 1944.

Nel 2000, in occasione della giornata della memoria, il Comune di Pizzoferrato ha dedicato una strada a Nino Contini. La targa recita:
Via Nino Contini
1906-1944
Internato
Antifascita Ebreo

Poche ed efficaci parole. Propongo che la città di Ferrara non sia da meno. Dedichi una strada a questo concittadino, antifascita e vittima della odiosa discriminazione religiosa introdotta dal regime liberticida di Benito Mussolini e di Italo Balbo. Un ferrarese quest’ultimo a cui, ça va sans dire, dedicherei non una strada ma, per usare le parole di Piero Calamandrei, un monumento costruito “soltanto col silenzio dei torturati, più duro d’ogni macigno, soltanto con la roccia di questo patto, giurato fra uomini liberi, che volontari si adunarono, per dignità e non per odio, decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo.”

Piero Cividali
STORIA DELLA FAMIGLIA CONTINI E DI LEO, UN CUGINO E CARISSIMO AMICO

Talvolta, mia nonna Gilda Contini Cividalli, mi raccontava delle origini della sua famiglia. Era nata a Ferrara  nella seconda metà dell’ottocento e in questa città aveva passato la sua vita di bambina e di giovane donna. Ferrara contava allora una fiorente comunità ebraica e suo padre, Beniamino Finzi Contini, possedeva un importante emporio vicino al Duomo della città.
I Finzi Contini stavano bene. Beniamino aveva sposato una giovane che gli aveva dato una figlia, Emilia, ma ben presto rimase vedovo. Si  risposò e dal secondo matrimonio nacquero tre figli, mia nonna Gilda, Nello e Ciro. Ma anni prima il vero cognome della famiglia era soltanto Finzi. Pare però che questi Finzi fossero tutti di bellissimo aspetto  e quando passavano per la strada questi giovani aitanti, la gente, ammirata, sussurrava: “avete visto questi bei contini?”. In breve tempo questo nomignolo divenne parte del loro nome e divennero Finzi- Contini. Ma a un certo momento, il mio bisnonno Beniamino, non so per quale ragione, abolì il Finzi e diventò Contini. I suoi figli, nascendo, ebbero soltanto il cognome Contini.
Un parente di cui non conosco il nome, sposò una contessa Bonacossi e prese il nome di Contini Bonacossi. Così inizio la storia della famiglia dei conti Contini – Bonacossi. Mia nonna, dopo sposata, venne ad abitare a Firenze. Suo fratello Ciro, valente architetto, andò a Roma ma con le leggi razziali emigrò in America con i due figli. L’altro fratello di mia nonna, Nello, era rimasto a Ferrara , si era sposato e aveva quattro figli maschi. Purtroppo morì giovane, subito dopo la prima guerra mondiale. Bruno, uno dei suoi figli, lo seguì nella tomba ancora giovanissimo.
Rimasero altri tre figli di Nello Contini. Uno di questi, Nino, sposò Laura Lampronti, pianista. Ma con le leggi razziali, essendo un noto antifascista ebreo, fu internato in un piccolo borgo vicino a Chieti.Là crebbero i suoi due figli Bruno e Leo. Recentemente questo piccolo paese ha voluto onorare la memoria di Nino Contini mettendo a suo nome una delle strade.

Verso la fine della seconda guerra mondiale, con l’avanzare delle truppe alleate, Nino e la sua famiglia riuscirono a passare le linee  e, liberati, si stabilirono a Napoli. Ma Nino si ammalò e in breve tempo morì. Dopo la guerra Laura si stabilì a Roma con i due bambini ma pochi anni dopo morì anche lei. Leo fu accolto a Milano dai nonni Lampronti, e là finì i suoi studi di ingegneria nucleare. Conobbe Marcella Mayer e la sposò.
Pareva che tutto andasse bene invece, poco dopo la nascita, il loro primo bambino fu trovato morto nella culla. Marcella, era incinta del suo secondo figlio e, traumatizzata, perse anche quello.  Dopo nacquero altri tre figli che oggi vivono tutti in Israel. Leo, fervente sionista e forse scontento della sua vita in Italia, nei primi anni 70 fece l’Alià e si stabilì a Tel-Aviv.
Poco più di un anno fa, ci fu nel cimitero ebraico di Ferrara una bella riunione dei discendenti di Beniamino Finzi Contini. Credo che fossimo una cinquantina venuti da tutte le parti del mondo. Molti neanche li conoscevo. Ma fu bello lo stesso e Leo, che stava ancora abbastanza bene, volle leggere i nomi dei discendenti di Beniamino Contini oramai defunti anche loro. Il suo  matrimonio con Marcella era in crisi da molti anni e si erano separati.
Anni dopo trovò una nuova compagna e si risposò. Da anni aveva rinunciato a lavorare nel campo dei suoi studi universitari e si era dedicato alla pittura. Aveva pochi mezzi e per mantenersi faceva lavoretti saltuari che poco lo soddisfacevano. Ma ebbe sempre il coraggio di essere se stesso, senza tentennamenti. È proprio in questi anni per lui non facili che divenimmo sempre più amici. Siccome abitava a Giaffa non potevamo incontrarci spesso. Ma le nostre chiacchierate per telefono non finivano mai e la nostra amicizia si rinforzò sempre più. Caro Leo, la sua vitalità mi mancherà molto e il suo coraggio nelle avversità mi resterà di esempio per sempre.
Piero Cividalli

Nota: La redazione di FerraraItalia è grata a Piero Cividalli per aver acconsentito alla pubblicazione del suo testo. Piero (n.1926), a sua volta vittima delle leggi razziali, raggiunse con la famiglia la Palestina nel 1939 e si arruolò nella Brigata Ebraica dell’Esercito britannico a 18 anni. Rimase in servizio per due anni. Pittore ed insegnante di storia dell’arte in pensione, vive a Tel Aviv.

Cover: Comune di Pizzoferrato (Chieti), la via intestata a Nino Contini nell’anno 2000

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Federico Varese


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