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10 Maggio 2016

Auguri stupidone

Tempo di lettura: 3 minuti


Oggi, 10 maggio, mi permetto di celebrare uno stupido.
Uno stupido a cui però voglio molto bene.
Oggi ne farebbe 59 e devo ammettere che sarei davvero felicissimo di vedere un John Simon Ritchie/Beverley a.k.a. Sid Vicious quasi sessantenne.
Me lo immagino come un gran simpaticone reso più saggio dal tempo che passa.
Un tipo alla Philty “Animal” Taylor, uno di quegli inglesazzi tipici sempre un po’ alticci ma sorprendenti al momento della battutona.
Ho sempre pensato che Sid Vicious non fosse così stupido e continuo a pensarla così.
Sono ancora convinto che con il tempo il nostro uomo si sarebbe ribeccato.
Non spargerò neanche un pixel sull’infanzia/adolescenza di questo “eterno” adolescente.
Salterò anche la pappardella della povera vittima – in primis di se stesso – bla bla bla e via con la storia del santino punk.

Brano: “Born To Lose” di Sid Vicious
Brano: “Born To Lose” di Sid Vicious

Ammetto di avere un’opinione insolitamente “alta” a proposito di ‘sto ceffo.
Mi prendono in giro in tanti ma non ho mai pensato che fosse un cane in quei due ambiti su cui ha messo le sue zampe lercie.
Possiamo discutere sul suo basso che andava e veniva, attaccato o no all’ampli.
Per come la vedo io non era proprio una questione caprina: il ceffo qua era solo sempre troppo fatto.
Ma quando c’era per me c’era eccome.
E come cantante, per come la vedo io, siamo di fronte a uno dei massimi pesi massimi del rock’n’roll.
Un tipo nato davvero per stare davanti a un’asta e fare più o meno il buffone, ergo, un tipo perfetto per il rock’n’roll.
Peccato si sia disinnescato da solo ma la sua versione di “My Way”, le sue cover di Eddie Cochran e quella “Belsen Was A Gas” – unico pezzo che ha scritto – rimangono, per come la vedo io, del grande, gigantesco rock’n’roll.

Quindi, per oggi, via con un pezzo che butta una luce diversa su Sid e tutti i Sex Pistols.
Un pezzo registrato a Natale, nel 1977, durante concerto-matinée ad Huddersfield per i figli dei pompieri in sciopero.
Johnny Rotten una volta ha raccontato che quel giorno si trovò costretto a dire a Vicious di evitare i suoi soliti numeri “perchè c’erano dei bambini”.
Sembra che il nostro stupidone, quella volta, l’abbia capita più o meno al volo.
Qui lo possiamo sentire alla voce, insolitamente sobrio e misurato, mentre canta il grande inno di Johnny Thunders.
Tutto questo perchè, un attimo prima, Johnny Rotten aveva dovuto lasciare il palco per andare a far le foto vestito da Babbo Natale con i figli dei pompieri.
‘Sta storia è solo uno dei tantissimi motivi per cui sarò sempre un fan dei Pistols.
Ma è anche uno dei tantissimi motivi per cui sarò sempre disposto a uccidere ogni volta che qualcuno sentirà il bisogno di pronunciare, in mia presenza, le parole “Sex”, “Pistols”, “Band” e “tavolino”.
R’n’r e auguri allo stupidone.

Ogni giorno un brano intonato alla cronaca selezionato e commentato dalla redazione di Radio Strike.

 

Selezione e commento di Andrea Pavanello, ex DoAs TheBirds, musicista, dj, pasticcione, capo della Seitan! Records e autore di “Carta Bianca” in onda su Radio Strike a orari reperibili in giorni reperibili SOLO consultando il calendario patafisico. xoxo <3

Radio Strike è un progetto per una radio web libera, aperta ed autogestita che dia voce a chi ne ha meno. La web radio, nel nostro mondo sempre più mediatizzato, diventa uno strumento di grande potenza espressiva, raggiungendo immediatamente chiunque abbia una connessione internet.
Un ulteriore punto di forza, forse meno evidente ma non meno importante, è la capacità di far convergere e partecipare ad un progetto le eterogenee singolarità che compongono il tessuto cittadino di Ferrara: lavoratori e precari, studenti universitari e medi, migranti, potranno trovare nella radio uno spazio vivo dove portare le proprie istanze e farsi contaminare da quelle degli altri. Non un contenitore da riempire, ma uno spazio sociale che prende vita a partire dalle energie che si autorganizzano.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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