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Da: Sindaco Tagliani

“Sarebbe davvero umiliante per i Ferraresi tutti accettare l’ennesimo atto di disprezzo gratuito delle istituzioni da parte di Nicola Lodi come una goliardata esuberante da parte di chi, in questi ultimi tempi, ha già dato ampia prova di buffoneria pseudo squadristica.

Il vilipendio alla bandiera italiana che ha visto issarsi sul pennone di piazza Trento Trieste quella leghista – prima del 4 novembre giorno dell’ Unitá Nazionale – è un reato, un’ offesa alla Stato.

Così come è grave impedire ai Carabinieri, con barricate, di accompagnare dove stabilito dal Prefetto nove ragazze di cui una in attesa; girare per le strade di Ferrara chiedendo i documenti ai passanti o girare davanti al Duomo con uno slittino trainato da un’ auto.

La bandiera italiana che il 4 novembre sventola per le forze armate è stata anticipata di notte, come ladri, da un vessillo di partito, un atto vigliacco, ma non sarò io a presentare denuncia. Piuttosto, perché non appaia mera diatriba di parte, valuterà il gesto chi a Ferrara rappresenta la Repubblica, anche se la violazione all’art.292 C.P. è reato che si persegue d’ufficio e la notizia è pubblica.

Quello che la nostra città non tollererà, è un crescendo di prepotenza illegale proprio da parte di chi rappresenta in città la Lega: il partito che ha il proprio leader seduto sulla poltrona di Ministro degli Interni. Stiamo attenti a non scambiare per mero buffone chi minaccia le dipendenti comunali di essere trasferite dopo la sicura prossima vittoria elettorale, piuttosto diciamo a Salvini come ad Alan Fabbri che se copriranno, ancora una volta, lo squadrismo da operetta del loro rappresentante ne trarremo tutti il giudizio su quello che è il loro modello: quello in cui lo Stato è governato dal partito con la sua bandiera non dalla democrazia con il tricolore offeso da Bossi. Il loro silenzio sarà inequivoco.

Noi a Ferrara abbiamo ben memoria di come vanno a finire avventure con questo profilo, se ce ne fossimo dimenticati c’è sempre il muretto del Castello a ricordarlo

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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