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Da: Istituto Gramsci

Da tempi recenti in Italia non si crede più nel Comunismo (subito al potere effimero o ridicolo una volta riciclato in homo consumens…), ma in tutto l’Occidente si crede ancora nel cristianesimo e nel capitalismo (Gesù, poeta cosmico, e Voltaire, poeta della Ragione, archetipi di scienza contemporanea!). L’arte contemporanea non crede più da un pezzo nell’avanguardia storica: ma nell’era della scienza (Jacques Monod) o dei simulacri (Baudrillard), quando i media elettronici confermano l’idea surreale e l’Intelligenza Artificiale quella futurista, non è forse necessario ghigliottinare i nuovi gesuiti “postmoderni” e gli umanologi passatisti irriducibili? Vogliamo dire… soltanto la testa!
…Assai meglio la protesi cerebrale del Dottor Marinetti e i software onirici del Dottor Breton (brain machine?) per animare i nuovi corpi iperrealisti, un sogno nuovo deve entusiasmare gli uomini-robot: la Nouvelle Machine deve archiviare i fossili! ‘Gioia di vivere e in-differenza’ (anche con Derrida), domanda l’era virtuale al suo creatore, l’Uomo, simulacro o meno che sia!
Cosicché, alla luce ‘finale’ della VR (Realtà Virtuale) e le nuove generazioni internaute, Cyberpunk-postcyberpunk, da William Gibson a Tarantino (folle poeta del cinema ‘postmoderno’) anche neofuturiste, neosurrealiste, neodadaiste, di matrice tecnoanarchica, il clone Cartesio… non pronuncia più un ‘tranquillo’0 cogito ergo sum e né ritorna al ‘tranquillante’ conosci te stesso, ma l’inquietante digito ergo sum: dall’Uomo ai Robot nel 2000? Da Dio al Computer nel XXI secolo?
La domanda dell’oracolo è superflua, simulacro ante litteram, lo stesso straordinario errore dell’attuale costellazione ‘postmoderna’: il problema è… la Terra o il Sistema Solare? Qual è l’orbita errata del Postmoderno? La pretesa d’annullare tutta la forza di gravità, esattamente come gli anarchici. Qual è la verità degli anarchici e dei postmoderni? Essere nel vortice del movimento storico, vale a dire tra l’aurora e il crepuscolo del capitalismo. Anarchia e postmoderno sono due fratture parallele e alineari nel funambolismo moderno: dalla presa della Bastiglia (modernità) alla scomparsa dell’Urss e di Saddam (postmodernità)… questo è il rendez-vous tra l’anarchia del XIX secolo e il postmoderno del XX secolo.
Gli anarchici rifiutarono Voltaire (e… Robespierre), i postmoderni l’utopia positiva: è il tempo d’immaginare, di progettare non soltanto il No creativo al mondo, ma l’ al di là del No, il Sì al futuro. Al di là dell’anarchia ci fu il marxismo, al di là del postmoderno il Grande Fratello? O il canto della Scienza felice? La mutazione elettronica attraversa oggi l’asse terrestre:
Distinguiamo due software ‘anarcocibernetici’ possibili per il terzo millennio: l’uno effimero e regressivo, fondato sulla distruzione della grande macchina sociale, l’altro rivoluzionario, critico, eretico e pre-post-moderno, fondato sulla manipolazione e l’educazione delle Macchine, l’etica della conoscenza e dell’immaginazione scientifiche. Monod, Popper, Feyarabend, Asimov, Clarke, McLuhan, Negroponte, anche Freud e Jung. L’enigma si pone urgentemente per le attuali società postindustriali: dal XX/XXI secolo: la tradizione nuova del futuro, dal futurismo e le avanguardie nell’arte alla scienza contemporanea, è progetto possibile. Chi ha il coraggio di scommettere su l’ al di là dell’anarchia e del postmoderno “tradizionali”?
(* ..prima versione, poi leggermente riveduta in La Revoltes des Chutes, Parigi, originale in francese, trad. di Marc Kober, 1992)

*2016 Dagli anni ’90 al nostro tempo, la scommessa invocata appare sempre più avveniristica letteralmente, alla luce della ormai simbiotica virtualizzazione del Reale, post Web e post Social Network. L’agghiacciante teoria dei Simulacri di Baudrillard (come fu ospitato.. da Natta in persona a un convegno quasi ultimo del fu PCI) si rivela, piaccia o meno, la mappa o stella poco polare, folle del divenire storico attuale. Il tutto complicato dalla risposta interventista semifallimentare dell’Occidente al terrorismo islamico, post 11 9, per incredibile assenza di visioni lungimeranti e non effimere, mera farmacologia militare senza poi i complimentari post conflitti in Iraq e Afghanistan piani Marshall 2.0 e evoluzioni dell’Onu come sovrastato planetario e quindi con potenzialità decisionali inrinviabili per pilotare i processi di umanizzazione economica globale anche nel terzo mondo. Non ultimo, proprio cronache recenti, i fallimenti analoghi dell’Unione Europea e la strana guerra orwelliana anche scatenata dall’Isis. Oggi la scommessa, anche per l’evaporizzazione di qualsivoglia almeno piccola grande politica, dominano l’antipolitica quasi new age e la mediocrazia finale dei governi, appare letteralmente Retro: tra sopravvivenza della veramodernità occidentale, magari anche rivitalizzata da sottomenu afroasiatici emergenti come potenze economiche e inevitabile interfaccia transculturale, o nuovi medioevi, un poco come certa science fiction cinematografica apocalittica, con raggi laser e predoni vari allo stato brado, città neomurate con scudi terrestri e terre di nessuno dai confini sempre variabili. Forse, un Change è all’orizzonte paradossalmente dal pozzo senza fondo prossimo venturo, da un colpo di reni della storia, attraverso le generazioni ex novo internautiche, nati tecnologici, nati globali, senza la pesantezza dell’essere e delle sinapsi di secoli interi che si sono forse esauriti nel Novecento stesso, come le antiche miniere d’oro (o come il petrolio entro il XXI secolo). Forse.

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Roby Guerra


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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