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da: ufficio stampa Gruppo Partito Democratico Emilia-Romagna

Il rischio che corrono i vini nostrani che prendono il nome dal vitigno è quello di essere tolti dalla lista dei vini protetti nell’Ue. Concretizzando, la proposta parte da alcuni paesi membri dell’Unione Europea che vorrebbero liberalizzare il nome dei vitigni. Quali sarebbero le conseguenze di quella che apparentemente sembra una liberalizzazione di poco peso ma che in realtà avrebbe influenze negative soprattutto per i produttori di vino italiani? Semmai si procedesse con una modifica in tal senso, si autorizzerebbe l’inserimento, nelle etichette delle bottiglie, dei nomi di varietà di vitigni ad oggi riservati solo a specificati prodotti. In pratica, per un qualsiasi vino comune europeo sarebbe possibile riportare in etichetta nomi di vitigni quali “Barbera”, “Lambrusco” o “Vermentino”, solo per citarne alcuni, tutti nomi di varietà che costituiscono la parte integrante di rinomate Dop o Igp italiane, perché caratteristiche di quei luoghi e, quindi, strettamente legate a quei territori.
Abbiamo chiesto un parere alla Senatrice Maria Teresa Bertuzzi, capogruppo del Partito Democratico in Commissione Agricoltura a Palazzo Madama, la quale sembra non aver dubbi circa l’inopportunità della proposta di liberalizzazione: “Le etichette sul vino identitario come Sangiovese, Nebbiolo o Lambrusco, non si toccano, in quanto esse sono il frutto di scelte territoriali, nello specifico italiane, che hanno puntato sulle peculiarità delle proprie produzioni”. La Senatrice, nel riconoscere l’importanza delle denominazioni d’origine su tutto il mercato europeo, si rivolge soprattutto ai viticoltori italiani, certamente preoccupati dall’idea che circola ormai da qualche giorno e continua: “L’attenzione verso le politiche di liberalizzazione è sempre alta ma i tentativi di cambiare le carte sul tavolo, purtroppo, non sono una novità. Certo è che non possiamo rischiare di togliere dalla lista dei vini protetti tutti quelli che prendono il nome del vitigno. Il timore delle imprese viticole delle province di Modena, Reggio Emilia, Parma, Bologna e Mantova, dedite alla produzione del Lambrusco o di molti altri vini DOP e IGP, nasce dal tentativo di alcuni paesi membri dell’UE, molti dei quali non produttori di vino, di stravolgere l’attuale quadro normativo al fine di liberalizzare l’utilizzo dei vitigni, per la presentazione dei vini varietali, ignorando che tali vitigni sono vincolati alle Denominazioni di Origine DOP e IGP. Sono sicura che l’autorevolezza del Governo italiano in Europa riuscirà a sventare questo tentativo e a superare questo momento di difficoltà”.
Insomma, la linea PD in Senato appare forte e chiara e diversamente non poteva essere dal momento che da anni si difendono i vini identitari e si portano avanti politiche che privilegiano la qualità a discapito della quantità. Proteggere le denominazioni di origine dovrebbe, dunque, rimanere un punto fermo nelle politiche europee di liberalizzazione dei prodotti agroalimentari. Sicuramente ne è convinto l’attuale Governo, che non perde occasione per ribadire l’importanza della tutela del Made in Italy, come ha sottolineato il Ministro Martina intervendo su tale questione. La Senatrice Bertuzzi ha poi ricordato quanto il nostro Paese, e in particolare i produttori, hanno investito nella riqualificazione dei vini puntando sugli elementi identitari legati a territori ben definiti. Ma per quale motivo oggi alcuni paesi UE vogliono cambiare approccio su uno dei cardini delle politiche di mercato comunitario, ovvero la qualità dei propri prodotti agroalimentari? “I rischi di abbandono della produzione – ci spiega la Senatrice Bertuzzi – e quindi delle terre tempo fa erano molto elevati. Non tutti hanno affrontato la sfida, ovvero non tutti hanno puntato alla promozione dei propri vitigni e alla qualità dei propri prodotti. Pertanto oggi questi paesi vorrebbero recuperare il tempo perso vanificando il lavoro fatto dai nostri viticoltori. L’allerta è massima ed è volta ad evitare che questa deriva liberista possa mettere in discussione gli sforzi di investimento fatti dai nostri consorzi. Non possiamo permettere che questa modifica si concretizzi – conclude la capogruppo PD – perché in tal caso assumerebbe i tratti di un’operazione di italian sounding inaccettabile”. L’attenzione pare essere davvero alta; i viticoltori italiani, per adesso, possono dormire sogni tranquilli.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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