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Finalmente è  arrivato il momento della partecipazione?!?
Abbiamo appreso dalla stampa cittadina che, nei prossimi giorni, partirà il progetto “Cara biblioteca”, organizzato dall’Amministrazione comunale di Ferrara e volto a coinvolgere i cittadini nella definizione del futuro del sistema bibliotecario comunale. Parrebbe una buona notizia, dopo l’insistenza con cui, in vari modi, da più di 2 anni, bibliotecari, cittadini, Associazioni che hanno a cuore le politiche culturali nella città avevano sottolineato la necessità di procedere in questa direzione.
Di criticità, però, a questo proposito, ce ne sono molte e non si può certo dire che siano il prodotto dei soliti malcontenti o che giungano improvvisati.

In primo luogo, quest’ascolto dei cittadini, organizzato tramite 5 assemblee, avviene a valle della decisione dell’Amministrazione Comunale di esternalizzare le biblioteche Rodari di viale Krasnodar e Luppi di Porotto, avvenuta nei mesi passati.
Esternalizzare, o sarebbe meglio dire, privatizzare 2 delle 6 biblioteche esistenti nel territorio comunale non è un fatto di poco conto. Ha significato cambiare volto al sistema bibliotecario ferrarese nel senso di un evidente disinvestimento e deresponsabilizzazione dell’Amministrazione comunale in questo settore.

Logica avrebbe voluto che una scelta di questo tipo, come peraltro richiesto in tante occasioni e da molti soggetti, dovesse eventualmente avvenire dopo aver messo in campo un reale processo partecipativo e di ascolto dei cittadini. Decidere prima e chiamare poi a discutere, se è ancora possibile poter dire la propria su questo cambiamento, non depone certamente a favore della bontà e delle reali intenzioni di chi oggi promuove questo percorso.

Ancor più, vale la pena ragionare su come esso si dovrebbe svolgere.
Al di là del coinvolgimento assembleare e della sottolineatura dell’importanza dell’ascolto, passaggio certamente importante e che si spera venga promosso non solo con l’informazione tramite articoli di stampa, occorre chiedersi cosa vuol dire realizzare una reale partecipazione
Se s
i intende, cioè, la reale possibilità per i cittadini, in termini individuali ma anche collettivi, di poter contare nella formazione delle decisioni. Oppure essi siano semplicemente chiamati ad esprimere un’opinione che non è dato sapere quanto potrà essere tenuta in considerazione e tantomeno influire nelle nelle scelte che si andranno a compiere.

Non mi si dica che dire ciò significa avere una posizione pregiudiziale o essere animati da uno spirito sospettoso. Basta ragionare su ciò che è successo negli anni passati, quando sono stati utilizzati varie forme e strumenti, compresi quelli  previsti dallo Statuto comunale, per sollecitare l’Amministrazione comunale ad attivare una seria partecipazione e discussione.

Nei mesi di ottobre e novembre del 2019 è stata promossa, da parte dell’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori delle biblioteche, con il sostegno dei sindacati di categoria CGIL CISL UIL, una petizione rivolta all’Amministrazione comunale che chiedeva di dar vita ad una nuova e importante struttura bibliotecaria nell’area Sud della città, procedere ad assunzioni adeguate di personale comunale e rinnovare il modello bibliotecario.

Sulla petizione sono state raccolte più di 2000 firme e, da parte dell’Amministrazione comunale, sono arrivate solo risposte generiche, ma nessun impegno concreto.
Sull’ipotesi di una nuova struttura bibliotecaria nell’area Sud della città, assistiamo all’alternarsi, quasi con un andamento carsico, di dichiarazioni di intenti e assenza di iniziative fattive in proposito.
Sulle assunzioni di bibliotecari comunali, a fronte dell’uscita progressiva degli stessi per il pensionamento, non si procede neanche alla loro sostituzione integrale.
Sulla assoluta necessità di un nuovo modello bibliotecario all’altezza dei tempi, di cui non si intravede neanche l’ombra di un impegno in questo senso.
Analogo destino l’ha subito un’altra petizione, promossa nella primavera del 2021 dal Gruppo cittadine e cittadini a difesa delle biblioteche, su cui si erano registrate un migliaio di adesioni individuali e più di 30 tra Associazioni e organizzazioni sociali e culturali, per certi versi ancora più circonstanziata nei contenuti e tanto più ignorata.

In ogni caso, se l’Amministrazione comunale è seriamente intenzionata a portare avanti un reale percorso partecipativo, lo può dimostrare con i fatti.

Esso, infatti, per essere tale, oltre al momento dell’ascolto, si regge se ha almeno altri due punti di svolgimento.
Il primo è quello, una volta terminata la fase di espressione delle domande e dei bisogni, di dar vita ad un Tavolo partecipativo, promosso dall’Amministrazione comunale, cui chiamare Associazioni e soggetti interessati alle politiche culturali nella città, rappresentanze dei cittadini che hanno partecipato alle assemblee preparatorie, gli stessi bibliotecari, il cui ruolo è fondamentale e sarebbe certamente sminuito se rimanesse limitato ad un incontro preliminare, come quello rivolto agli utenti.
Tale Tavolo dovrebbe avere il compito di elaborare proposte e allargare la discussione, chiamando anche “esperti” e confrontandosi con altre esperienze esistenti al di fuori della nostra città e che si cimentano con il tema di costruire sistemi bibliotecari adeguati agli anni che stiamo vivendo.

Da lì dovrebbero scaturire le linee di un nuovo progetto per disegnare il futuro del sistema bibliotecario a Ferrara, che poi – ed è questo il secondo punto di ulteriore sviluppo di un meccanismo partecipativo – andrebbero riportate alla discussione di tutti i cittadini interessati, con una nuova tornata assembleare.

Sono questi i basilari e sperimentati passaggi su cui si fonda una partecipazione capace di dare protagonismo ai soggetti interessati: ascolto e esplicitazione dei bisogni, costruzione di un’ipotesi di progetto di intervento, verifica della stessa attraverso una discussione larga.

Se non ci si incammina su questa strada, vuol dire che siamo di fronte ad un’idea di partecipazione guidata dall’alto, che serve solo ad autolegittimare le scelte di un’Amministrazione autoreferenziale e nessuna intenzione di tener conto di quello che pensano i cittadini/utenti e le persone che lavorano nel sistema bibliotecario.

Un modo di procedere che abbiamo già visto in passato, con Amministrazioni precedenti, e che si conferma oggi. Sul nodo biblioteche ma anche su altre questioni e situazioni.
Sembra che, da un po’ di tempo in qua, da piazza Municipale in molti si esercitino a magnificare la partecipazione e, contemporaneamente, lavorino per depotenziarla e renderla inoffensiva, rendendo residuale il ruolo dei cittadini, delle Associazioni, dei soggetti sociali e dei lavoratori.
E lo sappiamo bene, senza un vero protagonismo, nessun progetto, anche il più innovativo, riesce realmente a decollare e vivere.

Allora sì, come giustamente ha rilevato Ranieri Varese qualche giorno fa, saremmo solamente di fronte all’ennesima conferma che non c’è una volontà di assumersi responsabilità, capacità di progettare il futuro, rilanciare una forte presenza pubblica nel sistema culturale e bibliotecario della città.

Per leggere tutti gli articoli di Corrado Oddi è sufficiente cliccare il suo nome sotto il titolo.

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Corrado Oddi

Attivista sociale. Si occupa in particolare di beni comuni, vocazione maturata anche in una lunga esperienza sindacale a tempo pieno, dal 1982 al 2014, ricoprendo diversi incarichi a Bologna e a livello nazionale nella CGIL. E’ stato tra i fondatori del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua nel 2006 e tra i promotori dei referendum sull’acqua pubblica nel 2011, tema cui rimane particolarmente legato. Che, peraltro, non gli impedisce di interessarsi e scrivere sugli altri beni comuni, dall’ambiente all’energia, dal ciclo dei rifiuti alla conoscenza. E anche di economia politica, suo primo amore e oggetto di studio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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