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da: ufficio stampa La Carmelina edizioni

Stefano Vaj, Biopolitics. A Transhumanist Paradigm (La Carmelina, 2014, english version).
Edito alcuni fa , tuttavia ancora in primo piano in certo dibattito futuribile contemporaneo, Biopolitics -A Transhumanist Paradigma di Stefano Vaj, è oggi rilanciato direttamente in lingua inglese (traduzione di Catarina Lamm) dalla ferrarese (sede anche a Roma), La Carmelina di Federico Felloni, Vaj, già docente di tecnologia a Padova, neofuturista, , tra i leaders del movimento transumanista e futurologico nazionale (dirigente dell’AIT, Associazione Italiana Transumanisti, Milano, sezione italiana dell’americana HumanityPlus) in Biopolitcs,presenta una opera aperta tecnopolitica per così dire, che ha ante litteram inaugurato orizzonti sociopolitici inediti, destinata ad amplificazioni prossime sorprendenti. Esito di un background soggettivo originalmente postmoderno e neonietzchiano, alla francese tra Lyotard, Derrida, Baudrillard, Onfray, Faye e lo stesso Alain de Benoist, Vaj trascende certo necessario tecnonichilismo del secondo fine novecento, la frattura dal moderno, la fine dell’ideologia, della storia e della politica stessa, del pensiero a una dimensione, filosofico o sociale, di destra o sinistra, poco importa. Biopolitics… è uno dei tentativi, più spregiducati in circolazione per certa la fusione della critica radicale postmodern autentica (poco percepita in Italia, dove il postmodern è stato al massimo volgarizzato da certi epigoni del 77 o esorcizzato dal modernismo ideologico paragramsciano) con le nuove pulsioni conoscitive tecnoscientifiche, l’avvento dell’informatica di massa, delle biotecnologie e di Internet.
Vaj scommette, controcorrente, nell’epoca dove caos , relativismo e forme di pensiero liquide quasi diventano assiomi propulsivi ma ambigui nella dimensione conoscitiva ed esistenziale (indirettamente nella sfera politica e mediatica), un al di là, un Sì al mondo, nonostante l’ombra della mercificazione e della reificazione assurti a paranormalità socialmente condivisi…
E lo fa in Biopolitics…, senza alcun proclama metafisico o new age: al contrario, la scrittura è un medium freddo, intriso di estetismo inedito, un bolero techno dove la storia tecnologica della nostra cultura è attraversata e riformattata alla luce di scanner , spesso culturalmente e politicamente alternativi, controculturali rispetto anche al pensiero alternativo stesso…
Ne deriva il ruolo della tekne , della tecnoscienza, strutturale fin dai vagiti dell’Occidente, in tale surf psicotorico, quasi, tra gli echi stessi di McLuhan e oggi De Kerckhove; la denuncia di certo ruolo ambiguo dell’archetipo cristiano (ma in ottiche critiche non riducibili a certo storicismo o laicismo anche positivista), poi virus nello stesso liberalismo o socialismo di certo universalismo che confonde i codici, pericolosamente, identificando la libertà e l’uguaglianza giuridica fondamentali in democrazia (Tocqueville sullo sfondo anche), con la ineluttabile diversità genetica e anche culturale-identitaria, differenze alla base di qualsiasi progresso e autentica dialettica non banalmente o soltanto verbale o storicistica.
E’ possibile una globalizzazione, alla luce di Internet, una planetizzazione nell’interfaccia dei liberi individui o multividui… delle singole peculiari nazioni, intese come corpi culturali differenti e viventi non meri file contabili in qualche banca dati dell’Onu…o delle Multinazionali?
Nell’assioma simultaneo dei diritti umani bioumani universali e giuridici, ma l’uguaglianza come punto di partenza per accelerare le libera interfaccia dei talenti umani e collettivi differenti, la stessa evoluzione sociale postumana, insita nella natura-macchina della nostra specie, destinata nel prossimo futuro ad amare le stelle?
O con le parole stesse dell’ autore da una recente intervista su hPlus (magazine americano di HumanityPlus), qua in Italiano (tradotta poi su La Notiziah24, Roma): D “Umanesimo, postumanesimo o addirittura un antiumanesimo?.. R (Stefano Vaj) La vera questione è il superamento dell’umanismo, cui è ad esempio dedicato un intero numero della rivista teorica dell’Associazione Italiana Transumanisti, Divenire. Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e il postumano, con contributi di Riccardo Campa, Luciano Pellicani, Roberto Marchesini, Aldo Schiavone, Mario Pireddu, Salvatore Rampone, Max More, Rémi Sussan, Roberto Guerra, Emmanuele Pilia, Ugo Spezza e il sottoscritto. Perché naturalmente,alla base di una trasformazione postumana non può che esserci una cultura postumanista. E del resto i legami intrinseci tra transumanismo, sovrumanismo (nel senso di Nietzsche, Heidegger e Marinetti) e postumanismo, sono perfettamente chiari agli avversari “umanisti” di tutte queste cose, da Kass a Fukuyama, da D’Agostino a Habermas a McKibben, più di quanto non lo siano a molti transumanisti…”.

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Riceviamo e pubblichiamo


PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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