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Presentazione di Roberto Paltrinieri

Tra i molteplici effetti positivi dello scrivere vi è la capacità di suscitare nel lettore emozioni, muovere tutta una serie di riflessioni, considerazioni personali a volte così profonde e coinvolgenti da far nascere una significativa relazione tra chi scrive e chi legge.
Certo si tratta nella maggior parte dei casi, di una relazione “ a distanza”, ma in alcuni casi fortunati si trasforma in una relazione interpersonale vera e propria.
Proprio questo è capitato tra il sottoscritto e Carmelo Galeotti, di cui ho il piacere di presentare su questo giornale, un suo scritto sul primo bombardamento avvenuto verso la fine della seconda guerra mondiale, a Ferrara nel dicembre del 1943.
Carmelo aveva letto alcuni miei racconti pubblicati su FerraraItalia, che avevano suscitato ricordi molto piacevoli sulla sua giovinezza. Pochi mesi fa ho ricevuto una sua graditissima lettera dove mi sono reso conto che Carmelo, per gli amici Melo, oltre che essere un distinto signore di novantasette anni ancora molto attivo, è un valente scrittore.

Carmelo Galeotti nasce a Messina nel 1925. Vive la sua adolescenza a Tripoli di Libia, allora Colonia italiana dove, dopo la crisi mondiale del 1929 si è trasferita la sua famiglia e dove il padre ha un bar gelateria, una torrefazione di caffè e una piccola distilleria.
Nel 1940, con la Seconda Guerra Mondiale, Tripoli è territorio Oltremare e zona di operazioni di guerra.
Nel 1941 deve interrompere gli studi e poi rientrare i Italia dove, dopo varie peregrinazioni come profugo di guerra, arriva a Ferrara nel 1943.
Qui continua gli studi e nel 1949 si laurea in ingegneria civile nell’Università di Bologna.
La sua attività professionale si svolge tutta nell’Ente Pubblico. Prima , per un anno, come assistente volontario, senza stipendio, nell’Istituto di Scienza delle Costruzioni dell’Università di Bologna, poi nel Comune di Ferrara e poi, in Provincia di Ferrara dove, concorso dopo concorso, giunge al grado apicale di Ingegnere Capo.
Dal 1990 è in pensione.

Carmelo è anche uno scrittore particolarmente dotato.
Pochi anni fa ha scritto un libro di natura autobiografica dal titolo che prende il nome da quello della sua famiglia ,“Galeotti”, ma che in verità è molto più di una banale saga di una famiglia siciliana, è piuttosto un vero atto di amore verso la Vita.
Un libro bellissimo, ancora non pubblicato, che ho avuto il piacere di leggere, dove viene riportata anche la descrizione del primo bombardamento su Ferrara nel ’43.

Ed ecco che sono arrivato.
Carmelo legge il mio racconto L’amore di Nina, racconto che prende il via dalle conseguenze del secondo bombardamento su Ferrara del 28 gennaio del 1944. e mi propone di pubblicare per il giorno dell’anniversario di quell’avvenimento terribile per la nostra città, il brano sul primo bombardamento tratto dal suo libro.

BOMBE SU FERRARA

di Carmelo Galeotti

Era un mercoledì. La giornata si annunciò fredda e senza vento, il cielo sin dalle prime ore, divenne azzurro così profondo come raramente accade a Ferrara, città piatta e liscia di pianura, figlia sottomessa della nebbia.
Melo e Valentino, suggestionati da queste frizzanti condizioni atmosferiche, dopo la frugale colazione a base di caffè di orzo tostato e macinato fatto in casa da mamma Maria, uscirono di casa respirando a pieni polmoni.
Non avevano impegni per quel mattino
La loro giovane età e l’eccezionale bel tempo avevano fatto effetto di una inconsapevole euforia.
Di certo, non sarebbero stati così euforici se il tempo fosse stato come nelle settimane precedenti, con le giornate piene zeppe di nebbia fitta e umida da gelare le ossa, con la gente dall’aspetto triste che si trascinava per le strade con facce smunte e occhiaie livide.
La bella giornata li aveva contagiati e erano speranzosi, non avevano dubbi le cose sarebbero certamente cambiate in meglio.
Per l’avvenire il tempo avrebbe giocato a loro favore.
D’altronde …peggio di come erano ora le cose….
Si diressero verso la piazza del Duomo dove c’erano cartelloni che portavano affissi le copie della stampa locale: il Corriere Padano ed un altro giornalucolo, edito dalla Federazione Fascista, poi c’era una copia del Bollettino di guerra del giorno precedente, poi c’erano i manifesti degli spettacoli dei cinema.
Sfiorarono con una occhiata il Corriere che, con un titolone, riportava:
“a Ortona le truppe germaniche hanno scritto una pagina di storia”
In seconda pagina, invece, lessero notizie che li fece sorridere:
“ …la Finanza ha inferto un duro colpo al mercato nero : sequestrati 52 chili di residui di tabacco..”
Ormai anche le cicche mozziconi di sigari e sigarette raccolti per terra, residui di tabacco fumato, erano diventate merce di qualità protetta.
“ … in via Voltino n° 5 , con un colpo ladresco i soliti ignoti hanno rubato un rimorchio di cui non si sa il valore, forse 18.000 lire.
La signora Pastorelli Maria ha udito i rumori dei ladri ma non è intervenuta perché è rimasta a letto…”
“… in questi giorni, per il mese in corso, saranno distribuiti 50 grammi di grasso in sostituzione dei 50 grammi di burro che non erano stati distribuiti…)
L’attenzione maggiore, però, la concentrarono sulle locandine dei cinema.
A Ferrara ne funzionavano sette: il Nuovo, l’ Apollo, il Ristori, il Boldini, il San Pietro, l’Estense in piazza Municipale, il Diana in piazza Travaglio.
Poteva essere lo svago per il pomeriggio, tanto più gradito perché assieme ad Armando Rosella, figlio del Comandante dei Carabinieri della caserma Pastrengo sarebbero entrati gratis al cinema.
Il maresciallo Rosella, di solito, comandava un carabiniere di accompagnare i tre ragazzi fino all’ingresso del cinema, poi con un cenno di intesa al botteghino li faceva accomodare nelle poltrone di platea.
Si avvicinava mezzogiorno quando decisero di tornare a casa per dare una mano alla mamma per il pranzo.
Si apparecchiava la tavola, si grattava un po’ di formaggio da una rinsecchita crosta di parmigiano, si andava a prendere in cantina un paio di tronchetti di legna da ardere nella “cucina economica” a tre fuochi e fornetto.
I tronchetti di legna costituivano un combustibile problematico perché la legna era umida, faceva fumo, aveva un potere calorifero basso e bisognava avere molta perizia e tanta pazienza, per ottenere un fuoco sufficientemente acceso.
Per ottenere qualche vantaggio, nelle settimane precedenti nelle lunghe serate d’autunno si era ricorso a creare del combustibile alternativo.
La trovata consisteva nell’appallottolare palle di carta di giornale, da incarto ed altro, macerate in acqua e lasciate essiccare.
Le palle di carta non producevano molto calore ma avevano il vantaggio di bruciare rapidamente così da essere un buon comburente per i tronchetti legna e per qualche misero pezzo di carbone coke.

Dopo la colazione di mezzogiorno, toccò a uno dei due fratelli lavare i piatti sfregandoli con la cenere delle palle di carta raccolta nel cinerario del fornello della cucina.
Gli altri ascoltavano la voce della radio, quella nazionale dell’EIAR a volume normale, quella di Radio Londra quasi un bisbiglio.
Erano da poco passate le 13,30 quando un cupo ronzio di aerei si fece sempre più forte provenendo da ovest.
Certamente uno stormo di bombardieri.
Con il sole alle spalle era la condizione ideale per bombardare Ferrara eludendo l’artiglieria contraerea.
Ma la contraerea non sparò neanche un colpo, non ci fu nessuna reazione.
Probabilmente gli artiglieri stavano facendo la digestione del rancio, giocando a carte.
Il bombardamento, il primo di una successiva lunga serie, su Ferrara città inerme, fu molto brutto
Tutta la famiglia Galeotti scese a rotta di collo le scale dall’ultimo piano dell’edificio fino all’interrato della cantina
L’edificio sorgeva a qualche centinaio di metri dalla stazione ferroviaria e le bombe caddero a grappoli così vicine che le finestre furono divelte, i portoni sventrati.
Non ci fu nessuno scampo per quei sventurati delle case colpite.
Dopo qualche minuto il ronzio dei bombardieri si allontanò verso est lasciando Ferrara sotto una densa nuvola gialla.

Il racconto del bombardamento di Ferrara, corre il rischio di cadere nel banale usando i soliti aggettivi di effetto privi di originalità identici a tanti altri racconti di analoghi avvenimenti.
Ciò capita perché può identificarsi con il fenomeno psichico dell’alterazione dei ricordi per indurre nei lettori o gli ascoltatori di oggi quel senso tragico e angoscioso di allora.
D’altronde, dopo oltre settanta anni, un racconto aderente alla realtà del vero avvenimento creerebbe poche emozioni.
La dura realtà è che in quel primo bombardamento morirono nel giro di pochi minuti trecento dodici persone, uomini donne bambini.
Nei mesi successivi, molti altri disgraziati morirono per lo scoppio di residuati bellici.
Oggi, quando si trova qualche residuato bellico arrugginito corroso e quasi inoffensivo, la stampa ed i media ne danno un risalto nazionale.
Si evacuano interi quartieri cittadini e si paralizza ogni attività per ore poi si fa brillare l’ordigno profondamente interrato che scoppia con un soffocato rumore.
Nel bombardamento di Ferrara, in quel primo bombardamento, di quegli ordigni ne esplosero in pochi minuti qualche centinaio.
Negli oltre venti bombardamenti ed incursioni su Ferrara, di quelle bombe di aereo esplosero migliaia.
Melo e Valentino, frastornati per lo scampato pericolo, uscirono per strada ancora sotto il fitto polverio dei mattoni e dei calcinacci polverizzati dalle bombe.
Intanto che il vento disperdeva la fitta nuvolaglia videro gente impaurita che correva o che si guardava attorno indecisa che fare.
Gente incredula e sbigottita.
L’impressione più impressionante la fece un tizio, un poveraccio, che in mezzo alla strada, si muoveva come se cercasse una direzione dove andare.
Era come uno di quei manichini usciti dal pennello di De Chirico.
Al posto della testa di un comune normale essere umano, con i capelli, il naso, la bocca, aveva un’informe testa
Una testa a forma d’uovo, che a differenza dei manichini di De Chirico aveva quattro fori: due per gli occhi e le due per le narici in cui le palpebre degli occhi battevano in cerca di pulizia e luce e le narici si dilatavano in cerca d’aria.
Una mano poderosa sembrava che l’avesse preso per i piedi e a testa in giù l’avesse immerso una vasca piena di una liquida poltiglia di malta da muratore.
Il poveraccio si sfregò li occhi e si pulì la bocca e, dopo qualche istante, come se avesse indovinato una direzione, barcollando voltò l’angolo e sparì.
L’indomani mattina, 30 dicembre 1943, quando aprì l’Anagrafe del Municipio, c’era una ressa di persone davanti la porta dell’ufficio dell’Ufficiale dello Stato Civile.
La moltitudine di persone stava facendo la coda per denunciare la morte “per incursione aerea” di congiunti o amici.

Nel giro di pochi minuti gli stampati di “dichiarazione di morte” si esaurirono, e una squadra di dattilografe dovette fare gli straordinari fino a sera per stampare a macchina le dichiarazioni sostitutive.
Per guadagnare tempo, l’Ufficiale di Stato Civile ordinò alle dattilografe di scrivere negli Atti “ m. p. i. a.” al posto di “morto per incursione aerea” e, “U.S.C.” al posto della firma: “L’Ufficiale dello Stato Civile”
Gli Atti di morte di quel primo bombardamento, tuttora conservati nell’Archivio dello Stato Civile, sono trecento dodici.
In essi figurano 176 donne e 75 bambini, di cui il più piccolo aveva otto giorni e il più grande quindici anni.
Alla fine della guerra nell’aprile di due anni dopo, soltanto nel Comune di Ferrara, si contarono i morti : 1071 civili di cui circa 800 donne e circa 250 bambini.

Oggi, scrivendo ad oltre settanta anni, della tragica fine di circa duecento cinquanta bambini, si viene colti da una amara tristezza:
“..neanche Erode nella strage degli innocenti era stato capace di tanto..”
Questo fu il luttuoso contributo di Ferrara, città che a detta dei soliti “saputissimi” doveva essere una città “a vocazione agricola”, di “scarso interesse bellico” non “bombardabile” perché “città di Italo Balbo amico degli inglesi e beneamato dagli americani”
L’esperienza e, in particolare questo tipo di esperienza, insegna ed ammonisce: mai dare credito ai soliti saputissimi.

Cover: Ferrara bombardata – i luoghi del disastro (immagine tratta da: https://resistenzamappe.it/)

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Roberto Paltrinieri


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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