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Da: Ufficio Stampa Comune di Bondeno

Fabio Bergamini: “Un ponte per unire il territorio e per guardare verso il futuro”.

«E’ un ponte che unisce e che guarda verso il futuro, ad una nuova viabilità che si innesta a quella nascente verso il modenese, la futura Cispadana e il polo della ceramica. Ci sono voluti più di trent’anni, ma quello che inauguriamo oggi è realmente il ponte di tutti i cittadini di Bondeno». Così il sindaco di Bondeno, Fabio Bergamini, a cui hanno fatto eco il sindaco di Ferrara (ed ex primo cittadino matildeo) Alan Fabbri, e l’assessore ai lavori pubblici, Marco Vincenzi, nel giorno dell’apertura ufficiale del nuovo ponte di Borgo Scala. Un ponte che è stato intitolato alla figura dell’indimenticato mosignor Marcellino Vincenzi, che per tutti resta semplicemente “don Marcello”. Una cerimonia che si è svolta alla presenza dei suoi familiari, del parroco don Andrea Pesci, con il co-parroco, don Andrea Frazzoli, ed altri sacerdoti del territorio. «Giovanni Paolo II – ha detto durante la benedizione don Pesci – amava raccomandare di costruire ponti e non muri. Sono lieto che tra le opere che potevano essere dedicate a don Marcello sia stato scelto proprio un ponte». Il ponte in questione era atteso dal 1985 – come sottolineato dal sindaco Bergamini – ed è passato attraverso l’alienazione del Fondo Zanluca, ed un investimento da circa 3 milioni di euro per realizzare l’attraversamento sul canale di Burana (a cura di RT Verzaro Srl e DA Carpenterie Srl), la rotatoria e via Rolando Malaguti, che è il suo asse viario. «Rimangono da realizzare l’adeguamento all’incrocio di via Generale Dalla Chiesa – ha aggiunto l’assessore Vincenzi – l’imbocco della ciclabile verso la provinciale e l’asfaltatura di via Comunale per Burana. Attendiamo, a questo punto, che la Regione onori il proprio impegno per completare la Circonvallazione Ovest, dal momento che noi stiamo già lavorando alla progettazione». Nel cuore della nuova viabilità, che sarà da ora ufficialmente aperta al transito, è stata collocata la storica gru dell’ex zuccherificio, restaurata dagli imprenditori di Bondeno e che costituisce l’ultimo baluardo di un’economia novecentesca di tipo agroindustriale.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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