Skip to main content

“Valico del Brennero! Brennerpass!” segnalava a voce alta il capotreno passando nei corridoi dei vagoni di prima, seconda e terza classe su quei treni in cui non esistevano ancora display e squillanti annunci impersonali, ma persisteva una rigorosa distinzione tra viaggiatori privilegiati e poveri cristi, turisti snob o emigranti nel viaggio della speranza. Ed era il fermento, ancora prima che il mezzo si fermasse per cambiare la locomotrice, poiché le reti elettriche tra Austria e Italia erano diverse per voltaggio e caratteristiche. Una vera e propria fibrillazione che agitava tutti, mentre si esibivano documenti, si aprivano borse e valigie per il controllo e si mettevano a zittire bambini troppo chiassosi, rimanendo con il fiato sospeso fino al momento in cui poliziotti di frontiera e finanzieri passavano oltre. Era il “Brennero” e lo si pronunciava con solennità e timore reverenziale, scrutando ansiosamente dai finestrini in attesa di scorgere chissà che.

Non è vero che tutte le frontiere alla fine sono uguali: ci sono frontiere siglate col sangue, altre che raccontano di convivenze pacifiche, di relazione e scambio, quelle che lasciano indifferenti perché rappresentano solo un rapido e anonimo passaggio e ancora frontiere che sottolineano la profonda e definitiva cesura tra un territorio e l’altro, così diversi da rappresentare un tristissimo, irreversibile spartiacque. Il Brennero è da sempre al centro della Storia e conserva nei suoi cippi e pietre miliari piccoli, ma autorevoli, frammenti degli avvenimenti che ne hanno fatto quasi un mito. Fin da epoche remote il valico è stato la via di comunicazione più importante tra Mediterraneo e Mare del Nord, scenario di flussi migratori ininterrotti di popoli e genti, per commercio, conquista o guerra. Si pensi alla calata dal Nord degli Illiri nell’Età del bronzo, alle strade militari di epoca romana, battute dalle truppe di Settimio Severo, Marco Aurelio e Caracalla che attraversavano il passo, alle fortune dei conti di Tirolo che incassavano ricchi pedaggi per le merci, alla crescita che lo ha visto protagonista in epoche successive come nel periodo di espansione commerciale di Venezia oppure durante l’Impero Austro-ungarico, quando nel 1867, sul valico, fu inaugurata la ferrovia di comunicazione interna, la prima linea ad attraversare la catena alpina.

Nel 1919, dopo la prima Guerra mondiale, con l’annessione del Trentino-Alto Adige all’Italia, il Brennero assunse un ruolo ancora più importante, diventando zona di confine tra i due Stati. Nel 1939, in periodo fascista, fu costruito lo ‘sbarramento del Brennero’ che attraverso un sistema di bunker e arroccamenti dislocati in paese e nei territori circostanti permettesse di controllare l’accesso al passo. Nel 1940, proprio al valico, avvenne lo storico incontro tra Mussolini e Hitler che sancirono ufficialmente la loro alleanza e ancora, nel 1943, il passo fu bersaglio importante dei bombardieri, allo scopo di compromettere il sistema di rifornimento per le truppe tedesche in Italia. Da ricordare l’immagine dei convogli che transitavano di là con il loro triste carico di ebrei, destinati ai campi di concentramento tedeschi.
Solo alcune date e riferimenti che permettono di percorrere la storia di questo passaggio alpino le cui fondamenta vanno ricercate nel costante e trafelato spostamento di un’umanità perennemente in viaggio, mossa e travolta da necessità, drammi, ambizioni, aspirazioni, smanie, ideali, desideri, paure. Erano gli anni Sessanta, quando in Alto Adige si verificavano attentati per opera dei separatisti. E ancora una volta il Brennerpass diventava teatro del clima di tensione che caratterizzava quel periodo. A Malga Sasso, lì vicino, fu fatta saltare una casermetta della Guardia di Finanza causando la morte di tre finanzieri. Era lo stesso periodo in cui al valico era visibile un cartello con la scritta: “Süd-Tirol ist nicht Italien!”, “Il Tirolo del Sud non è l’Italia!” Un grande cartello che poco ha a che fare con il cippo datato 1921, inaugurato al valico, alla presenza di re Vittorio Emanuele III e della regina Elena, che recava l’inscrizione: “Hucusque audita est vox tua Roma parens”, “Sin qui, madre Roma, si sente la tua voce”.

L’1 gennaio 1995, secondo gli accordi di Schengen, sono stati aboliti i controlli sistematici delle persone alle frontiere tra Paesi aderenti e il 19 novembre dello stesso anno, abbattute definitivamente le frontiere stesse. Per rilanciare l’economia del Passo e del paese di poco più di 2000 abitanti, sul luogo del vecchio edificio della dogana italiana, nel 2007 è sorto il Designer Outlet Brenner, un grande polo commerciale e un moderno centro di ristoro, segno dei tempi. Dobbiamo arrivare ai giorni nostri, per capire che la storia del Brennero continua e prosegue con un nuovo flusso migratorio. Sono i nuovi immigrati, vogliono passare il valico, come ha fatto l’umanità che li ha preceduti, dopo averlo raggiunto attraverso peripezie di ogni genere. La storia non cambia. Bivaccano là in attesa che arrivi il loro turno, è il passaggio più ovvio per raggiungere il resto d’Europa. Indignazione, reticenze, rifiuti, veti, sbarramenti, nuovi cantieri per la costruzione di un centro di identificazione. Discussioni, proteste, manifestazioni, scontri fisici ed anche ideologici, e poi cala il silenzio. È tornata la frontiera, quella vera. Una parabola, quella del Brennero, che non conoscerà fine.

Vorrei che avesse ragione Zygmunt Bauman quando sostiene che “Le frontiere, materiali o mentali, di calce e mattoni o simboliche, sono a volte dei campi di battaglia, ma sono anche dei workshop creativi dell’arte del vivere insieme, dei terreni in cui vengono gettati e germogliano (consapevolmente o meno) i semi di forme future di umanità.”

*Liliana Cerqueni è laureata in Lingue e Letterature straniere. Vive a Primiero San Martino di Castrozza (Trento) dove ha insegnato Tedesco e Inglese. Ha pubblicato ‘Storie di vita e di carcere’ nel 2014 e ‘Istantanee di fuga’ nel 2015 con la casa editrice Sensibili alle Foglie.

tag:

Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it