Skip to main content

Cosa accomuna i due eventi, il voto sulla Brexit e quello negli Stati Uniti, e quale sarebbe il logico econseguente risultato del referendum sulla Riforma Costituzionale Renzi-Boschi?

Analizzando i primi due eventi appena passati, ma di cui viviamo ancora le emozioni: sembra che il messaggio da decifrare debba essere cercato nell’insofferenza delle persone comuni. Insofferenza verso la mancanza di cambiamento promesso da più parti e mai percepito nella vita reale, dai cittadini, dai piccoli imprenditori, da quelli che pagano le tasse e quando non ce la fanno più passano alla caritas, senza clamore o visibilità mediatica.
La Gran Bretagna ha una storia di dominio dei mari, di colonialismo e di imperialismo. Ha inventato l’economia moderna, ha tenuto in scacco interi continenti, ha disegnato i confini di tanti Paesi lontani insieme ai loro destini. Poi ha ceduto nominalmente il passo alla sua ex colonia, gli Stati Uniti d’America, perché, benché vincitrice delle guerre mondiali, ne era uscita molto ridimensionata e inadeguata a condurre le fila sul piano internazionale dove nuovi colossi si affacciavano in maniera antagonista e altrettanto aggressivi commercialmente e soprattutto ben in armi.
Ma non ha mai rinunciato a dire la sua e ha continuato a farlo in maniera diversa, attraverso la sua City, il regno della finanza, dei mercati, della globalizzazione. Perché in fondo, oggi, le guerre serie non si vincono e nemmeno si combattono con gli eserciti in armi, queste sono rimaste oramai prerogative regionali, buone per tenere vivo un certo tipo di business, le tensioni localizzate e soprattutto per attirare l’attenzione del pubblico dotato di tv.
Gli eserciti sono stati sostituiti pian piano dagli uffici dei grandi palazzoni della city o di Wall Street, da dove puoi decidere di distruggere un Paese, un’economia regionale, una moneta nazionale costruendo derivati, inondando il mondo di carta straccia e poi togliendola al momento opportuno. Scommettendo sul prezzo del grano, come del petrolio o semplicemente attaccando un Paese svendendo i suoi titoli di stato, per far svalutare e poi ricomprare (ricorda gli anni Novanta?).
Tutto si può fare, oggi, attraverso il computer e il compiacimento di governanti poco attenti alle sorti dei loro cittadini, che siano africani o europei non cambia per Soros, Black Rock e colleghi.

Tutto uguale sulle due sponde dell’Oceano Atlantico? Le stesse cose con attori diversi, penserete. No, neppure. Gli attori sono sempre gli stessi e vivono sempre dietro le scrivanie di quei grandi palazzi di vetro, sono pochi ma agguerriti. Più di quei re che mettevano insieme gli eserciti, quando il sangue si vedeva scorrere dopo l’affondo crudele di una spada. Le grandi invenzioni dell’ultimo secolo, dopo le grandi guerre. Puoi conquistare molto di più e con meno rumore, senza eserciti che si muovono attraverso gli Stati, così la gente pensa che vada tutto bene e che se c’è la disoccupazione, in fondo, è anche un po’ colpa tua che non sei adeguatamente preparato.
Dopo la caduta della Lehman Brothers del fatidico 15 settembre 2008 l’America si è risvegliata bruscamente dopo gli anni della rincorsa al mutuo selvaggio. Sembrava incredibile fino ad allora che le banche addirittura ti chiamassero a casa per concederti il terzo mutuo e chissà come mai a nessuno veniva in mente che potesse esserci qualcosa di falso in tutto quella bontà, quella voglia delle banche, dei finanzieri di lavorare per la gente, per il sogno americano della casa. Invece era tutto finto, tutto per creare il debito necessario a produrre profitti incredibili per chi lavorava dietro quelle scrivanie dei palazzoni di vetro di Wall Street come della City di Londra che niente avevano a che fare con i sogni della gente, che ancora allora non lo aveva capito.

Una crisi figlia delle scelte politiche iniziate negli anni Ottanta e culminate con l’epoca Clinton e mai messe a posto nemmeno nell’epoca del grande Obama, il primo presidente nero e subito vincitore del Nobel per la Pace, che dopo la crisi permise non solo ai grandi amministratori delegati falliti di avere tutte le loro ricche liquidazioni, ma mentre chiedeva agli operai austerity e accettazione di contratti meno favorevoli di quanto avessero goduto prima (e ben vengano poi i vari Marchionne ben allineati) non poneva nessun limite alle crisi del futuro. La crisi del ’29 non aveva insegnato nulla al primo Presidente nero della storia e dopo il 2008 invece di pensare al sogno americano, della middle class, davvero alla casa e lavoro per tutti si limitò a pensare, al solito, a lasciare in pace la finanza, libera di ricominciare i giochi al massacro, di operare come e più di prima, anzi per esserne evidentemente sicuro, Obama accettò nel suo staff economico tutti quelli che avevano procurato quei disastri.
E poi? Poi la Federal Reserve inizia l’operazione di Quantitative Easing, cioè comincia a stampare denaro per rimettere in sesto l’economia distrutta. Piovono miliardi di dollari come non se ne vedevano da tempo e tutti insieme e la disoccupazione scende. Ma davvero? Fuori dalle statistiche si vede sempre più un’America che arranca, conflitti razziali, gente esclusa, problemi di immigrati e tanta troppa gente che non creca nemmeno più lavoro (IlSole24ore dice 90 milioni) ed esce fuori dalle statistiche.

Disoccupazione apparente al 5%, ma forse reale al 30%? Comunque troppa per chi si aspettava l’avverarsi del sogno.

Stampare soldi con il Quantitative Easing delle banche centrali non è esattamente come buttarli dalla finestra, perché in questo caso qualche poveraccio che passa lo accontenti. Come fanno loro, i soldi seguono un percorso preciso e vanno esattamente dove si vuole farli andare ovvero, attraverso le banche, verso la finanza che in questo può ricominciare il gioco perverso dei monitor, delle scrivanie e dei palazzoni di vetro. Così lontani dalla vita reale e quotidiana di tutti noi.
Sembrava impossibile che la gente cominciasse a capire questi meccanismi e invece qualcosa è successo. Quando segui una via dritta hai sempre un po’ paura a cambiare strada, a deviare. Andare dritto sulla strada che conosci anche se la vedi insidiosa ti dà sicurezza e ci vuole coraggio per dire basta, voglio cambiare. Inglesi e americani, quelli che non vivono seduti a quelle scrivanie lo hanno percepito nonostante abbiano fatto di tutto, stampa, televisione, sondaggi, opinionisti, a rivestire di altri significati queste votazioni.
La gente normale ha scelto tra seguire un solco tracciato da altri e dare un segnale di discontinuità, di malessere, hanno voluto dire che vogliono il cambiamento, cambiare strada, cambiare atteggiamento. Che gli interessi di quelle scrivanie, di quei monitor e di quei computer che fanno operazioni ogni millesimo di secondo e distruggono intere civiltà in un attimo non gli appartengono più. E nemmeno quelle persone che vogliono convincerli che gli interessi dei capitali che devono muoversi liberi attraverso i continenti siano i loro interessi. Che i principi della globalizzazione che li rende schiavi di prodotti importati, che a volte gli rubano il lavoro o gli abbassano gli stipendi non sono i loro principi. Che le borse che oscillano o le monete che fluttuano non siedono a tavola con loro quando la sera si riuniscono con le loro famiglie in attesa del film della sera, seduti sul divano, magari accoccolati dal senso della famiglia.

E adesso la Riforma Costituzionale di un governo che ci chiede un cambiamento, ma quale cambiamento? Velocizzare, decidere, governare, gli interessi europei, gli interessi del mercato, internazionali. Via il vecchio, avanti il nuovo dei giovani, quelli che sono positivi, che sorridono in TV e hanno la battuta pronta, il pantalone alla moda ridicolmente corto, di quelli cresciuti a pane e City. Di quelli convinti e legati agli interessi delle fluttuazioni borsistiche anche se non hanno mai visto un titolo, un’azione. Non ne posseggono, non sanno come possa funzionare, ma sono convinti, grazie ai propagandati valori della velocità, che a volte vuol dire pensare poco. Di quelli convinti che l’informazione venduta ai talk show come verità inconfutabile sia davvero la verità inconfutabile e lo specchio della loro vita.
E soprattutto di quelli che pensano che quelle fluttuazioni dipenda davvero il loro futuro.

No grazie! Mi piacerebbe che le persone continuassero il solco aperto dalla Brexit e dalle elezioni presidenziali americane. Non per Trump, non per la May, non per loro, ma per le persone, la gente reale, quella che vuole altro e comincia a cercarlo dove e come può. Mi piacerebbe che si svegliassero dal torpore mediatico e cominciassero a vedere altro e soprattutto oltre. Il loro interesse, cosa è veramente importante per la loro vita quotidiana. Cosa realmente non funziona e tra questo mi piacerebbe ci mettessero un governo che governa solo i suoi interessi e i grandi interessi e li confonde con quelli del salumiere, del macellaio, del fruttivendolo, dell’operaio. Tutti insieme indistintamente legati al filo della finanza, del debito continuo, dei derivati senza controllo, delle banche e dei prestiti non concessi.
E che la gente pensasse ancora alle arance siciliane, all’olio pugliese, alle colline molisane, alla pianura emiliana, alle industrie venete, a Milano, a Roma, alla terra dei fuochi, anche alla corruzione e si chiedesse se cambiare in tutta fretta, in maniera incomprensibile, senza un serio dibattito, con piccoli inganni e false pubblicità una Carta Costituzionale mai completamente applicata, offesa continuamente, messa da parte in maniera scandalosa e che invece avrebbe potuto essere, così esattamente com’è risolutrice di tante tragedie quotidiane sia la ‘loro’ soluzione.

Se l’avessimo applicata, come pure governanti, Giudici Costituzionali e Presidenti della Repubblica avevano il dovere di fare, non avremmo avuto le cessioni di sovranità avute finora e che ci hanno portato al dominio di entità sovranazionali, sempre di più all’impotenza di fronte ai fenomeni locali e quotidiani che invece andrebbero governati con velocità, attenzione, passione, vicinanza e che hanno schiavizzato intere popolazioni, come la Grecia, abbattuto il nostro pio, fatto aumentare il debito pubblico, costretti alla svendita di beni dello Stato che ci rendono sempre più poveri e indifesi. Che hanno impedito una ripresa economica in nome di una assurda austerità che aumenta disoccupazione e allontana le persone dalla serenità di una vita normale.
Auspico una continuità nel risveglio delle popolazioni, seguendo l’esempio di chi ci ha preceduto e che ha sorpreso tanti ma non quei pochi, come chi scrive, che da anni insegue il sogno del cambiamento e che spera che la prossima manifestazione di volontà continui ad indicare la volontà popolare e un nuovo sogno italiano.

tag:

Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it