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Se vuoi ridicolizzare chi problematizza una narrazione, svia l’attenzione su questioni secondarie e fingi di indagarle. Ti allontanerai così dalla questione iniziale!

Deve saperne qualcosa “Mamma Rai”, se lo scorso 11 settembre ha trasmesso sul secondo canale il documentario dal titolo “11/9 Verità, Bugie e Cospirazioni”, curato da Rai Documentari. Un reportage che nella presentazione promette di indagare sui dubbi che avvolgono quella giornata americana, ma che nel suo svolgimento si dimentica di farlo. La prima metà della trasmissione finge di porsi domande sulla verità riguardante gli attentati, grazie alle quali le posizioni non combacianti con la versione ufficiale vengono già obliquamente derise: possiamo fidarci, o si trattò di un “complotto internazionale” – come se fosse necessario il coinvolgimento di intere Nazioni – ? E attraverso la presentazione degli “autoproclamati paladini della verità”, persone che hanno sollevato dubbi, vengono sciorinate le cosiddette “teorie alternative”, in un gran calderone confusionario, frutto dello “scetticismo popolare”. La rete, afferma la voce fuori campo, “favorisce la diffusione di queste teorie”, e “dal 2001 le teorie complottiste sono state smentite dagli esperti”. Se le asserzioni precedenti potevano essere accettate, perché non smentibili, quest’ultima è invece certamente falsa. Proprio dal 2001, infatti, la narrazione comunemente accettata si è confermata non veritiera. Il documentario si appresta a tirare in ballo “una delle più diffuse riviste di ingegneria degli Stati Uniti, Popular Mechanics”, difensora della versione fornita dal governo; ma nulla si dice dell’organizzazione Architects & Engineers for 9/11 Truth, formata da migliaia di persone del mestiere, che con metodo scientifico hanno dimostrato [vedi qui] l’impossibilità fisica del crollo delle Torri Gemelle a opera degli aerei di linea: la spiegazione tecnica più probabile è la demolizione controllata – identico discorso per il Wtc7 – . E piuttosto che esaminare i risultati degli studi portati avanti dal 9/11 Consensus Panel, la seconda metà del documentario si avventura nell’approfondimento degli errori commessi da chi doveva vigilare e dei tentativi di insabbiamento. In tal maniera, non viene spiegato [vedi qui] che i cosiddetti dirottatori non erano saliti su quegli aerei e non erano in grado di compiere le manovre impossibili registrate, o che le telefonate di chi era a bordo non potevano essere effettuate da quei velivoli in quel momento, o che il Pentagono non poteva essere colpito da un Boeing in quel modo, o che a Shanksville non cadde alcun aereo.

Invece di far parlare i fatti, mostrando rispetto per coloro che vissero la tragedia, la trasmissione ha preferito complottare con ipotesi su cosa si nascondesse dietro gli attentati avvenuti. La messa in luce delle semplici questioni tecniche, incompatibili con la storia solitamente raccontata, è però più rilevante delle possibili questioni geopolitiche, sulle quali certezza scientifica mai può esserci.

BUFALE & BUGIE, la rubrica di controinformazione di Ivan Fiorillo esce ogni mercoledì su Ferraraitalia. Per leggere le puntate precedenti clicca [Qui]

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Ivan Fiorillo

“Lo Scettico”: un divulgatore non convenzionale alla ricerca della verità.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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