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Bullismo omofobico, ideologia gender, ddl Cirinnà sulle unioni civili: sono tre temi trattati durante l’ultima edizione del Tag festival di Ferrara, conclusosi domenica 28 febbraio. Non è un caso che li abbia citati insieme, sono strettamente legati fra loro in un circolo vizioso che ha creato nel nostro paese un sostrato culturale tale da viziare il dibattito di queste settimane e impedire che la società italiana possa compiere passi in avanti in termini di diritti.

Cominciamo dall’inizio. Sabato mattina in Sala Estense sono stati presentati i dati di un’importante ricerca, svolta nell’ambito di un progetto regionale di prevenzione e contrasto al fenomeno del bullismo omofobico promosso in Friuli Venezia Giulia da Regione, Ufficio Scolastico Regionale, Università di Trieste e associazioni Lgbt. La ricerca – che ha coinvolto 2.138 studenti degli istituti di secondo grado ed enti professionali, con un’età media del campione di 16,5 anni – ha indagato con quale frequenza “emergono le possibili tipologie di comportamenti di bullismo omofobico nei confronti dei/delle ragazzi/e omosessuali o ritenuti/e tali”, cercando anche di capire quali sono le “variabili socio psicologiche che promuovono o prevengono tali comportamenti”. Il questionario ha sondato la frequenza con cui gli studenti hanno assistito, hanno messo in atto o sono stati vittima di episodi di bullismo, intendendo aggressioni sia verbali sia fisiche, la conoscenza diretta di persone omosessuali, come i ragazzi percepiscono l’omosessualità e gli stereotipi legati all’orientamento sessuale. Ketty Segatti – funzionario della Direzione centrale lavoro, formazione, istruzione, pari opportunità, politiche giovanili, ricerca e università della Regione Friuli – ha spiegato che il 43,4% dei ragazzi ha assistito a fenomeni di bullismo nei confronti di maschi omosessuali o ritenuti tali (la percentuale scende al 33,3% nei confronti di femmine); l’11,7% – quindi uno studente su 10 – ha messo in atto aggressioni verbali e/o fisiche nei confronti di maschi, il 4,7% nei confronti di femmine; infine, il 27,8% degli intervistati ha subito aggressioni a sfondo omofobico. Risultati interessanti sono poi quelli riguardanti l’indagine sulle parole: “c’è una stretta correlazione – ha affermato Segatti – fra il linguaggio e gli atti di bullismo”, inoltre “gli epiteti omofobici come ‘frocio’ o ‘finocchio’ sono ritenuti più offensivi di ‘scemo’ o ‘stupido’ e tanto denigratori quanto ‘stronzo’ o ‘coglione’.”
Ketty Segatti precisa però che questa pur importante ricerca – è il primo tentativo di fotografare il fenomeno in un campione così esteso di popolazione studentesca – è solo un pezzo di un percorso di formazione più ampio, che ha incluso incontri degli studenti con ragazzi e ragazze omosessuali “per ridurre le barriere” e anche un lavoro di formazione con gli insegnanti, perché la percezione del loro comportamento nei confronti del bullismo da parte dei ragazzi è risultata cruciale nella riduzione nel fenomeno. La soluzione per la prevenzione del bullismo omofobico, secondo Segatti, è infatti “lavorare a più livelli: informazione e formazione per ragazzi, docenti e famiglie”.
Ecco il punto: sull’opuscolo del progetto, messo a disposizione durante l’incontro, si legge che anche in Friuli l’attuazione del comma 16 della “Buona Scuola” sulla prevenzione della violenza di genere e dl le discriminazioni e persino lo svolgimento di questo percorso sul bullismo omofobico hanno dato origine a polemiche contro l’introduzione dell’ideologia del gender nelle scuole. Uno spauracchio agitato ogniqualvolta si tenti di introdurre nelle scuole percorsi di educazione al rispetto delle differenze e di contrasto alle discriminazioni. Chi si oppone all’introduzione di questi programmi formativi lo fa in nome di un presunto diritto dei genitori di provvedere all’educazione dei propri figli secondo le proprie convinzioni filosofiche e religiose. Fermo restando che i genitori possono informarsi in qualsiasi momento sui percorsi seguiti dai figli tramite il Pof (Piano dell’offerta formativa), la Corte Europea di Strasburgo ha stabilito che la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo non garantisce il diritto dei genitori affinchè i figli non vengano esposti nell’ambiente scolastico a opinioni non conformi alle proprie convinzioni; inoltre non bisogna dimenticare che compito primario della scuola è educare ai principi di cittadinanza e alla pari dignità sociale dei cittadini, senza discriminazioni fondate su origine etnica, fede religiosa o orientamento sessuale, e assicurare il benessere di ogni studente, creando un ambiente scolastico libero da ogni forma di discriminazione e violenza.

Ma non c’è nulla da fare, la cosiddetta ideologia gender è ormai entrata nella vita di ciascuno di noi; ma vi siete mai domandati che cosa sia, come sia entrata nell’immaginario comune e chi abbia formulato le teorie su cui si fonda? Questo è stato il tema del dibattito di sabato pomeriggio. Secondo la giornalista Caterina Coppola la ‘leggenda’ dell’ideologia gender si è propagata come la teoria per cui i vaccini causerebbero automaticamente l’autismo: “non ha fondamenti reali, ma i mass media hanno iniziato a mettere a confronto i suoi promotori con sociologi, psicologi, filosofi, accreditando così la percezione che avesse una dignità scientifica”. Per di più il dibattito riguarda la scuola e i bambini, cioè il futuro della nostra società, ecco così che si cavalcano le paure dei genitori e non solo.
La teologa Benedetta Selene Zorzi fa riflettere il pubblico sul fatto che nessuno sembra volersi attribuire la ‘paternità’ di questa teorizzazione dell’ideologia gender. E forse non è un caso: non è altro se non “un grossolano fraintendimento degli studi sul genere”; si accomunano il dato biologico e fisico del sesso e la costruzione sociale e culturale dei ruoli di genere e poi si sostiene che l’ideologia gender “vorrebbe cancellare la differenza fra i sessi”, ma “faccio appello all’intelligenza di ognuno di voi, è possibile che qualcuno possa mai sostenere che l’umanità non è divisa fra maschi e femmine?”
Secondo Michela Marzano – deputata Pd e autrice del volume “Papà, mamma e gender” – il problema è ancora più grave: “c’è anche un appiattimento dell’orientamento sessuale sulle pratiche sessuali, che a loro volta vengono spesso identificate con la perversione”. Dietro, secondo la filosofa, c’è “una confusione fra il piano valoriale del concetto di uguaglianza e quello descrittivo dell’identità”. Uguaglianza non significa cancellare le differenze, anzi, queste vengono valorizzate, si educa “al rispetto delle differenze per arrivare all’uguaglianza dei diritti”.
E proprio qui si rivela il disegno soggiacente al fantasma dell’ideologia gender, che ha contribuito ad affossare il ddl Cirinnà: si sono sancite differenze, che sono diventate “discriminazioni”, costruendo “un recinto dal quale sarà difficile uscire”. “Se si può dire che la Cirinnà è un’evoluzione giuridica, è però un’involuzione culturale”, “ha vinto chi pensa che esista un’ideologia gender” e che “ci sia un amore degno e un amore indegno”.
Ecco perché Marzano, che in nome del rifiuto dell’ideologia gender si è vista anche negare sale pubbliche per ospitare le presentazioni del suo libro, ha affermato di voler lasciare il Pd e ha ribadito più volte con forza che in Italia c’è bisogno di una vera e propria battaglia culturale per far sì che non ci siano più paure irrazionali da cavalcare e che nessuno, nel XXI secolo nel nostro paese, si possa permettere di dire nel silenzio generale che qualcun altro solo perché è diverso è “contro natura”.

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Federica Pezzoli


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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