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Oggi abbiamo deciso di raccontarvi la storia di una delle più grandi operazioni pubblicitarie di tutti i tempi: la trasformazione di san Nicola vescovo di Mira nel corpulento Santa Claus dalla candida barba e dall’espressione bonaria, vestito di rosso e bianco.
Partiamo dal principio. San Nicola, nato probabilmente nel 270 a Patara in Licia – l’attuale Turchia – ha vissuto fra il III e il IV secolo nell’Anatolia occidentale e come vescovo di Mira ha partecipato al Concilio di Nicea del 325. A partire dal IX secolo è diventato sempre più oggetto di devozione, in particolare delle fasce meno abbienti, e le sue gesta sono state tramandate arricchendole di nuovi particolari via via che la sua popolarità è cresciuta. Una delle vicende più diffuse è quella delle tre fanciulle, citata anche da Dante nel XX canto del Purgatorio e dalla quale deriva la sua raffigurazione tradizionale con i paramenti vescovili e tre sfere dorate. Sembra che ancora prima di diventare vescovo, sia venuto a conoscenza della triste sorte di un uomo di Patara che era caduto in disgrazia e non poteva procurare una dote alle sue tre figlie: non potendole sposare sarebbe stato costretto a farle prostituire. Nicola decise di intervenire e, riempito un sacchetto di monete d’oro, una notte si recò a casa dell’uomo e lo lanciò attraverso una finestra senza farsi vedere. E così fece per ognuna delle tre ragazze: la terza notte però la finestra era chiusa e non gli restò che arrampicarsi sui tetti e lasciar cadere l’ultimo sacco dal comignolo. Un altro episodio vuole che mentre Nicola si recava al concilio di Nicea, in un’osteria gli fu presentata una pietanza a base di pesce, ma Nicola si accorse che si trattava invece di carne umana: chiese perciò all’oste di vedere come era conservato quel pesce ed egli lo accompagnò presso due botticelle piene della carne salata di tre bambini da lui uccisi. Nicola si fermò in preghiera ed ecco che le carni si ricomposero e i bambini saltarono allegramente fuori dalle botti. Sono queste due leggende a far sì che la figura di Nicola venga associata ai bambini e all’elargizione di doni.
Nel nord e nell’est dell’Europa la figura del vescovo cristiano incontra personaggi derivanti da altre tradizioni popolari, come Nonno Gelo in Russia che indossa un cappotto azzurro e ogni 31 dicembre porta i regali ai bambini sulla slitta trainata da tre cavalli, accompagnato dalla sua nipotina Snegoručka. Oppure la divinità nordica Odino con una lunga barba bianca, che vagava come un viandante cavalcando un cavallo volante chiamato Sleipnir: una tradizione che ancora esiste in Belgio e nei Paesi Bassi vuole che i bambini la sera di Natale lascino le loro scarpe vicino al camino, piene di paglia per sfamare il cavallo e trovino la mattina doni e dolciumi. Proprio attraverso gli olandesi questo personaggio dai contorni indefiniti a metà fra San Nicola e Papà Natale sbarcò nel XVII secolo a Nuova Amsterdam, meglio nota come New York. Fu qui negli Stati Uniti che Babbo Natale divenne la star mondiale che è oggi, grazie a una vincente mossa pubblicitaria di una multinazionale dal marchio rosso e bianco che fabbrica la più famosa bibita gassata al mondo: la Coca-Cola.
Nel 1911 uno dei detrattori più accaniti della ditta di Atlanta, Harvey W. Wiley, organizzò una vera e propria campagna di boicottaggio e riuscì a trascinare la Coca-Cola in tribunale con l’accusa di essere dannosa per la salute, nonostante John S. Pemberton nel 1886 l’avesse concepita come un rimedio per la salute. La compagnia venne assolta, ma le fu proibito di utilizzare nelle pubblicità immagini di bambini sotto i 12 anni, a causa del contenuto di caffeina. Per aggirare questo ostacolo, che rischiava di farle perdere una fetta consistente di consumatori, la Coca-Cola iniziò a usare Babbo Natale come testimonial soprattutto per il suo rapporto privilegiato con il mondo dell’infanzia. Fu così il disegnatore Thomas Nast a creare per la prima volta l’immagine pubblicitaria paffuta e bonaria di Santa Claus, perfezionata nel 1931 da Haddon Sundblom che ha fissato l’immagine entrata ormai nell’immaginario collettivo, prendendo a modello il proprio vicino di casa che di professione faceva il commesso viaggiatore.

“Ritorna ogni anno, arriva puntuale
con il suo sacco Babbo Natale:
nel vecchio sacco ogni anno trovi
tesori vecchi e tesori nuovi.
C’è l’orsacchiotto giallo di stoffa,
che ballonzola con aria goffa;
c’è il cavalluccio di cartapesta
che galoppa e scrolla la testa;
e in fondo al sacco, tra noci e confetti,
la bambolina che strizza gli occhietti.
Ma Babbo Natale sa che adesso
anche ai giocattoli piace il progresso:
al giorno d’oggi le bambole han fretta,
vanno in auto o in bicicletta.
Nel vecchio sacco pieno di doni
ci sono ogni anno nuove invenzioni.
Io del progresso non mi lamento
anzi, vi dico, ne son contento.”
Gianni Rodari

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Federica Pezzoli


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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