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Capita spesso che l’ansia metta una persona nelle condizioni di ascoltare i segnali provenienti dal proprio corpo in modo eccessivo, così da interpretare ogni piccolo movimento, ogni minimo cambiamento fisico come una vera e propria malattia. Quando questa attenzione ai segnali provenienti dal corpo diventa esasperata e preoccupa a tal punto il soggetto da recarsi continuamente dal medico per ricevere rassicurazioni e fare continui esami clinici che possano escludere malattie di ogni genere, allora siamo di fronte a un soggetto ipocondriaco.
Alla base delle “malattie immaginarie” c’è una richiesta di attenzione. Gli ipocondriaci manifestano il bisogno di essere ascolti attraverso la reale convinzione di avere disturbi di ogni tipo. Tanti sintomi, ma nessuna patologia accertata. Può così accadere che il Pronto soccorso ospedaliero e gli studi dei medici di base siano ingorgati da pazienti preoccupati di essere malati in qualche parte del corpo: sono puntigliosi e, nei casi più severi, ossessionati di essere colpiti da malattie gravi. Gli ipocondriaci lamentano sintomi che richiedono esami clinici, medicazioni, accertamenti. Tuttavia, proprio grazie alle scrupolose indagini diagnostiche, i medici si accorgono che questi sintomi non conducono ad alcuna patologia organica che si potrebbe ipotizzare essere all’origine del sintomo stesso. Al limite scoprono solo qualche lieve disturbo funzionale, cioè non patologico. L’ipocondriaco, in fondo, reclama un riconoscimento che manifesta attraverso il corpo, quasi preferendo avere qualche malattia, pur di non essere invisibile. “Mi preoccupo, quindi esisto”, questa affermazione sottende inconsciamente qualsiasi comportamento del soggetto ipocondriaco. L’invisibilità, per chi lamenta sintomi immaginari, equivarrebbe a sentirsi come morto. È come se i malati immaginari si ripetessero questo pensiero: “se il mio corpo è a posto, io non esisto, se non è a posto, la preoccupazione mi fa vivere”. Così gli ipocondriaci si documentano su patologie mediche, e in qualche caso suggeriscono al medico ipotesi sulle loro condizioni di salute. Tali supposizioni nel medico con poca esperienza della dimensione psicologica legata al comportamento del paziente, possono far sorgere qualche dubbio sul fatto che questo possa avere buoni motivi per fondare le proprie paure.
Il bisogno intenso di essere ascoltati dal medico rimanda ad un bisogno primario del paziente che si riferisce ad una parte bambina mai presa in considerazione. Occorre non sottovalutare o svalutare il problema clinico che non è inesistente come si pensa, ma al contrario, seppur non organico in quel momento, può diventarlo. La sofferenza del paziente va distinta e differita dalla dimensione obiettivamente somatica e va accolta con empatia la dimensione psichica del paziente stesso. Dal momento che il soggetto è fermamente convinto di soffrire di una malattia grave non è sempre facile convincere la persona a rivolgersi a uno psicoterapeuta in modo da dare un nome alla sofferenza sotterranea che veicola quei sintomi. A nulla valgono per lo più le mille rassicurazioni che può fare un medico e, nei casi più gravi, nemmeno il riscontro negativo di esami clinici acquieta il senso di forte ansia che pervade questi pazienti. Può accadere allora che l’ansia forte si trasformi in angoscia dando origine a veri e propri attacchi di panico ed è solitamente in questo momento che la persona può eventualmente rivolgersi ad uno psicoterapeuta.

Chiara Baratelli, psicoanalista e psicoterapeuta, specializzata nella cura dei disturbi alimentari e in sessuologia clinica. Si occupa di problematiche legate all’adolescenza, dei disturbi dell’identità di genere, del rapporto genitori-figli e di difficoltà relazionali. baratellichiara@gmail.com

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Chiara Baratelli

È psicoanalista e psicoterapeuta, specializzata nella cura dei disturbi alimentari e in sessuologia clinica. Si occupa di problematiche legate all’adolescenza, dei disturbi dell’identità di genere, del rapporto genitori-figli e di difficoltà relazionali.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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