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da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

Carcere di Ferrara: il colloquio tra i detenuti e i loro bambini si trasforma in gioco. Terza tappa del viaggio nel welfare della vicepresidente Elisabetta Gualmini

Terza tappa, carcere di Ferrara, del “Il giro: storie, volti, immagini del welfare in Emilia-Romagna” della vicepresidente e assessore alle Politiche di welfare della Regione, Elisabetta Gualmini. Un percorso che si traduce in un diario pubblicato sul web, con una documentazione fatta di video, interviste, foto, materiali di lavoro e di studio.
L ‘obiettivo del “Giro” è raccontare le buone pratiche e le criticità esistenti sul territorio, incontrarne i protagonisti, scambiare impressioni e pareri e, infine, far conoscere quello che fa la Regione quando programma e pianifica interventi che incidono direttamente sulle routine quotidiane dei cittadini.

“Sono stata molto colpita dall’esperienza realizzata dal carcere di Ferrara. È certamente un passo in avanti per migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti con le loro famiglie – ha dichiarato Elisabetta Gualmini, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna e assessore al Welfare e alle Politiche abitative – i bambini non hanno colpe e non possono vivere doppiamente il dramma di quanto capitato nelle loro famiglie vedendosi anche negare il diritto all’affetto del proprio genitore, anche se ha sbagliato”.

La visita all’istituto penitenziario di Ferrara è servita per conoscere meglio l’iniziativa “I sabati delle famiglie”, partita da un paio di mesi con lo scopo di sollecitare una maggiore attenzione ai figli delle persone detenute e sostenere i più piccoli in un’esperienza traumatica come la carcerazione di un genitore, rendere più sopportabili le difficoltà dovute alla lontananza e superare il problema dei colloqui senza alcuna intimità.
Nel carcere di Ferrara sono state perciò allestite alcune sale arredate grazie alla donazione di mobili e giochi da parte di Ikea e di uno spazio all’esterno con gazebo, tappeto erboso, piante fiorite e tavolini per gli incontri durante la bella stagione.
“Questi spazi colorati, moderni, puliti, pur in un luogo difficile come un istituto penitenziario – prosegue Gualmini – potranno contribuire a rendere più piacevoli gli incontri e a eliminare precedenti situazioni traumatiche dovute a modalità, ambienti, atteggiamenti, tempi non adatti ad accogliere bambini”.

La particolarità che distingue questa iniziative da altre, come ad esempio “Lo spazio giallo” (progetto che dal 2007 pratica quotidianamente nelle tre carceri milanesi un modello di sistema di accoglienza dei bambini e che ha l’obiettivo di accogliere, accompagnare e affiancare il bambino che entra in carcere per incontrare uno dei genitori), è l’impegno diretto dei volontari e di un servizio comunale come il Centro per le famiglie, animatore del progetto e già impegnato sul tema della genitorialità in carcere con il ciclo di incontri “Comunque papà” ai quali partecipano alcuni detenuti con figli minorenni, volontari, pedagogisti e educatori.
Queste iniziative si ispirano alla “La Carta dei figli dei genitori detenuti“, Protocollo d’Intesa siglato il 21 marzo 2014, per la prima volta in Europa e in Italia, tra il Ministro della giustizia, il Garante per l’infanzia e l’adolescenza e la Presidente dell’Associazione Bambinisenzasbarre Onlus per tutelare i diritti dei 100.000 bambini e adolescenti che ogni giorno entrano nelle carceri italiane.
A fare gli onori di casa il direttore della casa circondariale Paolo Malato, che ha sottolineato come il recupero della genitorialità in carcere sia importante per la vita detentiva e quanto le persone che stanno espiando una pena in carcere vivano in funzione di questi colloqui.

(in foto: un momento della visita nel penitenziario di Ferrara)

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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