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Libero orientamento di pittura in apertura con tutti i liberi orientamenti dello spirito: cartello in entrata alla casa Museo Remo Brindisi del Lido di Spina, nel Comune di Comacchio. Non ci passavo da decenni e ne ho un vago e lontano ricordo.

Gino Marotta, Alberi, 1971, foto Tommaso Sandri

Si respira questo libero orientamento, il movimento che avvolge gli alberi, le spirali di alcune opere e delle scale dell’edificio è quasi vorticoso. Arte cinetica pura. Tra pineta e spiaggia.

Siamo entrati in un edificio bianco, caratterizzato da un grande cilindro centrale che collega e compenetra i piani e gli spazi di studio ed espositivi, da una preziosa scala elicoidale e da grandi pareti a specchio, realizzato su progetto della designer italiana Fernanda (Vanda) Vigo tra il 1971 e il 1973.

Gino Marotta, Alberi, 1971 focus, foto Tommaso Sandri

Nato come casa estiva e museo insieme del grande artista Remo Brindisi, l’intento era quello di farne un vero manifesto dell’integrazione delle arti (architettura, scultura, pittura, design), dell’integrazione tra arte e vita e di un approccio libero e democratico all’arte.

Casa Remo Brindisi studio, foto Tommaso Sandri

Qui sono raccolte opere dello stesso Brindisi ma anche circa duemila esemplari di altri importanti artisti documentando molte delle principali correnti artistiche del Novecento a livello internazionale, con un particolare accento sulla Milano degli anni ’50-’70.

Mario Ceroli, Duca di Mantova 1971, foto Tommaso Sandri

La collezione del museo accoglie opere di Carmelo Cappello, Arturo Martini, Alberto Savinio, Mario Sironi, Felice Carena, Tullio Crali, Giacomo Balla, Fausto Melotti, Filippo De Pisis. E ancora esponenti di importanti correnti quali lo Spazialismo e il Movimento Nucleare (Gino Marotta, Lucio Fontana, Roberto Crippa, Gianni Dova, Enrico Baj), del Movimento internazionale Zero e del Gruppo Azimuth, dell’arte cinetica e programmata (da Nanda Vigo a Piero Manzoni e Agostino Bonalumi), Nouveau Réalisme e Pop (tra cui Arman, Mario Schifano, Andy Warhol), e poi astrattisti, informali, esistenzialisti. Tra i maestri del design, oltre a Nanda Vigo, vi sono opere e arredi originali di Bruno Munari, Achille Castiglioni, Pio Manzù, Vico Magistretti, Giò Colombo.

Carmelo Cappello, Spirale, 1971-1973, foto Tommaso Sandri
Casa Remo Brindisi opere Mengozzi e Ceroli, foto Tommaso Sandri

Ma chi era Remo Brindisi? Devo documentarmi, ammetto, non lo conosco tanto.

Nato a Roma il 25 aprile 1918, l’artista, di origine abruzzesi, studia a Penne, in provincia di Pescara, prima alle scuole elementari e poi presso la Scuola d’arte Mario dei Fiori, in cui il padre Fedele insegna scultura in legno. Dopo una breve permanenza a L’Aquila, parte per Roma, per frequentare i corsi del Centro Sperimentale di Scenografia, per i quali aveva vinto una borsa di studio, e le lezioni alla Scuola Libera di nudo dell’Accademia di Belle Arti.

Remo Brindisi, foto dal web

Nello stesso anno, grazie ad un’altra borsa di studio, si stabilisce a Urbino ed entra nel corso quinquennale dell’Istituto Superiore d’Arte per l’illustrazione del Libro. Terminati gli studi, nel 1940, si trasferisce a Firenze dove allestisce la sua prima mostra personale presso la Galleria Santa Trinità, il cui catalogo viene presentato da Eugenio Montale.

Scoppia intanto la Seconda Guerra Mondiale e la chiamata alle armi non gli viene risparmiata. Fatto prigioniero dai tedeschi, riesce a fuggire e a rifugiarsi in clandestinità a Venezia fino al giorno della Liberazione. Qui entra in contatto con il celebre gallerista Carlo Caldazzo, che gli organizza un’intensa e importate attività espositiva. In questo periodo Brindisi vive insieme a Marcello Mastroianni e frequenta personaggi come il poeta Diego Valeri, lo scultore Marcello Mascherini, il pittore Filippo De Pisis e la scrittrice-poetessa Milena Milani. I rapporti con Caldazzo lo portano e trasferirsi stabilmente a Milano per esporre nella galleria “Il Naviglio”. La pittura di Brindisi evolve in questo periodo, orientandosi verso un’impronta cubista, si avvicina poi alla corrente del Realismo, che abbandonerà nel 1955. Tra il 1956 e il 1961 le opere di Brindisi affrontano importanti tematiche sociali attraverso nuove modalità espressive definite “Nuova Figurazione”, i cui temi principali sono quelli del Fascismo e della Resistenza, manifestando un orrore e un’angoscia ancora vivi e sempre indelebilmente presenti nella mente e nell’anima.

Agli inizi degli anni ’60 si avvicina all’espressionismo astratto americano e, per questo, parte per New York dove presenta una sua prima mostra nel 1961, alla quale ne seguono altre a Boston e Washington. Nel 1963, chiamato a Lido degli Estensi per presiedere una giuria, visita il vicino Lido di Spina, che si propone subito alla sua mente come ambiente ideale per la realizzazione dell’ambizioso progetto che vi (ri)presentiamo oggi e che 10 anni dopo vedrà la luce: la costruzione di una struttura che avrebbe ospitato la sua collezione artistica, rendendola accessibile a tutti, e costituito la residenza estiva della sua famiglia.

Remo Brindisi litografie a colori 1970-1980, foto Tommaso Sandri

Nel 1972, viene nominato Presidente della Triennale di Milano e Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Macerata; tra il 1973 e il 1983, realizza circa cento mostre personali; di questo periodo è anche il dipinto di 20 metri commissionatogli dalla RAI per la celebrazione del Giorno della pace. A ciò si aggiunge una produzione come scenografo e incisore, all’interno della quale si ricorda il lavoro realizzato nel 1974 all’Arena di Verona.

La varietà dei suoi interessi non lo distoglie dai temi sociali e politici, come l’assassinio dell’amico Aldo Moro, al quale dedica una serie di grandi opere.

Fervore, irrequietezza, discontinuità, dinamismo artistico e nomadismo caratterizzano la vita di Brindisi sino alla fine, all’approdo definitivo che trova a Lido di Spina dove rimarrà sino al 25 luglio del 1996, giorno della sua morte.

Giardino, foto Tommaso Sandri

Alla fine della mia visita chiacchiero con la studentessa alla cassa e il custode della casa museo, un entusiasta ragazzo brasiliano approdato in Italia per studiare all’Accademia di Belle Arti di Bologna e che qui a Spina vive quasi tutto l’anno. Sono necessarie molte opere di manutenzione e il giardino soffre. Un appello al Comune di Comacchio allora, perché qualche risorsa ed attenzione in più siano dedicate a questo spazio ricco ed entusiasmante. Programmazione cinematografica nel giardino inclusa (molto poco curata e attenzionata).

Giardino, foto Tommaso Sandri

Per un’intervista a Remo Brindisi 

Pagina Facebook della Casa Museo Remo Brindisi 

Oggi, per volontà testamentaria dello stesso Brindisi, l’intera raccolta e la Casa Museo sono di proprietà del Comune di Comacchio. L’allestimento, a cura dell’Assessorato alla Cultura, prevede che le opere siano esposte a rotazione.

Casa Museo Remo Brindisi – Via Nicolò Pisano n. 51, Lido di Spina

Casa Remo Brindisi entrata, foto Tommaso Sandri

Orari di Apertura: aprile e maggio, settembre e ottobre: venerdì, sabato e domenica dalle ore 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 17.30

Giugno, luglio e agosto: Da martedì a domenica apertura serale dalle ore 19 alle 23

Tutte le foto che illustrano l’articolo sono di Tommaso Sandri. In copertina: Interno della Casa museo Remo Brindisi.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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