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Le comiche

I

C’era un ignoto nella notte dal giardino il quale senza tregua mi rivolgeva verbigerazione molesta e irritante dice: – schioppate il professore. E: – schioppatelo Otero Otero Aloysio Aloysio. Come a colpire con voce da spavento e pretese strane mettermi in grave stato d’agitazione non si capisce il motivo. Intende si vede prima svegliare di soprassalto aggiungendo ansia alla sorpresa per il fracasso di certi bidoni da lui rovesciati nell’oscurità. E tornata la quiete mandava dopo a me un sogno pessimo dove apparentemente scendevo da una finestra come ladro. Al cornicione attaccato però molto anche temevo non cadere di sotto nel vuoto sul selciato dunque sfracellarmi. Poi affacciate sono apparse donne che volevano da me baci dicendo sembra: – ucci ucci Corindò. Per il che sono caduto sfracellandomi. In un altro momento udivo i tre maestri elementari bussare alla porta non volendo io dorma con la scusa: – è l’alba. Pur essendo notte fonda. Quindi si deve credere agiscano per gioco o demenza in quanto a digiuno su ordine della direttrice Lavinia Ricci che li vuole raddrizzare. Scongiuravano: – che ti caschi un dente. Cosí non possa mangiare neppure io. Oltre sfrenate accuse alla signorina Virginia e direttrice Lavinia Ricci che sarebbe: – la bestiona. E io dovrei sposarla nel loro programma di revisione come spiegano. Mattino. Sulla spiaggia.  

II

 Fantini di notte parla molto sempre per tenersi in esercizio. Si vantava custode della morale affermando: – io sono custode della morale. E: – difendo gli interessi dell’Italia. Giorno 23. Biagini. Con una candela in mano il professore villeggiante Biagini venuto assieme ad altri a mezzanotte. Lo sentivo bisbigliare prendendo la voce dell’ignoto: – ti ho detto che verso quest’ora non si dorme. Voleva ridurmi all’obbedienza perché dice essere diventato ministro. Poi invece è l’ignoto con voce del Biagini bisbigliava: – mi è arrivata la nomina. Intende la nomina del ministro. Giorno 23. In
camera. Descrizione della venuta notturna del Biagini. Quando erano venuti di notte con una candela in mano nella mia stanza in apparizione l’ignoto assieme agli altri ho udito la voce del Biagini dire: – mi è arrivata la nomina. Aggiunge una lunga risata isterica di quelle che l’hanno reso celebre da quando vuole essere ministro. Dopo non ho udito più nulla siccome qualcuno consigliava: – riprendiamo più tardi. Intende la mia persecuzione per sottomettermi all’alleanza di governo. Mi sono alzato nel buio guardavo nel corridoio. Si scorge una lucina come candela che brilli
nelle tenebre col suo alone intorno alla fiamma. Lontana però molto lontana sembrava essere in un bosco di querce come. Ivi a capo del corridoio stavano chinati il Biagini e i suoi aiutanti giardinieri. Guardando giù da una botola le teste penzoloni nel buco in ginocchio per terra. Il Cavazzuti bisbigliava: – guardala quella. Il Fioravanti anche: – questa sì che ha una bella pancia. Il Campagnoli invece diceva: – io non vedo niente. Poiché nel corridoio tra l’altro giungevano vari: – tling tling tling. In forma di campanelli che suonino piano mossi dal vento con leggerezza. Dico tra me: – ma chi c’è qui? Senza ottenere risposta alcuna. Tuttavia la lucina ondeggiava proprio come per colpi di vento che sbattessero su di lei facendo temere che non si spenga invece a momenti stava proprio per spegnersi e allora i tling tling acceleravano il battito e la candela così sentendo subito si riaccendeva. Tant’è il Biagini si infuriava verso gli aiutanti con queste parole: – badate alla candela sant’iddio. Siccome lui si ritiene ministro: – che io guardo. Intanto faceva col dito dritto innanzi al naso: ssst. Il Fioravanti ripeteva ai suoi colleghi: ssst. Poi tutti guardavano nel buco. 

Gianni Celati, Comiche, Einaudi, Torino 1971 [poi Quodlibet, Macerata 2012, p. 7]   

Cover: Gianni Celati negli anni bolognesi: foto Corriere Web (su licenza Creative Commons)

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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