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Da: Cgil di Ferrara.

Nel fine settimana sui giornali locali della nostra regione si è sviluppato un dibattito a senso unico teso a dimostrare che il lavoro c’è ma mancano le persone che lo accettano.
La colpa della disoccupazione sarebbe attribuibile pertanto al fatto che le persone in cerca di occupazione non si candidano per ottenerlo o al più vengono escluse perché prive delle competenze richieste.
Naturalmente non si dice cosa dovebbero essere disposte ad accettare, chi sono le imprese, di quali competenze hanno bisogno e quanto sono disposti a pagarle.
Si allude ad una frattura tra chi vende e chi compra lavoro ed una incapacità dei primi ad adattarsi alle condizioni del mercato.
La rappresentazone che si vuol fare è naturalmente capziosa e strumentale oltre che ingiusta ed irreale e per giunta insopportabile in quanto parziale. La mancata correlazione tra conoscenze possedute e lavoro è certo un problema esistente ma enfatizzarlo, contribuisce a far crescere lo scoraggiamento non certo a risolverlo.
Non si vuol ammettere ad esempio che il lavoro è complessivamente inferiore al numero delle persone che lo ricercano e che bisognerebbe crearne di nuovo e di qualità.
Eppure i dati ufficiali sanciscono la diminuzione del numero delle imprese attive e il contemporaneo aumento delle false imprese e del lavoro illegale.
Tuttavia gli operatori economici parlano d’altro. Omettono di dire che i giovani e le donne vivono condizioni di vera emarginazione occupazionale e di concorrenza al ribasso.
Non si intende poi considerare che la primissima forma di impiego è il lavoro non pagato, sempre più accettato nonostante sia peggiore del precariato.
Men che meno si discute delle cause che hanno determinato questa piaga sociale, che sappiamo sta nella volontà di produrre, attraverso lo sfruttamento sempre più intensivo della manodopera, una competizione individuale delle persone, per far costare sempre meno il lavoro.
La situazione è precipitata al punto che è persino dimostrabile che si fatica ad entrare nel mondo del lavoro anche svendendo le competenze acquisite.
Dal 2019 abbiamo istituito un servizio di orientamento al lavoro in seno al sindacato con il fine di assistere e rappresentare collettivasmente la condizione dei non occupati.
In un anno sono state intercettate alcune centinaia di persone che non conoscevamo, in difficoltà sul piano dell’inserimento lavorativo e da tempo attive nella ricerca di lavoro.
Il legame di fiducia ci ha consentito di approfondire la loro situazione.
L’80% della nostra nuova comunità è di nazionalità italiana, risiede nel comune di Ferrara, ha un’età compresa tra i 20 e i 58 anni.
Il 63% ha seguito un percorso regolare di studi ed ha conseguito una istruzione superiore e universitaria.
Coloro che vantano precedenti esperienze di lavoro, circa il 70%, abbinano all’istruzione medio alta carriere e qualifiche specializzate, maturate all’interno di contesti industriali che sembravano garantire loro prospettive, che si sono poi vanificate a seguito della crisi.
I settori di provenienza sono principlamente afferenti ai servizi, ristorazione, pulizie, lavoro di cura.
Gli stessi comparti che oggi dichiarano il fabbisogno di manodopera.
Per reinserirsi la maggio parte di loro ha affrontato numerosi corsi di formazione ed ha mostrato propensione al cambiamento sottoponendosi, su nostra indicazione, ad altra formazione anche in chiave di riconversione. Ciononostante né le aziende né le agenzie per il lavoro leggono i loro curriculum o li prendono in seria considerazione.
Nonostante le azioni poste in essere, dopo un anno, le persone che si sono ricollocate, per altro con contratti a termine, si contano purtroppo sulle dita di una mano.
Questa è la situazione reale altro che inerzia o impreparazione dei disoccupati. I canali di acesso all’occupazione sono sconosciuti e qualora definiti rimane misterioso come intraprenderli se non hai conoscenze familiari e amicali che ti raccomandano.
A nostro giudizio questo vuol significare che il sistema di selezione, formazione e di reclutamento non funziona perché eccessivamente privatizzato e incapace di adattare il lavoro ai lavoratori.
Occorre agire su diverse leve di intervento non essendo evidentemente sufficienti politiche di incentivazione e /o bonus alle imprese.
Servono investimenti e servizi. Come elemnto di novità segnaliamo la nascita nel 2019 nel nostro territorio delle Corporate Academy nel settore metalmeccanico. Tale esperienza va incoraggiata e diffusa. In cosa consiste? In una azione imprenditoriale concertata con le parti sociali e istituzionali in cui le aziende, dopo una analisi di quel che gli serve, chiedono agli enti di formazione e alla scuola di selezionare e mettere in apprendimento persone disoccupate, allo scopo di poterle assumere con contratto stabile e diretto. Ne vedremo a breve gli sviluppi. Per l’intanto lo portiamo ad esempio in quanto ci pare un modo intelligente e produttivo per rispondere con equità alla domanda di lavoro nel rispetto di chi ne ha bisogno.

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Riceviamo e pubblichiamo


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di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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