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Da Cgil ER

E’ di questi ultimi giorni la grossa notizia dell’ulteriore maxi operazione anticamorra, a cavallo fra Campania ed Emilia Romagna, con notevoli sequestri di beni – almeno un centinaio nella nostra regione – ed arresti di alti dirigenti di banche a Bologna e nel ravennate.
Un ultimo flash che mette in luce le modalità emiliane nelle attività mafiose, specie nell’ingente riciclaggio, col diretto coinvolgimento di “colletti bianchi” di casa nostra e in prima fila.
Una cronaca che conferma le pesanti specificità del fare economia malavitosa nei nostri territori e che si inquadra nello studio approfondito e recente dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università di Milano, che vede come direttore Nando dalla Chiesa.
Una ricerca molto documentata del 2017 dal titolo “Caratteristiche e modalità di gestione delle aziende criminali” nel Centro-Nord (Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata, vol.3, n.1, 2017), analizza – per la prima volta – i numerosi dati a disposizione, comparando Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Triveneto, Toscana e Lazio.
Lo studio si basa su 120 operazioni effettive di Polizia e Finanza al centro-nord, che hanno “consentito di individuare 643 aziende criminali ed accumulare 2.507 rilievi/contestazioni”.
In Emilia Romagna è ben evidente la concentrazione nelle aree di Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Rimini.
Una ricerca fondata sui fatti, che indica due possibili filoni: a) alcune “caratteristiche comuni” delle imprese connesse con la criminalità nelle regioni considerate; b) altre specificità che invece “distinguono” le diverse nostre regioni al nord.
Nel primo filone, si riassumono tendenze d’impresa già in evidenza e, tra l’altro, al centro della costante attenzione del sindacato: ditte sostanzialmente utilizzate per il riciclaggio, operanti in settori spesso ad “alta intensità di mano d’opera e con forte deregolamentazione” a danno dei tanti lavoratori, sfruttano il “vantaggio competitivo derivante dalla contrazione del costo del lavoro ed accentuata evasione”.
Nel secondo filone di ricerca, in merito alle possibili specificità regionali, i risultati invece evidenziano “come non esista un’unica tipologia di azienda criminale”, bensì una pluralità di forme, tali da consentire una più facile “mimetizzazione” nel territorio e nel sistema d’impresa.
Dati che confermano presenza e radicamento malavitoso che va oltre le ditte di costruzioni per coinvolgere, nell’ordine, immobiliare, commercio, attività professionali, trasporti, traffico dei rifiuti. Evidenziando il dato abbastanza sorprendente che vede le imprese colluse “in media più grandi di quelle non criminali”.
Così, in media, al centro-nord. Ma con specificità ed eccezioni evidenti per l’Emilia Romagna. Nella nostra regione, la rassegna delle aziende in affare con le mafie mostra almeno sei “variabili” molto significative.
Siamo la regione “meno pervasa”, con la più bassa distribuzione di aziende criminali: il 5%, rispetto al 35% di Lombardia e 19% nel Triveneto. Le aziende sono notevolmente più piccole nel giro d’affari e nella dimensione dei ricavi: 1,7 milioni rispetto alla media di 6 milioni nelle regioni confinanti. Per contro, portano i più elevati rapporti di indebitamento. Un risultato apparentemente inatteso,”evidenziando un ulteriore problema legato all’infiltrazione nel tessuto imprenditoriale, drenando risorse sottratte alle aziende sane”. Circa una su tre sono “aziende cartiere”, vocate al riciclaggio; record piemontese e poi emiliano romagnolo. Circa la metà, però, sono “imprese star”, ovvero di ottimi risultati e che perciò possono essere utilizzate per “avvicinare” le altre aziende del settore, per facilitare rapporti istituzionali e/o corruzione, oltre all’apprezzamento sociale perché “danno lavoro”!
Inoltre, siamo la regione in assoluto con la più alta quota (23%) delle aziende indagate, appartenenti al settore commercio e la seconda, dopo il Piemonte, nel settore costruzioni col 33% .
Dati e considerazioni non evangelici, ma utili per chiarire e specificare meglio i tanti possibili e non utili “luoghi comuni” sul merito della nostra locale economia illegale.
Utili non solo per le indagini, ma certamente per le attenzioni del sindacato, il lavoro delle istituzioni territoriali e, soprattutto, per le associazioni di imprese e professioni, perché più che il bla bla sull’aumento delle pene, è più utile lavorare sulla consapevolezza sociale e per convincere “chi sa” a segnalare, raccontare, confessare.

Franco Zavatti
Coordinatore Cgil Emilia Romagna sicurezze urbane e legalità nel territorio

Bologna, 17 luglio 2017

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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