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FERRARA – «L’inserimento dell’origine della materia prima sui derivati del pomodoro è un’ottima notizia per i consumatori, che potranno scegliere cosa acquistare con maggior trasparenza e consapevolezza. Ma si tratta di un provvedimento che deve valorizzare anche il lavoro dei produttori, che si impegnano a coltivare il pomodoro italiano di qualità». Questo il commento di Stefano Calderoni, presidente provinciale di Cia – Agricoltori Italiani Ferrara, al decreto interministeriale, firmato nei giorni scorsi dai ministri Maurizio Martina e Carlo Calenda, che introduce per i derivati del pomodoro che ne contengono almeno il 50% – come conserve, concentrato, sughi e salse – etichette più trasparenti e maggiore tracciabilità.
«Il distretto del pomodoro ferrarese – continua Calderoni – esce da una campagna di raccolta difficile. Il clima caldo e siccitoso ha portato a maturazione tutte le varietà contemporaneamente ed è stato complicato conferire alle aziende di trasformazione, che hanno faticato a lavorare grandi quantità concentrate in un periodo breve. In questa situazione logisticamente complessa, è pesata naturalmente l’assenza di Ferrara Food che trasformava da sola il 40% del pomodoro da industria del territorio. La produzione rimane eccellente, perché gli agricoltori si sono sempre impegnati a garantire la massima qualità, caratteristiche che vengono trasferite ai prodotti trasformati. Non dimentichiamo poi un fatto che ho già ribadito più volte ma che voglio ripetere: il pomodoro ferrarese non è solo buono, ma è anche “etico” perché viene coltivato nel rispetto dei diritti dei lavoratori. Da noi la parola caporalato non esiste e credo che un consumatore consapevole, anche dal punto di vista sociale ed economico, dovrebbe tenerne conto.»
«La nuova etichetta – conclude Calderoni – deve diventare un valore aggiunto per tutta la filiera, non solo per il consumo. La provenienza Made in Italy è una garanzia di qualità che, come per altri prodotti, dovrebbe premiare il produttore. Per questo dovrebbe essere uno dei fattori determinanti durante la prossima contrattazione per la definizione del prezzo del pomodoro. Se chi utilizza una conserva o un sugo pronto deve poter sapere esattamente cosa contiene, deve avere delle certezze su quello che mangia, allo stesso modo l’agricoltore che investe risorse e nella coltivazione del pomodoro deve avere la certezza di un reddito adeguato, che gli consenta di continuare sulla strada della produzione di qualità ed etica».

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CIA FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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