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Da: Ufficio stampa e comunicazione Cia – Agricoltori Italiani Ferrara

Quarant’anni di lavoro in campagna, settanta di età, contributi versati regolarmente all’INPS
e una pensione che si aggira mediamente intorno ai 507 euro mensili. Questa la carta identità del
pensionato agricolo italiano, che vive con una cifra inferiore di 143 euro rispetto ai 650 stabiliti come
“soglia minima” dalla Carta sociale europea. E che lo rende, appunto, uno dei più poveri d’Europa.
Anp – Cia Ferrara (Associazione Nazionale Pensionati) si unisce alla forte preoccupazione espressa
dall’associazione a livello nazionale per un trattamento pensionistico che continua a essere iniquo e, cosa
ancora più grave, sarà quasi certamente inferiore alla pensione di cittadinanza, concessa a chi non ha mai
versato contributi.
“La situazione pensionistica degli agricoltori – commenta Rolando Tuffanelli, presidente Anp-Cia Ferrara –
è di una gravità senza precedenti. I dati elaborati da Anp e patronato Inac, mostrano che, grazie al sistema
contributivo, sono diventati, negli anni, il fanalino di coda tra i lavoratori autonomi, molto indietro rispetto
a commercio (assegno medio 817 euro) e artigianato (882 euro). E non solo chi ha lavorato una vita intera
nei campi, facendo crescere il nostro agroalimentare d’eccellenza e preoccupandosi di tutelare l’ambiente,
riceve un assegno da fame. Con le nuove norme ci sarebbe una platea di “non-contribuenti”, che non
hanno mai lavorato o lo hanno fatto in nero, che riceverebbe una “pensione di cittadinanza” superiore a
quella del pensionato agricolo. Oggi le persone che vivono in povertà assoluta sono 5 milioni, mentre sono
9 milioni quelli in povertà relativa e nessuno della nostra associazione pensa che non sia giusto intervenire.
Ma non a discapito di una categoria che è penalizzata su tutti i fronti, anche a livello di Ape sociale. Sembra,
infatti, che gli agricoltori non possano accedervi – dunque andare in pensione a 63 anni di età con 36 di
contributi – perché il loro lavoro non è considerato gravoso e usurante. Un altro paradosso tutto italiano.”
Assegni pensionistici sotto la soglia di povertà, inoltre, costringono gli agricoltori over 65 che potrebbero
ritirarsi dal lavoro a continuare a condurre l’azienda, impedendo così il ricambio generazionale.
“Nel nostro settore le giovani generazioni stanno facendo molta fatica a trovare uno spazio, perché il
sistema previdenziale ci costringe a lavorare la terra oltre i settant’anni per arrivare a fine mese. Stiamo
condannando intere generazioni a non svolgere un lavoro meraviglioso, perché accedervi è a dir poco un
percorso a ostacoli. Noi confidiamo che si agisca – conclude il presidente Anp – a livello nazionale per
sollecitare il Governo a concedere almeno una pensione “di base” minima garantita di 650 euro, come
indicato a livello europeo. Parliamo comunque di un assegno di “sopravvivenza”, ma sarebbe almeno un
piccolo passo avanti verso una maggiore equità, dignità della persona e la possibilità che il vero ricambio
generazionale in agricoltura inizi.”

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CIA FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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