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Da: Ufficio Stampa
PROIEZIONE SPECIALE AL CINEMA BOLDINI
Lunedì 13 Maggio ore 21.00 – v.o. sott. ita
CHE FARE QUANDO IL MONDO È IN FIAMME?, regia di Roberto Minervini
(Italia, Francia, USA, 2018 – 109′)
Ingresso 5 euro

Lunedì 13 Maggio alle ore 21.00 al Cinema Boldini verrà proiettato in versione originale con sottotitoli in italiano “Che fare quando il mondo è in fiamme?” di Roberto Minervini, documentario presentato in concorso alla 75ª Mostra del cinema di Venezia, che segue alcune storie parallele che fanno da controcanto ai cruenti omicidi avvenuti nel Sud degli Stati Uniti durante l’estate del 2017: uccisioni di afroamericani compiute da bianchi ed ennesimo campanello d’allarme di un razzismo mai completamente sopito. Queste storie si svolgono a Baton Rouge, capitale della Louisiana.

I protagonisti sono donne, uomini e bambini, provvisti di un irriducibile desiderio di vivere malgrado le avversità, che procedono nella narrazione addolorata della loro ri-segregazione, confermando che essere bianchi o neri negli Stati Uniti non è proprio la stessa cosa. Lo sguardo dell’autore si infila nei quartieri degli esiliati, gira nelle periferie monocromatiche che non vediamo mai e che smentiscono l’immagine rosa di una nazione multicolore. Ai paesaggi umidi della Louisiana, dove gli afroamericani faticano a credere allo spettacolo di desolazione che è diventata la loro vita, dove la polizia spara in pieno petto a un venditore ambulante di CD (Alton Sterling), dove il crimine razzista permane e i discendenti del fante confederato risorgono, Roberto Minervini applica l’elegante rigore del bianco e nero, squadernando una storia di Bianchi e di Neri, di baleni e naufragi nell’ombra. What You Gonna Do When the World’s On Fire? è una ‘canzone’ di protesta, una maniera di porsi il problema dell’ingiustizia razziale e di riportarlo in primo piano nel discorso pubblico. È uno studio etnografico che converte cerebralmente i colori in scale di grigi insistendo sull’assolutezza dei contrasti e di un contrasto vecchio come il cuore degli uomini. Gli uragani passano, ma i conflitti interiori rimangono. Katrina, Nate, Harvey non sono serviti che a inasprirli, esacerbando i sentimenti e aggiungendo una variabile a un’equazione che una vita non basterebbe a risolvere.

Roberto Minervini ha messo a punto uno stile di regia che sfocia nel film etnografico: ha infatti la rara capacità di farsi accettare da comunità e persone ai margini, spesso diffidenti nei confronti di chi arriva da fuori, e di riprenderle con grande onestà e naturalezza. “Nei miei film precedenti – spiega il regista – ho raccontato storie del Sud americano che si sono svolte in forme inaspettate sotto i miei occhi. Ho documentato aree dell’America di oggi dove i semi della rabbia reazionaria e anti-istituzionale (cui il paese deve la presidenza di Donald Trump) erano già stati piantati, anche se in pochi si erano presi la briga di accorgersene. Questa volta ho voluto scavare ancora più a fondo, alle radici della disuguaglianza sociale nell’America di oggi, concentrandomi sulla condizione degli afroamericani.
Lavorando con diverse comunità africane americane della Louisiana meridionale, siamo riusciti ad avere accesso a quartieri e comunità di New Orleans off-limits per i più. Mi sono presto reso conto che la maggior parte delle persone era stata segnata da due pagine drammatiche della storia recente – le conseguenze dell’uragano Katrina del 2005 e l’uccisione di Alton Sterling per mano della polizia nel 2016 –, riconducibili entrambe alla negligenza istituzionale, alle disparità sociali ed economiche, al forte razzismo endemico. Mossa dalla collera e dalla paura, la gente cercava un’occasione per raccontare a voce alta le proprie storie.
La mia speranza è che il film susciti un dibattito necessario sulle attuali condizioni dei neri americani che, oggi più che mai, assistono all’intensificarsi di politiche discriminatorie e crimini motivati dall’odio”.

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Arci Ferrara


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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