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Da: Ufficio Stampa Arci Ferrara

Mercoledì 20 novembre alle ore 21 verrà proiettato al Cinema Boldini il documentario “Soyalism” di Stefano Liberti ed Enrico Parenti, in versione originale sottotitolata in italiano.

Seguendo la filiera di produzione industriale della carne di maiale, dalla Cina al Brasile passando per Stati Uniti e Mozambico, il documentario descrive l’enorme movimento di concentrazione di potere nelle mani di poche e gigantesche aziende, che sta mettendo fuori mercato centinaia di migliaia di piccoli produttori e trasformando in modo permanente paesaggi interi.

Attraverso interviste a ricercatori, attivisti, produttori il documentario analizza la filiera della carne di maiale e tutto ciò che ne fa parte: a partire dai mega-allevamenti intensivi in Cina fino alla foresta amazzonica minacciata dalle coltivazioni di soia sviluppate per nutrire animali confinati in capannoni dall’altra parte del mondo. Questo processo, che sta pregiudicando gli equilibri sociali e ambientali del pianeta, viene rappresentato anche grazie ad un sapiente uso dell’animazione grafica.

Il documentario è il frutto di un lavoro di inchiesta dal respiro globale e denuncia le conseguenze del sistema industrializzato e centralizzato. Stefano Liberti, regista e giornalista ne spiega così la nascita: “Siamo partiti dall’idea di indagare il funzionamento del sistema di produzione alimentare mondiale. Solo dopo, cercando di ridimensionare l’argomento, abbiamo scelto di concentrarci sulla carne di maiale che è un caso emblematico, utile a comprendere come funziona l’intero sistema.

Emerge come la filiera si alimenti di una serie di esternalità negative come l’inquinamento, il consumo di suolo e via dicendo, che vengono scaricate sulla comunità intera, ma non sul prezzo che paghiamo al supermercato. Anzi, il costo sostenuto dal consumatore singolo è molto basso, ma le conseguenze collettive restano sistematicamente fuori. Prima in Cina e poi negli Stati Uniti abbiamo visto come gli allevamenti intensivi di suini producano effetti negativi sia sull’ambiente che sui legami sociali in tutto il pianeta. Quello che si vede sullo schermo accade identico ovunque nel mondo, anche nella Pianura Padana.
Cosa succede quando un miliardo e mezzo di cinesi decide di emulare i modelli alimentari occidentali, con consumi di proteine animali molto elevati, replicando un modello che già di per sé è insostenibile? Questa è la domanda da cui parte l’osservazione di una filiera che, nelle varie tappe, si compone sì dell’allevamento intensivo dei maiali stipati nei capannoni, ma anche delle grandi monocolture, sviluppate principalmente in Sud America, per poterli nutrire.”

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Arci Ferrara


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di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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