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20 Novembre 2014

Cinquanta sfumature di freddo

Tempo di lettura: 4 minuti


Da MOSCA – Fa freddo, ma non per tutti allo stesso modo. Per me si gela, per qualcun altro fa fresco. Al punto da meritarsi un bel bagnetto (con)gelato. Strani questi russi. Si sa che sono forti e resistenti fisicamente (e non solo), ma la passeggiata a piedi nudi sul ghiaccio mi mancava e non smetterà mai di stupirmi. Come se non bastasse, meglio mettersi anche il costume, lasciando asciugamani e ciabatte a riposarsi sulla neve fresca calpestata. Non servono. La scaletta rossa fiammante attende.
Eccoci, allora, seduti a osservare, stupiti, caldamente fasciati e avvolti in sciarpe di delicata e morbida lana di mohair, in cappotti imbottiti e scarpe adatte ai meno trenta, un aitante e muscoloso ragazzo russo che, tranquillo e disinvolto si avvicina a una pozza d’acqua ghiacciata. Brrr… Tuffo invernale, per schiarirsi le idee e riposarsi dalla movimentata e indaffarata settimana del suo ufficio nel centro cittadino. Un momento di relax, una terapia d’urto per persone sane e allenate. Molto sane e molto allenate.
I colleghi russi mi raccontano che tuffarsi nell’acqua gelida non è nulla di così spaventoso. Quando la temperatura dell’aria si aggira sui -20 e quella dell’acqua è di +2, la sensazione è come se ci si stesse immergendo nel latte appena munto. L’importante, dicono, è avvolgersi subito in un asciugamano, appena usciti dall’acqua.
Questo, almeno, è quello che dicono anche le persone che, nella notte dell’Epifania ortodossa (in gennaio), accorrono numerose per tuffarsi in un buco scavato nel ghiaccio.

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Bagno nell’acqua ghiacciata

Scoprirò, infatti, che il tradizionale bagno nell’acqua gelida di una fonte battesimale, per ricordare il Battesimo (kreshenie) di Gesù Cristo nel fiume Giordano per mano di Giovanni Battista, si effettua ogni anno, nella notte tra il 18 e il 19 gennaio e che esso è accompagnato da bagni di massa nell’acqua ghiacciata: ci si cala in apposite aperture praticate nel ghiaccio e illuminate, chiamate ‘prorub’ o ‘iordani’. Non si tratta di un rito obbligatorio per la tradizione ecclesiastica russa, ma molti lo fanno.
Il presidente dell’associazione internazionale Marafonskoe Zimnee Plavanie (Nuoto invernale di fondo), Vladimir Grebenkin, ricorda che chi decide di calarsi nello ‘iordan’, in occasione del Battesimo di Gesù, deve indossare abiti caldi prima di arrivare all’acqua, bisogna essere ben coperti: scarpe comode, calze grosse di lana, guanti di lana, cappello, maglione, biancheria termica. Il costume da bagno va indossato a casa, prima di uscire. Occorre preparare anche un sacchetto con la biancheria di ricambio, un asciugamano e delle ciabatte. Inoltre, è bene portare con sé un tappetino o un asciugamano da stendere per terra sotto i piedi. Stando alle sue parole, prima del bagno bisogna spogliarsi dal basso verso l’alto: togliere prima le scarpe. Le calze, invece, si possono togliere solo dopo che si è rimasti in costume: si mettono le ciabatte e ci si avvicina all’apertura nel ghiaccio. Se si sentono le dita delle mani o dei piedi intirizzite, è necessario muoversi un po’, fare una corsetta o qualche esercizio per riscaldarsi. Solo dopo ci si può calare in acqua. Non c’è bisogno di nuotare: se si è scesi da una scaletta o entrati in acqua camminando, fino al petto, bisogna trattenere il respiro e immergersi tre volte, facendosi il segno della croce. Si deve uscire subito dall’acqua, asciugarsi con un telo di spugna e vestirsi dall’alto verso il basso, coprendo per primo il torace e infilandosi subito le ciabatte. Da non dimenticare guanti e cappello e, dopo il bagno, bisogna asciugarsi accuratamente il corpo intero. Il tutto in massimo sette minuti, senza restare in acqua più di trenta secondi. Un rito da seguire attentamente, se non ci si vuole ammalare o prendere qualche brutto e inutile acciacco. Mistico forse, ma duro.
In questo periodo dell’anno, per tale importante rito, le vasche sono allestite all’interno di chiese o cappelle, anche se la maggior parte delle volte si tratta di semplici buchi a forma di croce praticati nel ghiaccio di fiumi o di stagni. Le celebrazioni iniziano con una funzione serale in chiesa, dopo la quale il sacerdote benedice l’acqua delle vasche. I fedeli raccolgono l’acqua benedetta in recipienti e la portano a casa, dove la utilizzeranno per lavarsi, berla o semplicemente custodirla come una reliquia. Si ritiene che l’acqua santa abbia delle proprietà uniche. L’anno scorso, a Mosca, sono state preparate oltre 40 fonti battesimali, ognuna delle quali provvista di pronto soccorso, bagnini e illuminazione, oltre che di tende riscaldate in cui cambiarsi e riscaldarsi dopo il tuffo. A beneficio dei credenti ma anche di chi vuole solo “mettersi alla prova”.
Questo signore, allora, intravvisto al parco di Serebryaniy Bor (o “spiaggia d’argento”, a nord di Mosca, dove un severo pope barbuto, armato dei suoi “instrumenta regni”, redarguì alcuni passanti che passavano e scattavano fotografie), era un semplice bagnante o si preparava al famoso rito di gennaio?

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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