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E’ passata in cavalleria una notizia pubblicata, nei giorni scorsi, da La Nuova Ferrara: (leggi qui )

Gennaro Murolo, Direttore Generale di Carife nel periodo in cui vennero deliberate le operazioni all’origine del dissesto della banca (acuito da una scellerata gestione commissariale e sancito con la “risoluzione” del Governo del novembre 2015), ha concluso un accordo transattivo con Nuova Carife per liberare la propria posizione: Nuova Carife non lo perseguirà più in cambio del pagamento di 500.000 euro.

I soldi li incasserà Bper (che ha incorporato l’ente ponte), ma per girarli al Fondo Nazionale di Risoluzione, vero beneficiario dell’incasso. Infatti, la posta attiva è inserita nel bilancio del Fondo già dal 2019 (leggi qui), per cui la transazione non è recente, ma già abbastanza datata.
E’ diventata di attualità perché il 26 novembre prossimo si terrà una udienza dell’appello contro la sentenza di primo grado del Tribunale delle Imprese, che ha mandato assolto Murolo da responsabilità civili verso Nuova Carife. E’ del tutto evidente che i consiglieri di amministrazione (una trentina), chiamati in correità per danni, a questo punto utilizzeranno la transazione di Murolo per tarare al ribasso le loro responsabilità. Del resto, se il capo se l’è cavata con 500.000 euro, per quale ragione gli altri dovrebbero pagare di più?

La nota 17, che chiarisce la posta attiva di cui al conto economico nel bilancio del Fondo Nazionale di Risoluzione 2019, recita: ” Per effetto del contratto concluso tra l’FNR e le banche cessionarie per il trasferimento delle partecipazioni delle ex banche ponte, l’FNR ha un potere vincolante di indirizzo nei confronti delle cessionarie con riferimento alle azioni di responsabilità e risarcitorie pendenti che restano nella titolarità di UBI e BPER; ciò in quanto i relativi proventi e oneri sono contrattualmente attribuiti all’FNR” .

Questo significa che, da un punto di vista puramente formale, a stare in giudizio è la banca cessionaria (Bper, nel caso di Nuova Carife), ma dal punto di vista sostanziale è il Fondo Nazionale di Risoluzione (emanazione di Bankitalia) a decidere le azioni e le transazioni, essendo beneficiario degli incassi e dovendo sostenere le spese giudiziarie.

La domanda sorge spontanea: per quale ragione la Banca d’Italia, che attraverso i commissari chiese, con squilli di trombe e rulli di tamburo, 100 milioni di danni ai presunti responsabili del dissesto di Carife, si accontenta di 500.000 euro (cioè lo 0,5 per cento) da Murolo e lo libera da ogni responsabilità?

La risposta potrebbe essere la seguente: Murolo ha vinto in primo grado, quindi processualmente è in una posizione (almeno attuale) di vantaggio. Quindi Bankit potrebbe avere accettato la logica dei ‘pochi, maledetti e subito'” per evitare il rischio di perdere anche in appello, oppure di ottenere ragione ma nell’impossibilità reale di recuperare il denaro, se non a costo di lunghe e dispendiose procedure di rintraccio e pignoramento di beni che risultano in buona parte “schermati” o irrintracciabili. Visto da solo, il ragionamento potrebbe avere un senso.
Tuttavia, la Banca d’Italia si rende conto dell’effetto domino che questa scelta produrrà verso gli altri responsabili del dissesto? In cambio di un piatto di lenticchie che certamente non le cambia la vita, Bankit spiana la strada ad una serie di richieste di chiusura a ‘tarallucci e vino’ che saranno difficilmente contrastabili, visto il pesantissimo precedente. Il giudice dell’appello ha infatti richiesto l’esibizione, alla prossima udienza, del documento contenente l’accordo transattivo, per valutarne il rilievo giuridico nei confronti degli altri condebitori, che potrebbero essere solidali (cioè richiesti tutti per intero della prestazione, salvo il diritto di regresso sugli altri). Ma essere solidali rispetto a un debito così modestamente valutato ed eppure tale da ‘soddisfare’ Banca d’Italia, aldilà del fatto formale che l’accordo libera solamente Murolo, che effetto produrrà sulla misura dei risarcimenti eventualmente stabiliti a carico degli altri? Di sicuro, non la alzerà.

E’ indubbio, peraltro, che la prima mazzata alle speranze di ottenere un riconoscimento delle responsabilità della gestione Murolo e altri nel dissesto di Carife, l’hanno inferta la sentenza di primo grado del Tribunale delle Imprese, e la causa penale, dalla quale l’ex DG è uscito “pulito”, nel senso che è stata negata la truffa ai danni di Carife. La sentenza sul filone ‘aumento di capitale’ si è chiusa per adesso con condanne minori ad un limitato numero di responsabili. Rimane in piedi ormai, dei vari filoni processuali, “solo” la accusa di bancarotta per la gestione 2007/2013, la cosiddetta Carife-bis. Su essa incombe il tradizionale incubo italiano delle prescrizioni.

Nessuno era così ingenuo da pensare che i giudici potessero far tornare indietro le lancette della storia economica e sociale. Quel che è perso è perso, la distruzione del tessuto economico e sociale correlata alla fine della banca ferrarese richiederà generazioni per riparare il danno. Tuttavia, l’effetto che produce la dinamica giudiziaria complessiva induce a profondo sconforto. Una amara iniezione di sfiducia nei confronti delle capacità del nostro sistema di colpire le malefatte dei colletti bianchi. La sinistra saldatura tra il clima di Ferrara e il labirinto processuale delle vicende finanziarie che l’hanno messa al tappeto, evoca l’immagine letteraria del “porto delle nebbie”. 

In copertina: Ferrara, corso Ercole d’Este. Foto di Beniamino Marino

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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