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Forse ci è sfuggito qualcosa nel marasma del fenomeno di una pandemia che eravamo abituati a vedere solo nei film catastrofici, quelli del ‘the day after’ adrenalinico, che accompagnavamo con popcorn, patatine e arachidi, comodamente seduti sui nostri divani di casa.

Anche là arriva l’esercito a organizzare, rassicurare, curare, sostenere con le divise che rappresentano solidità, concretezza, organizzazione, efficienza, accogliendo coloro che ce la fanno a raggiungerli. Hanno anche l’antidoto, nelle scene dei film, un prezioso farmaco risolutivo, quello che dovrebbe salvare l’umanità intera.

C’è sempre anche l’eroe solitario, un civile che si immola per il bene comune, anche a costo della vita, mettendo al primo posto i compagni. E i sopravvissuti: un’accozzaglia di persone di ogni estrazione, razza, appartenenza religiosa, che dovranno organizzarsi per una nuova vita, un nuovo assetto sociale, nuove forme di sopravvivenza, attorniati dalle macerie di una guerra nucleare, piuttosto che un virus letale che ha raggiunto ogni angolo di mondo. Ma ci sono anche le gang allo sbando, quelli che speculano sul momento esercitando la violenza: i branchi dei disperati prepotenti decisi ad accaparrarsi ad ogni costo ciò che rimane.

Abbiamo guardato questi film col fiato sospeso identificandoci, stigmatizzando, assolvendo, accusando, odiando ed amando, sicuri che non sarebbe mai toccata a noi, nemmeno nella più pessimistica delle ipotesi. L’evento pandemia è diventata la nostra realtà quotidiana, anche ora che entriamo nell’estate con il caldo, la voglia di vivere in libertà, i lidi aperti, la montagna in attesa.

C’è un turismo da rilanciare, ci sono aziende da riaprire e riportare a pieno regime, un’agricoltura che rappresenta un comparto da valorizzare appieno, aspettative e proiezioni piene di buone intenzioni. Ma forse ci è sfuggito qualcosa: scuola e salute, i due temi imprescindibili, irrinunciabili, strategici per poter ricominciare davvero.

C’è necessità di cultura, una vera cultura proiettata verso un futuro, che formi le nuove generazioni e rafforzi quelle meno giovani, forgiando, formando, preparando agli scenari del domani sugli strumenti necessari per vivere e vivere qualitativamente meglio.

C’è bisogno di investire nella scuola, nella formazione, nel sapere e nel conoscere perché rinunciando a questo, privilegiando altre priorità o pseudo tali, si rinuncia al domani. Lo dobbiamo ai giovani, a tutti coloro che dovranno farsi carico di ciò che sarà.

Altro tema focale è la salute, dovremmo averlo appreso forzatamente. In realtà stiamo vivendo nelle contraddizioni, affermazioni e smentite che generano incertezza e sfiducia, assistendo a un dibattito senza fine, che tiene impegnati i media, ma genera caos. La salute è il punto di partenza che meriterebbe la più profonda considerazione, attenzione e investimento. Riferimenti chiari, disposizioni uniformi e univoche, assunzione di responsabilità decisionale ed equilibrio tra emotività di massa e razionalità politica dovrebbero guidare su questo tema.

Non basteranno più letti in terapia intensiva, più strumenti diagnostici e terapeutici, big data condivisi, telemedicina, più capitale umano e prevenzione più puntuale: occorre una cultura della salute più consapevole e diffusa, affinchè la responsabilità parta dal singolo individuo attraverso nuovi stili di vita, informazione, conoscenza e consapevolezza individuale, prima ancora di arrivare alla responsabilità collettiva. Scuola e salute saranno necessariamente le due grandi sfide che ci attendono e chiederanno di non lesinare sforzi, risorse finanziarie e grande attenzione.

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Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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