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Un itinerario attraverso la città per diffondere un’idea di turismo eco ed etico sostenibile: non turisti mordi e fuggi che galoppano dietro una guida e fagocitano tutto attraverso l’obiettivo di macchine fotografiche e smartphone, ma viaggiatori curiosi delle realtà e degli angoli meno conosciuti, consapevoli del proprio impatto sul territorio che visitano.
Un progetto per limitare lo spreco alimentare e la produzione di rifiuti, promuovendo la buona prassi di portare a casa senza imbarazzo eventuali avanzi dei pasti non consumati al ristorante.
Un laboratorio di pasta fresca con una sfoglina per studenti Erasmus.
Un’esposizione fotografica che racconta in bianco e nero il territorio del Delta, tra cielo, acqua e lembi di terra, uccelli in volo, reti e pali, barche e fari, onde e riflessi, mani come rami, conchiglie e meraviglie.
Cosa hanno in comune? Il Ristorante 381 Storie da gustare di piazzetta Corelli gestito dalla Cooperativa Il germoglio Onlus. Non solo un bar-ristorante dove gustare buon cibo, ma un luogo dove si incontrano e si incrociano diverse esperienze, tutte accomunate dalle parole d’ordine: territorio, inclusione sociale, sostenibilità, eticità.

Chiara Nardone e Gaia Aragrande sono due dottorande del Dit, il dipartimento di interpretazione e traduzione del campus di Forlì dell’Alma Mater Studiorum di Bologna: “Quello che ci è piaciuto di 381 Storie da gustare, il motivo per cui lo abbiamo scelto è la capacità di coniugare sostenibilità etica, ambientale e sociale”. Ecco perché il ristorante di piazzetta Corelli è stata la tappa conclusiva del tour eco ed etico-sostenibile che Chiara e Gaia hanno organizzato lo scorso lunedì sera nell’ambito di It.a.cà. migranti e viaggiatori – Festival del Turismo Responsabile. “It.a.cà. (sei a casa? In dialetto bolognese, ndr) è un festival itinerante, la cui tappa più importante è Bologna, dove è nato, ma che nel tempo ha allargato la propria rete a Ferrara, Padova, Trento e altre ancora”, mi spiega Chiara. It.a.cà. mira a far considerare il viaggio non più solo vacanza e svago, ma un’esperienza capace di esaudire il desiderio di conoscenza e scoperta del mondo. E allo stesso tempo, a sensibilizzare i viaggiatori sull’impatto dell’industria turistica all’interno degli ecosistemi, naturali e cittadini. Così è nato il tour sostenibile di Chiara e Gaia, che ha portato i partecipanti nella Ferrara ebraica e nel Castrum e che si è concluso al 381 Storie da gustare, “per far conoscere una realtà che ha un impatto a livello sociale nella città”. “Abbiamo trovato un terreno comune nella costruzione di una maggiore consapevolezza”, aggiunge Carla Berti de Il Germoglio: “far riflettere le persone su come le loro scelte come turisti, ma in fondo anche come cittadini, influiscano sulla realtà e sul territorio a breve e a lungo termine”.

Un momento dell’apericena

L’apericena di lunedì sera è stata anche un’occasione per Il Germoglio per far conoscere il valore aggiunto del cibo che si può gustare nel locale: il servizio di ristorazione viene gestito attraverso progetti di inserimento lavorativo di persone svantaggiate, nel senso più ampio del termine. Da qui il nome del ristorante, che fa sì che ormai a Ferrara in molti li chiamino “quelli dei numeri”. La 381 è la legge che nel 1991 ha creato, e da allora regolamenta, le cooperative sociali: lo scopo è “perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso la gestione dei servizi socio-sanitari ed educativi, lo svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi – finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
Al 381 Storie da gustare lavorano dieci persone, alle quali bisogna aggiungere le sei del 381 bar ristoro, in via Azzo Novello vicino alle mura cittadine e quelle dietro al bancone del bar dell’Ospedale del Delta a Lagosanto.
Cristina, che lavora come operatrice con Il Germoglio da dieci anni, mi spiega che a suo avviso “il ristorante è il luogo ideale per coniugare attività imprenditoriale e inserimento lavorativo, ma forse per quanto mi riguarda è anche una questione affettiva: è il primo luogo dove abbiamo fatto inserimento”. “Il mio compito – continua Cristina – è trasmettere a chi sta con noi abilità e competenze nell’ambito lavorativo, ma in realtà diventano compagni di viaggio perché cerco sempre di mantenere un rapporto paritario, non replicare i rapporti asimmetrici che possono vivere fuori: se in cucina o al bar c’è da fare qualcosa, va fatta e basta, io li accompagno in un percorso che li renda autonomi nel farla. È un po’ quella che Amartya Sen chiama ‘capacità di vita’. Non è facile, anzi è talmente difficile che per chi lavora qui come dipendente o fa tirocinio qui diventa particolarmente bello e stimolante.” Me lo conferma Susy, l’aiuto cuoca: “Mi trovo bene con Cristina e tutti gli altri, anche i ragazzi che partecipano ai laboratori e che hanno fatto le cose che vedi qui. Prima lavoravo in profumeria, ma qui mi è scattato qualcosa dentro e ora non tornerei in negozio”. “Quello che mi piace del lavorare in una cooperativa come questa – mi dice Cristina – è che tentiamo di ridurre le disuguaglianze, spesso nate dai casi della vita: poteva capitare a me di nascere non normodotata o di vivere esperienze che mi rendessero particolarmente fragile, invece è capitato a qualcun altro. La cooperativa è uno strumento per fare qualcosa in prima persona per cambiare almeno un po’ quello che non mi piace in questo mondo. Se lavorassi in un’azienda che dà in beneficenza parte dei profitti non sarebbe la stessa cosa, qui la sostenibilità etica e l’inclusione sociale sono l’obiettivo primario, non una componente accessoria”.

Carla aggiunge: “il servizio di ristorazione si integra con la filosofia in senso ampio della cooperativa”, non solo per l’inserimento lavorativo, ma anche per quanto riguarda la sostenibilità ambientale: molti degli arredi del 381 sono frutto del riuso oppure sono prodotti con materiali di scarto durante laboratori per persone svantaggiate. Da qui anche l’adesione a RistoriAmo dell’associazione Officina dinamica: l’iniziativa mira a ridurre lo spreco alimentare e la produzione di rifiuti grazie al coinvolgimento di una rete di ristoranti virtuosi che danno la possibilità di portarsi a casa in modo sicuro e igienico ciò che si è ordinato ma non consumato. Il Germoglio è fra i primi aderenti. “Abbiamo conosciuto la cooperativa in occasione di AvanziAmo”, spiega Roberta Lazzarini, vicepresidente di Officina dinamica, “perciò abbiamo voluto coinvolgerla anche in RistoriAmo, perché la sua filosofia riflette i valori della nostra associazione”. “A ogni ristorante aderente a RistoriAmo vengono consegnate un certo numero di vaschette anti spreco, riportanti le corrette modalità di utilizzo di quanto asportato, secondo indicazioni fornite dall’Ausl, che patrocina il progetto insieme al Comune, il materiale promozionale da esporre nel locale e ognuno viene coinvolto in una sorta di co-redazione diffusa che poi pubblica notizie ed eventi sulla pagina fb del progetto”.

A tavola si mangia, si dialoga, si raccontano e si mettono insieme esperienze e differenze. Ogni atto legato al cibo, anche il più semplice e quotidiano, esprime una cultura. Dentro al cibo passano gusti e sapori, ma anche storie, saperi e valori. Sulle tavole di 381 Storie da gustare alla convivialità si accompagnano il desiderio di giustizia e inclusione sociale e l’attenzione per l’ambiente, il territorio e soprattutto le persone. “Cerchiamo di adattarci alle esigenze di chi usufruisce del nostro servizio e quindi le nostre diverse proposte nascono spesso come risposta alle necessità di chi si accosta a noi”, sottolinea Carla.
I prossimi appuntamenti sono l’8 e il 9 giugno. Giovedì 8 dalle 17.30 con il pastaLab per studenti Erasmus che si vogliono mettere alla prova con la ‘sfoglia’ e l’aperitivo ‘Learn, socialize and drink! Impara, socializza e brinda!’, organizzati da Elena Colombo e Mirco Pagliarani, laureandi della facoltà di architettura di Unife che hanno collaborato con Il Germoglio per la propria tesi. Venerdì 9 dalle ore 19, invece, con una nuova mostra del Fotoclub di Ferrara, da sempre un prezioso partner per il 381: l’esposizione si intitola ‘Quasi Mare d’aMare. La Sacca di Goro vista dalle Socie del FotoClub Ferrara: trittici di fotografie in bianco e nero’ e sarà visibile fino al 2 luglio.
In più, per tutto il mese di giugno si susseguiranno le cene speciali di ‘Una cena per raccontare un’emozione’, per conoscere e far conoscere tutti quelli che hanno collaborato quest’anno con il ristorante 381 Storie da gustare, dove le ricette sono soprattutto incontri.

Per maggiori info sugli eventi
320 2512214
0532 1866272
381@ilgermoglio.fe.it

www.381storiedagustare.it
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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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