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da: ufficio stampa giunta regionale Emilia Romagna

Federico Buffa lunedì a Modena con la narrazione di un evento in cui si saldarono la politica e gli eventi sportivi del secolo scorso. Lo spettacolo è inserito nell’ambito delle Final Eight calcistiche del Campionato Primavera Tim, che partono oggi con Inter-Palermo
Bologna – Storie di sport e di uomini, di riscatti sociali e di momenti sportivi che si fondono per sempre con momenti storici. Sono “Le Olimpiadi del 1936”, testo narrativo che verrà portato in scena lunedì 30 maggio al Forum Monzani di Modena (via Aristotele 33, ore 20,45, ingresso libero fino a esaurimento posti) da Federico Buffa, giornalista e telecronista sportivo. Uno spettacolo rodato e proposto con grande riscontro in numerosi teatri della penisola e sugli schermi, una narrazione che porta un valore aggiunto alla fase finale del Campionato Primavera Tim 2015/16, trofeo intitolato alla memoria di Giacinto Facchetti organizzato dalla Lega Nazionale Professionisti Serie A per giovani tra i 15 e i 19 anni, che si sta svolgendo in Emilia con la partecipazione di otto società iscritte ai campionati di A e B.

L’intervista
Federico Buffa, racconti uno spettacolo sportivo o storico-sociale?
Racconto uno spettacolo teatrale in senso stretto. Si tratta della storia di un personaggio che fu il comandante del villaggio olimpico berlinese e che custodiva un tremendo segreto, cioè di non essere completamente ariano. Questo poi lo porterà al suicidio. È una drammaturgia della sconfitta. Al di dentro si inseriscono delle narrazioni che riguardano, con l’angolo visuale di un uomo di oggi, storie di personaggi che fecero quell’Olimpiade, a partire dalla documentarista Leni Riefenstahl.
Una celebratrice del nazismo…
Leni è una grandissima regista, se pensi che girava nel ’36… chiaramente ha in sé una componente di propaganda. Le narrazioni riguardano ancora i protagonisti Owens e il coerano che non può correre col proprio nome. Un dramma autentico.
Lo sport è utilizzato ancora oggi come megafono?
Sì, le nazioni hanno ancora molto spesso idea che lo sport possa essere veicolo di amplificazione politica.
E può essere strumento educativo?
Certo, le vicende sportive sono meravigliose da 1500 anni a questa parte. Questa poi è una vicenda particolare, nonostante siano passati 80 anni è sinistramente molto attuale nonostante non esista più alcun testimone, è morta recentemente l’ultima atleta sopravvissuta, una cinese.
Ma lo sport oggi è anche doping, competizione estrema, business: non è che noi lo raccontiamo ma quello sport non esiste più?
Non esiste minimamente e non può esserlo. Le Olimpiadi del ‘36 decretano la fine dell’innocenza e ci portano nello sport moderno.

“Le Olimpiadi del 1936”
Il testo, scritto da Emilio Russo e diretto da Caterina Spadaro, racconta come a Berlino nel ‘36 Hitler e Goebbels volessero trasformare quelli che credevano fossero i loro Giochi nell’apoteosi della razza ariana e del nuovo corso. E come invece quelle Olimpiadi costruirono i simboli più luminosi dell’uguaglianza. Il nero Jesse Owens di medaglie ne vinse addirittura 4, due record mondiali e un record olimpico e il tutto documentato e in diretta con le immagini di Leni Riefenstahl: la sua libertà creativa ha consentito di regalare all’umanità la straordinaria smorfia di disappunto di Hitler al terzo oro di Owens. Quindi un’altra storia, forse la più incredibile. Due atleti giapponesi arrivarono primo e terzo alla maratona di Berlino. Alla premiazione mentre ascoltavano l’inno la loro testa era china. Non erano giapponesi ma coreani. Il vincitore Sohn Kee Chung, 52 anni dopo portava dentro lo stadio di Seul la fiamma olimpica del 1988 indossando finalmente la maglia della sua nazione, la Corea.

Fase Finale Campionato Primavera: calendario e abbinamenti
Alla Fase Finale del torneo a otto squadre, formula a eliminazione diretta con la quale per la ventunesima volta consecutiva si assegna il titolo di Campione d’Italia Primavera, si sono qualificate Atalanta, Empoli, Juventus, Inter, Palermo, Roma, Torino e Virtus Entella.
Si parte con Inter-Palermo di oggi, venerdì 27 maggio a Modena (stadio Braglia, ore 20,30), qundi Entella e Roma si incontreranno domani 28 maggio allo stadio Ricci di Sassuolo (ore 17,30), poi Juventus-Empoli il 29 maggio alle 15,30 al Ricci di Sassuolo e l’ultimo quarto alle 18,15 dello stesso giorno al Braglia di Modena.
Le due semifinali si svolgeranno il 31 maggio e l’1 giugno alle 20,30 al Mapei Stadium di Reggio Emilia, dove nello stesso impianto il 4 giugno si giocherà la finale (ore,30) che assegnerà il titolo.
Tutti gli incontri saranno trasmessi in diretta televisiva su Sportitalia e Rai Sport.

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di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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