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Da: Ufficio Stampa Confagricoltura Ferrara

“Il nuovo PAN provocherà più danni di quanti non ne stia arrecando la cimice asiatica”. E’ quanto afferma provocatoriamente il Presidente di Confagricoltura Ferrara Gianluca Vertuani in merito alle modifiche proposte al Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, tenuto conto soprattutto delle forti pressioni che stanno esercitando le associazioni ambientaliste ed alcune del settore biologico, affinché vengano adottate soluzioni ancor più drastiche circa l’utilizzo dei presidi sanitari. “Sembra proprio che ci si sia dimenticati del vero significato di un Piano d’azione – riprende Vertuani – che dovrebbe essere finalizzato ad un uso sostenibile di strumenti tecnici, quali sono i fitofarmaci, senza perdere di vista la loro importanza e per il momento insostituibilità per l’agricoltura italiana, e non, come invece richiesto a viva voce dalle lobby ambientaliste e da alcuni rappresentanti del mondo del biologico, avere l’obiettivo di vietarne l’utilizzo, e questo perché la totale sostituzione dei fitofarmaci con altre tecniche di difesa non è al momento cosa possibile. Per fare un esempio, così come lo sviluppo della circolazione su strada ha obbligato a suo tempo alla individuazione di un corpo normativo che la regolasse e la rendesse sostenibile, riducendo (non potendoli azzerare) i rischi, così l’uso dei fitofarmaci richiede la definizione di norme che ne rendano sostenibile l’uso e che ne riducano i rischi. Attualmente il sistema europeo di autorizzazione e controllo degli agrofarmaci è il più stringente al mondo e l’Italia dimostra di essere ancora più virtuosa in questo senso: il Ministero della Salute attesta infatti che i residui non conformi ai limiti di legge sono inferiori all’1% rispetto a una media europea del 2,5%. Questi risultati – evidenzia il Presidente di Confagricoltura Ferrara – sono il frutto dell’impegno degli agricoltori, ma occorre anche ricordare che i fitofarmaci consentono un generale miglioramento della qualità e delle rese dei prodotti agricoli, in particolare di fronte alle nuove necessità causate dai cambiamenti climatici. Secondo la FAO, infatti, la produzione agricola mondiale calerebbe del 30% senza interventi di difesa, mentre stando ad un rapporto dell’Università Cattolica di Milano, la nostra agricoltura senza difese subirebbe una drastica riduzione della produzione, pari a -80% per il pomodoro da industria, – 84% per il riso e -87% per il mais, con conseguente crollo del valore della produzione agricola, del fatturato delle industrie alimentari, dell’export, ed un notevole incremento delle importazioni. Gli agrofarmaci sono indispensabili ad un’agricoltura moderna e produttiva, che sia rispondente alla crescente domanda mondiale di cibo e garanzia per la tutela della sicurezza alimentare. Il settore agricolo è da tempo impegnato a migliorare la qualità del lavoro e a garantire il rispetto della sostenibilità ambientale; una sostenibilità che però deve essere anche economica, se si vuole evitare che moltissime aziende chiudano o (per chi potrà permetterselo) delocalizzino all’estero, con gravissime ripercussioni anche di carattere sociale”.
“Il biologico e il convenzionale sono due sistemi che non devono essere in conflitto tra loro, perché sono semplicemente modi di fare agricoltura diversi per territorialità, tipologia di investimenti e consumatori finali”. Lo ha detto il componente della Giunta di Confagricoltura Giovanna Parmigiani che è intervenuta a Roma al Forum di confronto sul PAN. “In questo contesto – sostiene Giovanna Parmigiani – l’agricoltura biologica va sì incentivata, ma con particolare riguardo alla sostenibilità economica e non in modo generalizzato, deve cioè favorire un’alta imprenditorialità che permetta, anche in zone marginali e svantaggiate di collina e montagna, di avere buoni ricavi che non si potrebbero avere con l’agricoltura convenzionale. Pertanto il PAN deve adottare scelte consapevoli, altrimenti il rischio è che l’agricoltura si trovi sempre più in difficoltà a difendere le colture, ed in particolare dalle nuove emergenze, come ad esempio nel caso della cimice asiatica, potendo disporre di un numero sempre minore di principi attivi”.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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