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La letteratura è l’unica forma di assicurazione di cui una società può disporre. (…) Sono certo, certissimo, che un uomo che legge poesia si fa sconfiggere meno facilmente di uno che non la legge. (Iosif Brodskij)

Iosif Brodskij
Iosif Brodskij

Due discorsi, raccolti nel 1987, su “la condizione che chiamiamo esilio” e “un volto non comune” – scritto per il ritiro, quello stesso anno, del Premio Nobel per la Letteratura – quelli del grande poeta, drammaturgo e saggista russo Iosif Brodskij (1940-1996), in “Dall’esilio”. Poche pagine cariche di messaggi illuminanti, l’importanza dell’arte e della letteratura, che si prendono cura dei propri figli. Si parla anche di esilio, in queste righe (anche perché uno scrittore esiliato si ritira dentro la sua madrelingua e quindi l’esilio è prima di tutto un evento linguistico), ma quello che oggi ci colpisce, anche per la sua drammatica quotidianità, è quanto la scrittura e la lettura, spesso dimenticate o sottovalutate, in realtà contino in società ed esistenze confuse.
La letteratura, secondo Brodskij, è “l’unica forma di assicurazione di cui una società può disporre, l’antidoto alla legge della giungla, l’argomento migliore contro qualsiasi soluzione di massa che agisca sugli uomini con la delicatezza di una ruspa – se non altro perché la diversità umana è la materia prima della letteratura, oltre che costituirne la ragion d’essere”. La letteratura è maestra di finesse umana, migliore di qualsiasi dottrina, e, ostacolando la sua esistenza e l’attitudine della gente a imparare le lezioni che essa impartisce, una società riduce il suo potenziale e mette in pericolo il suo stesso tessuto. L’arte stimola, nell’essere umano il senso della sua unicità, della sua individualità, un’opera si rivolge a un individuo singolo e, in un autentico tête-à-tête, stabilisce con lui rapporti diretti, senza intermediari. La prima e vera funzione dell’arte è, infatti, proprio quella di insegnarci qualcosa sulla “dimensione privata della condizione umana”. Essa porta a dialogo, consapevolezza e riflessione, per questo non è sempre apprezzata “dai paladini del bene comune, dai padroni delle masse, dagli araldi della necessità storica”. E poi l’estetica è la madre dell’etica. Malsana è, dunque, la condizione in cui arte e letteratura sono monopolio o prerogativa di pochi. E poi “se scegliessimo i nostri governanti sulla base della loro esperienza di lettori, e non sulla base dei loro programmi politici, ci sarebbe assai meno sofferenza sulla terra. (…) A un potenziale padrone dei nostri destini si dovrebbe domandare, prima di ogni cosa, non già quali siano le sue idee in fatto di politica estera, bensì osa pensi di Stendhal, Dickens, Dostoevskij. (…) Come polizza d’assicurazione morale, quanto meno, la letteratura dà molto più affidamento che non un sistema religioso o una dottrina filosofica”. Domanda da lettori che si potrebbe fare ai nostri governanti, potrebbe essere un’idea… sorprese garantite.

coverIosif Brodskij, Dall’esilio, Adelphi, 1988, 68 p.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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