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Da: Cineclub Fedic Ferrara

Giovedì 29 novembre 2018 ore 17,00 presso Circolo Negozianti di Palazzo Roverella in Corso Giovecca 47 Ferrara sarà ospite, per una personale dal titolo PENSIERI & IMMAGINI, Giorgio Sabbatini presidente del Cineclub Fedic Piemonte.

Giorgio Sabbatini, nato a Roma nel 1942, si dedica al “cinema alternativo” da parecchi anni. Ha realizzato numerosi cortometraggi e lungometraggi in Super 8 e in 16mm.
Dal 1986, ha adottato il mezzo elettronico come strumento di ricerca espressiva dell’im­magine, nell’ambito della narrazione classica e della sperimentazione.
Da alcuni anni l’interesse per l’elaborazione elettronica dell’immagine e la sperimentazio­ne del racconto, attraverso l’utilizzo di filmati già esistenti, hanno reso possibile il tentativo di una ricerca più approfondita sul linguaggio filmico, con il preciso intento di sviluppare il senso comunicativo che l’immagine possiede, quando riesce a catturare l’attenzione dello spettatore, provocando il suo totale coinvolgimento emotivo.
La ricerca sperimentale può integrarsi con l’utilizzo della fotografia digitale, e della sua ela­borazione grafica, come strumento di narrazione che possa arricchire lo sviluppo della sceneggiatura, portando nuove dinamiche nel linguaggio filmico.

Durante il pomeriggio, a ingresso gratuito, saranno proiettate le opere:

LA SEDIA (1993) 10’

Nella confusione di una stanza, la presenza di un oggetto semplice e comodo ci trasporta, attraverso immagini oniriche, in una dimensione irreale. Lentamente, un elemento di disturbo si insinua nell’astrattezza del racconto, riportandoci ad una realtà drammatica nella quale l’oggetto, confortevole ed accogliente, diventa simbolo di tortura e violenza.
Non c’è speranza se, nel tempo, gli orrori umani continueranno ad essere affrontati con spietata determinazione. Un profondo odio incapace di accogliere una possibile forma di “perdono” è causa di altri “orrori”!
Talvolta, l’uomo si distingue dalla “bestia” unicamente per la sua ragionata malvagità.

LA FINESTRA (2001) 5’30”

Una finestra come pretesto per cercare di vedere oltre, per imparare a ”guardare” e capire. Una finestra attraverso la quale passano le immagini del mondo come il fluire dei propri pensieri, senza interruzione, senza una logica apparente.
Le immagini, tuttavia, sono frutto di un pensiero ed il loro alternarsi porta inevitabilmente a dare corpo ad un continuo confronto tra situazioni di ricco benessere e vita povera, fatta di duro lavoro e ai margini di un mondo civile.
La finestra si affaccia su realtà diverse e in contrasto tra loro, difficili da modificare senza la buona volontà di tutti. Occorre, però, cercare di vedere le cose non solo da una situazione di privilegio e sforzarsi di comprendere che tutte le finestre si possono aprire, basta un gesto.

LA BRIOCHE (2002) 11’

Il qualunquismo e lo scarso interesse per le tragiche vicissitudini sociali del nostro pianeta, sono gli elementi sui quali si costruisce il piano-sequenza, ambientato all’interno di un normale alloggio.
L’azione, dell’unico personaggio, si svolge attraverso un continuo confronto del piano reale con quello irreale, in un’atmosfera vagamente onirica.
Il vagare della “camera” all’interno degli spazi circoscritti mette in evidenza il continuo mutare del tempo, attraverso l’abbigliamento del personaggio che sempre si modifica, collegando idealmente l’inizio dell’azione con la parte conclusiva, nella quale vengono indossati abiti identici.
A nulla valgono gli “appelli”, di un ipotetico commentatore televisivo, per svegliare una coscienza assopita, adagiata su un benessere fragile e facilmente scalfibile da qualsiasi evento che possa infrangere la “normalità” della vita quotidiana, se non cresce in noi un senso di giustizia sociale legato alla ragione umana e non alla logica della violenza.

TRASPARENZE (2008) 10’21”

In un mondo nel quale violenza ed intolleranza trovano sempre ampio spazio per dimostrare quanto sia grande la crudeltà umana e inefficiente la giustizia, talvolta, è bene ritrovare il contatto con la natura, insieme ad amici, per ridimensionare l’affannosa corsa della vita e abbandonarsi ai tempi della “riflessione”, per non dimenticare le ingiustizie e le sofferenze inflitte a popoli oppressi da menti dissennate in cerca del potere assoluto.
Il pensiero vaga senza soste e le immagini riaffiorano nella memoria con il terrore che tutto possa, un giorno, ripetersi per una strana alchimia di menti rabbiose e animalesche, capaci solo di creare odio, lontane dalla possibilità di amare ed apprezzare il valore della vita.
La memoria ed il ricordo assumono un ruolo importante per rinnovare in ognuno la possibilità di comprendere quale sia la sponda giusta sulla quale erigere il proprio mondo, per continuare a lottare contro le ingiustizie e i soprusi che uomini e nazioni compiono giornalmente in nome d’ingannevoli parole come democrazia e libertà che molte volte celano i reali contenuti della dittatura e dell’oppressione.

TRE FOGLI (2011) 13’

Capita, nella vita, di cercare qualcosa che pare sia introvabile e che il tempo ne abbia fatto perdere le tracce. Capita anche di trascorrere alcuni decenni, restando tranquilli e sereni, dimenticando completamente l’esistenza di questo ”oggetto” che, improvvisamente, vogliamo trovare.
La ricerca affannosa di alcuni fogli relativi ad un vecchio manoscritto, provoca, nel “personaggio” che vive questa esperienza, un inevitabile aumento del desiderio di poter leggere nuovamente quelle parole che, un tempo, gli avevano suggerito immagini e situazioni. Il desiderio maggiore è quello di rivivere, per qualche istante, il “perché” erano state scritte e, soprattutto, sentire “… nuovamente il gusto dell’”attesa” di ciò che ancora non è avvenuto… e la “speranza” che avvenga…!”. Un manoscritto, con alcune riflessioni e desideri, destinato a tutti ma, quando venne scritto, rivolto, in particolare, ad una sola persona.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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