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da: ufficio stampa Provincia di Ferrara

L’assessore all’Agricoltura e pesca dell’Emilia-Romagna, Tiberio Rabboni, ha convocato in Castello Estense un tavolo regionale sul tema acquacoltura, al quale hanno preso parte la senatrice Maria Teresa Bertuzzi e, per la Provincia, la presidente Marcella Zappaterra e l’assessore Davide Nardini, oltre agli amministratori dei Comuni della costa e alle associazioni in rappresentanza del settore.
La ragione dell’incontro è stata la proroga delle concessioni per la produzione di cozze e vongole ottenuta fino al 2020 e inserita nella Legge di stabilità del governo.
“Il risultato positivo – ha detto Rabboni – è merito soprattutto delle pressioni esercitate da istituzioni e rappresentanze locali”.
Sul tappeto c’è il problema del sistema del rilascio e della gestione delle concessioni da qui al 2020, per evitare di incorrere nelle eventuali infrazioni comunitarie.
Due i temi al centro della riflessione, come rilevato dalla senatrice Bertuzzi: la gestione dei piani di utilizzo delle aree, secondo criteri di competitività e redditività, e i limiti strutturali delle imprese.
La situazione delle attuali 39 concessioni rilasciate in particolare per la Sacca di Goro, come è stato rilevato, non consentirebbe ulteriori sviluppi del quadro concessorio e la prospettiva indicata è quella di piani verso aggregazioni tra aziende, forme di consorzio e organizzazioni dei produttori, anche in prospettiva di una maggiore sostenibilità ambientale del comparto.
“Il gioco di squadra per la proroga delle concessioni – ha detto in chiusura l’assessore regionale – ha funzionato e ora si deve continuare per giungere all’approdo di una legge quadro per regolamentare il sistema per il dopo 2020”.
A questo proposito la Regione si impegna in una ricognizione sulle normative in materia vigenti nello spazio europeo.
Infine, lo stesso Rabboni si è speso per un utilizzo nel frattempo dei fondi comunitari della pesca prioritariamente alle realtà produttive più organizzate, in considerazione della dimensione europea dei mercati, e per la costituzione, a breve, di una Consulta regionale dell’economia ittica quale strumento di concertazione dei vari temi del settore.
“L’incontro di Ferrara – commenta la presidente della Provincia Marcella Zappaterra – è il riconoscimento dello sforzo compiuto innanzitutto dalle realtà di Goro e Comacchio nella partita del rinnovo delle concessioni. È positivo l’impegno della Regione – continua – nel mettere a punto gli strumenti più adeguati per una maggiore organizzazione del settore acquacoltura, affinché la politica del rilascio delle concessioni vada nella prospettiva della contingentazione e della salvaguardia dei prezzi dei prodotti sui mercati”.

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PROVINCIA DI FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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