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da: Coop Estense e Coop Reno

Coop Estense e Coop Reno esprimono amarezza per le dichiarazioni rilasciate agli organi di informazione di Ferrara da parte dei rappresentanti sindacali locali.

Il rinnovo del contratto nazionale sta attraversando un momento delicato. Si tratta di una trattativa complicata ma che la cooperazione di consumo vuole portare a compimento, senza perdere di vista alcuni obiettivi precisi: la difesa del potere di acquisto dei soci e consumatori, la salvaguardia dell’occupazione e la distintività cooperativa, il valore della legalità.
Non si comprendono le ragioni per cui i sindacati ferraresi abbiano deciso di alzare i toni su una vicenda il cui tavolo di confronto non è a Ferrara, ma a Roma.
Non si comprendono le ragioni per cui i sindacati ferraresi abbiano deciso di puntare il dito contro la distribuzione cooperativa, e di farlo in modo così offensivo, quando lo sciopero di sabato coinvolge i lavoratori di tutte le insegne della grande distribuzione e su tutto il territorio nazionale.
Per Coop Estense e Coop Reno è davvero sorprendente e inaccettabile che in un momento talmente delicato, a Ferrara i sindacati abbiano scelto di usare una strategia così svilente: cercare di screditare i loro migliori interlocutori attraverso accuse – quelle di comportamenti anti sindacali – prive di fondamento e che assumono i toni della diffamazione.
Accuse pesanti e offensive verso imprese che non solo garantiscono il corretto svolgimento delle attività sindacali, ma che si sono distinte storicamente, e che continueranno a distinguersi, sul rispetto dei diritti del lavoratori, della legalità e della difesa dell’occupazione. Lo dimostra l’impegno profuso dalla cooperazione di consumo per salvaguardare centinaia di posti di lavoro attraverso il rilancio di strutture di vendita in difficoltà al Nord e al Sud del Paese.
Coop Estense e Coop Reno non hanno ricevuto dalle organizzazioni sindacali l’indicazione dei fatti specifici che sarebbero stati posti in atto per limitare o impedire il diritto di sciopero.
Ci rammarichiamo quindi che in una fase di confronto anziché presentare ai lavoratori le proprie proposte in modo trasparente e veritiero, si utilizzi la diffamazione per cercare di incrementare l’adesione ad uno sciopero.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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