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Pubblichiamo un contributo illuminato, pur se lieve e gustosissimo: la breve lettera del professor Angelo Azzi, in risposta all’ultimo Diario in pubblico [Qui] del nostro collaboratore professor Gianni Venturi  Confesso di soffrire anche io della medesima malattia, anch’io incantato delle parole, passione, e tormento, che ho trasmesso a mia figlia Amelia. Fosse per me, fosse possibile, smetterei ogni altro negozio e starei beato, seduto su un seggiolone come l’Ariosto, immerso nel colorato mare delle parole. Ecco dunque la lettera.
Effe Emme

Ti ringrazio per lo scritto, sull’uso di certe parole, che Margherita mi ha inoltrato. Intrigante e dilettevole, ma con il risultato che scrivere questa nota mi fa tremar le vene e i polsi.

Dopo mezzo secolo di assenza dall’Italia (e gli ultimi 15 negli Stati Uniti) incontro una lingua italiana con echi del passato che contrastano con il suo uso contemporaneo. Parole che utilizzo in inglese quotidianamente hanno una risonanza differente quando le ascolto in italiano. Nuvola mi fa solo pensare al cielo, e piattaforma mi riconduce a quella superficie piana o quel tavolato su cui si ballava a Jesolo. E applicazione mi ricorda il maestro Manzini che scrisse, nel rapporto di fine anno 1946: “Angelo è molto dotato ma dovrebbe studiare con più applicazione”. E non parliamo di chiave, navigatore, binario, congelarsi, portale, postare, canale, banda e ne avrei ancora moltissime di parole, senza la necessità di dover mettere insieme il pranzo colla cena.

Se le parole sono divisive, le immagini uniscono: penso agli emoji, emoticons, faccine, smileysThe Unicode Consortium ne ha registrate a tutt’oggi 3.304; e queste sono quelle ufficiali. Ma poi c’è un mondo alternativo di incredibile vastità che è stato – e viene costantemente creato – per esprimere emozioni; quelle che molti non sanno più esprimere a parole. Si va da disegnini, a fotografie, a piccoli video (i GIF) che coprono universi di emozioni semplici e ben definite, comprensibili a prima vista. E di questo vive il mondo delle chats, dove tutti si capiscono e dove forse c’è poco da capire. Se non il fatto che quel mondo c’è ed è immenso.

Grazie ancora per il tuo scritto che ha stimolato le riflessioni qui sopra – e me ne scuso; e buona giornata

Angelo Azzi  MD, PhD

Adjunct Faculty Member
School of Graduate Biomedical Pharmacology
and Drug Development Program

Strategic Initiatives Advisor
Office of the Vice Provost for Research
Tufts University – Boston, USA

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Riceviamo e pubblichiamo


PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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